Le previsioni del meteo l’avevano annunciato da giorni, la giornata di ieri, 18 luglio, sarebbe stata una delle più calde in assoluto. E in effetti, lo è stata. La “colpa”, però, non è da attribuire unicamente all’emergenza climatica, bensì, anche al super concerto tenuto dai Muse presso lo Stadio Olimpico di Roma.
Caldo da record, ma a incendiare Roma ci pensano i Muse allo Stadio Olimpico
Roma si porta dietro una certa esperienza con l’ardere letteralmente, uno dei suoi incendi più famosi risale al 64 d.C. ma sicuramente, un altro incendio di cui si parlerà per i prossimi giorni è quello che ha avuto luogo ieri sera, presso lo Stadio Olimpico e no, stavolta Nerone non c’entra nulla. Gli artefici di ciò sono stati i Muse che hanno completamente infiammato la Capitale, entrando in scena sulle note di “Will Of The People“. Il fuoco c’era veramente, grazie alla scenografia curata nei minimi particolari, ma non aveva nulla a che vedere con quello scatenato dai fan, totalmente in visibilio. Entusiasmo che non ha mai accennato a spegnersi per ben due ore.
Ed è più che comprensibile se si pensa quanto tempo è passato dall’ultima volta che la band britannica ha calpestato il suolo romano. La causa di tutta quella carica non è rintracciabile unicamente nell’affetto del pubblico internazionale, ma anche e soprattutto dalla potenza con cui i Muse sono tornati. Nella scaletta della serata sono state presenti tutte le hit maggiori, quelle che tutti conosciamo e che portiamo nel cuore, da “Plug In Baby“, a “Hysteria“, passando per “Supermassive Black Hole” e concludendo con “Starlight”, però si è raggiunto veramente il culmine con l’esecuzione dei brani provenienti dall’ultimo album prodotto, “Will Of The People“, risalente al 2022.
Questo disco si caratterizza per toni arrabbiati, feroci e tipici del metal. Una verve, insomma, che si avverte poco affine all’aura del trio di Teignmouth, eppure, questo “uscire fuori dagli schemi”, questo “osare” ha fatto completamente esplodere l’intera atmosfera, riportandoli all’antico splendore fatto di istrionismo e psichedelia.
Toni cupi eppure i Muse splendono più che mai
Tra minotauri posseduti, apparizioni demoniache, fiamme e suoni sempre più dark, Matt Bellamy e i suoi splendono più che mai. Verrebbe quasi da dire che non abbiano mai spleso in egual maniera. Nonostante due giorni fa avessero annunciato la posticipazione dell’orario di inizio e nonostante il caldo torrido, lasciando nulla di buono da presagire, lo spettacolo di ieri è stato qualcosa di banalmente definibile come “pazzesco“, giustificando tale scelta lessicale con l’inesistenza di termini più consoni a descriverlo come meriterebbe.
I Muse possono piacere o meno, ma il loro live è un qualcosa di assolutamente imperdibile, di cui è impossibile negare la grandezza, sia nella tecnica, sia nella presenza scenica e sia, infine, nella cura dei temi visivi da trattare e sviluppare. Quando sono usciti alla ribalta, alla fine del 1998, i membri del gruppo avevano all’incirca vent’anni, mancava l’esperienza ma non l’energia: oggi sono cresciuti, anagraficamente, e soprattutto, nella “saggezza” che si conquista solamente con calcare assiduamente il palcoscenico e la sala prove, con il fine ultimo di migliorarsi. Questa maturazione, in quest’ultimo concerto, si avverte completamente. I genitori 1, 2 e 3 di “Time is Running Out” non si fermano, continuano a sorprendere e a evolvere con una grinta incredibile e con quella stessa energia di quando erano solo degli esordienti.
Nel caso in cui vi foste persi questa data capitolina e vorreste recuperare facendovi un immenso regalo, siete ancora in tempo: acquistate un biglietto per il 22 luglio a Milano, non ve ne pentirete!
Articolo di Valentina Galante
Le immagini sono a cura di Henry Ruggeri
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