Il quadro geopolitico del conflitto in Palestina si allarga: Netanyahu vuole tenere aperto il canale con Putin, ma quel «non ora» alla visita di Zelensky…
Il presidente Russo Putin è responsabile degli attacchi che da venti mesi cadono con i loro missili in Ucraina. Sarà per questo che ha lasciato passare nove giorni dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, prima di chiamare Netanyahu e per le condoglianze?
Ora che la guerra in Medio Oriente può “distrarre” gli occidentali da quella tra il suo paese e l’Ucraina, Putin ha espresso, furbamente, al premier israeliano il suo
«rifiuto di qualunque azione che trasformi la popolazione civile in vittime»
Intanto, Netanyahu fredda Zelensky: “non ora”
Il leader ucraino ha chiamato subito Netanyahu subito. Zelensky è ebreo, si muove con cautela, ma comunque ha proposto di rendere una visita a Israele, per portare la propria solidarietà. La risposta, secondo vari media israeliani, è stata breve: «Non ora». I leader di Stati Uniti, Italia, Francia o Gran Bretagna sono stati accolti immediatamente; ma per l’uomo di Kiev, Netanyahu non ha trovato il tempo. Che riguardi i rapporti che potrebbe intessere con la Russia?
I due conflitti ai confini nord-orientali e sud-orientali dell’Unione europea sono quasi paralleli in un certo senso, ma non sono facilmente sovrapponibili.Possiamo dire che riflettono fratture lungo le stesse linee di faglia del sistema internazionale. Hamas ha detto che potrebbe liberare gli ostaggi israeliani di passaporto russo, ma comunque anche qui Putin è molto prudente con dichiarazioni e misure politiche.
Ci sono 900 mila israeliani di origine russa, ovvero circa un decimo della popolazione israeliana. Poi è sotto il controllo di Mosca una buona fetta del territorio. Parliamo di zone come quelle della Siria. Diventa cruciale adesso riuscire a prevenire attacchi da lì. Perché c’è il rischio che ci siano misure belliche contro Israele da parte di fazioni legate a Teheran. Si parla anche di un possibile intervento da parte di un contingente internazionale. Questo perché chiaramente si intenderebbe produrre un mandato delle Nazioni Unite e di militari di Paesi islamici. A quel punto, visto che la Russia è nel Consiglio di Sicurezza ONU, servirebbe il consenso o almeno l’astensione di Mosca. Sarebbe un’occasione per il Cremlino per provare a ristabilire un ruolo di diplomazia internazionale.
Il rapporto fra il Cremlino e Israele presenta più sfumature di quanto non appaia da una prospettiva europea. L’indizio che precede di molto il 7 ottobre è nel fatto che Netanyahu guida la sola democrazia avanzata al mondo a non aver varato sanzioni contro la Russia, dopo l’aggressione all’Ucraina. Israele non ha mai fornito armi a Kiev. Vari fattori continuano a spingere lo Stato ebraico a mantenere un canale aperto con Putin, malgrado i suoi scambi di armi con l’Iran e la sua raggelante ambiguità nei confronti di Hamas.
Netanyahu, Putin e Hamas
Sembrerebbe che al momento Putin abbia interesse a mantenere rapporti anche con Hamas e l’estremismo islamico. Sia perché l’Islam è la seconda religione in Russia, sia perché la sua ambivalenza su Gaza lo rafforza in tutto l’arco dei Paesi musulmani: dall’Iran, all’Arabia Saudita, alla Tunisia e all’Algeria.
Resta molto difficile far previsione rispetto a chi perderà davvero nella guerra scatenata da Hamas. Tuttavia, se dovessimo immaginare un vincitore questi non sarebbe altri che Vladimir Putin. Perché, anzitutto, il conflitto sposta l’attenzione dei governi occidentali sulle sue azioni belliche in Ucraina (e viceversa). Ma oltretutto il conflitto in Medio Oriente toglie all’Ucraina decine, forse centinaia di migliaia di munizioni americane. Questo perché Kiev ha bisogno di 350 mila pezzi da 155 millimetri al mese, l’Europa riesce a produrne per 650 mila all’anno.
E ora molti di quelli statunitensi si trovano bloccati sulle portaerei del Mediterraneo e nelle basi mediorientali. Le parole di :
Alexander Gabuev, dissidente russo in esilio e direttore del Carnegie Russia Eurasia Center
L’Occidente sanziona il Cremlino perché bombarda i civili, mentre Israele fa lo stesso pochi protestano. Quanto è ipocrita tutto questo?.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine