Dopo l’ingresso di un secondo convoglio di camion nella Striscia di Gaza, la Casa Bianca ha promesso un “flusso continuo” di aiuti umanitari. Ma intanto Israele, che continua a preparare l’operazione di terra, ha continuato a bombardare l’enclave assediata fino alle prime ore del’alba.

L’esercito israeliano, che si prepara dall’inizio del conflitto a lanciare un’offensiva per “annientare” Hamas, domenica ha intensificato i suoi attacchi contro la Striscia e le postazioni di Hezbollah in Libano. Secondo un portavoce sono stati uccisi “decine” di miliziani e colpite 320 postazioni di Hamas e Jihad Islamica.

Il ministero della Sanità di Hamas sostiene che ci sono state vittime civili a Deir Al-Balah, Khan Younis e Rafah. Secondo al-Jazira, è stata “la più sanguinosa” notte di bombardamenti dal sanguinoso attacco di Hamas il 7 ottobre: i caccia israeliani hanno intensificato il livello e la portata dei raid, prendendo di mira diverse. 

Uno degli attacchi è avvenuto nel campo profughi di Jabalia, un’area densamente popolata dove vivono piu’ di 120 mila palestinesi. Bombardate anche le vicinanze degli ospedali di Al Shifa e Al Quds. Un bagno di sangue: secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, sono stati almeno 400 i morti nelle ultime 24 ore, con attacchi alle case dei civili senza alcun preavviso.

Israele ne è certo, il piano per sconfiggere Hamas deve svilupparsi in tre fasi: operazione militare, anche di terra, prolungata su Gaza, eliminazione dei “nidi di resistenza” e, infine, la “creazione nella Striscia di una nuova realtà di sicurezza sia per i cittadini di Israele sia per gli stessi abitanti di Gaza”. La road map tracciata dal ministro della Difesa, Yoav Gallant, sembra così andare nella direzione opposta rispetto alle decennali richieste palestinesi di disimpegno e ritiro di Tel Aviv dai Territori Occupati. 

Gli Stati Uniti hanno aumentato la loro presenza militare in Medio Oriente (ora è la più consistente da quando formo’ la coalizione per combattere l’Isis nel 2014).

Anche l’Iran sta attivando le sue milizie mentre Hezbollah continua a infastidire Israele al confine libanese. E cresce dunque il timore di un conflitto regionale. Il regime a Teheran, alleato di Hamas e Hezbollah, ha avvertito Washington e Israele che la situazione potrebbe andare fuori controllo se non “metteranno immediatamente fine ai crimini contro l’umanita’ e al genocidio a Gaza”.

Il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, ha reagito avvertendo qualsiasi “organizzazione” o “Paese” che potrebbe essere tentato di “espandere” il conflitto in Medio Oriente, sostenendo che gli Stati Uniti non esiterebbero ad “agire” se i loro interessi fossero presi di mira.

La Cina si dice molto preoccupata dal rischio di un allargamento del conflitto e aggiunge che è pronta a fare “tutto il necessario” per promuovere il dialogo. Quanto all’operazione di terra, i tempi rimangono incerti; ma secondo il New York Times, la Casa Bianca ha consigliato a Israele di ritardarla in modo da guadagnare piu’ tempo per i negoziati sul rilascio dei 212 ostaggi.