Thomas Sankara, il cui anniversario della morte cade oggi, è una controversa ma necessaria icona della resistenza in Africa. Ripercorriamo le tappe salienti della sua vita.
Thomas Sankara è un’icona della resistenza africana contro il colonialismo e il neocolonialismo. Nato il 21 dicembre 1949 a Yako, nell’ex Alto Volta (oggi Burkina Faso), Sankara è ricordato come un leader che ha abbracciato la lotta per la giustizia sociale, l’uguaglianza e la libertà. Dalla sua ascesa alla presidenza nel 1983 fino alla sua tragica morte nel 1987, Sankara ha guidato il Burkina Faso in un periodo di intense riforme che hanno radicalmente trasformato il paese e la sua società. Con la sua politica di autosufficienza e la lotta contro l’imperialismo, Sankara ha incarnato il sogno di un’Africa libera e indipendente, sfidando apertamente le potenze coloniali e i paradigmi capitalistici dominanti.
Infanzia e contesto: da dove nascono le sue idee anticolonialiste
Figlio di un gendarme, Sankara ha mostrato fin da giovane uno spirito ribelle e indipendente. Formatosi in Madagascar, ha assistito alle rivolte popolari contro il regime di Philibert Tsiranana, che hanno acceso in lui una profonda consapevolezza politica. Tsiranana, primo presidente del Madagascar indipendente, era noto per il suo approccio filo-coloniale, sostenendo una stretta collaborazione con la Francia e promuovendo politiche conservatrici che preservavano i privilegi delle élite locali e degli ex coloni. La sua visione politica, distante dai bisogni del popolo, portò a una crescente frustrazione tra contadini, studenti e lavoratori, che si sollevarono in massa tra il 1971 e il 1972. Sankara, che allora studiava in Madagascar, fu testimone di queste rivolte, sviluppando una coscienza anticoloniale e marxista che avrebbe segnato la sua futura lotta contro l’imperialismo.
Infatti, in questo periodo Sankara si avvicinò alle teorie marxiste-leniniste, che ispirarono il resto della sua vita. Al ritorno in Burkina Faso, dopo la formazione militare in Madagascar, Thomas Sankara intraprese la carriera nell’esercito, distinguendosi per la sua dedizione e disciplina. Fin dall’inizio, si fece notare per la sua empatia verso le classi più povere, manifestando un’aperta opposizione alla corruzione e ai privilegi delle élite militari. Adottando uno stile di vita semplice, in netto contrasto con il lusso ostentato dagli altri ufficiali, Sankara si guadagnò popolarità per la sua vicinanza al popolo. In questo contesto, fondò il Regroupement des Officiers Communistes (ROC), con l’obiettivo di sensibilizzare i militari alle ingiustizie sociali e di promuovere una coscienza politica e rivoluzionaria. Questa esperienza rafforzò in lui la convinzione che l’esercito dovesse essere uno strumento al servizio del popolo e della liberazione dal dominio coloniale, e non una forza al servizio dei potenti.
Il ROC e il panafricanismo
Il “Regroupement des Officiers Communistes” (ROC), fondato da Thomas Sankara e altri giovani ufficiali negli anni ’70, rappresentava un’organizzazione segreta all’interno dell’esercito burkinabé, con l’obiettivo di diffondere una coscienza politica radicale tra i militari e combattere le ingiustizie sociali. Il ROC era formato principalmente da giovani ufficiali con idee rivoluzionarie e marxiste-leniniste, ispirati dalle lotte anti-coloniali e dalle rivoluzioni internazionali. Al centro della loro visione vi era l’idea di un esercito che servisse il popolo anziché le élite, capace di agire come una forza di liberazione e di costruzione sociale.
Tra i membri più importanti del ROC c’erano Blaise Compaoré, Henri Zongo e Jean-Baptiste Boukary Lingani, che divennero poi stretti alleati di Sankara. Questa organizzazione promuoveva un programma che includeva l’abolizione della corruzione, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e l’indipendenza dal dominio economico delle potenze occidentali. Il ROC si opponeva fermamente al governo filo-occidentale del tempo, giudicandolo corrotto e troppo dipendente dagli aiuti internazionali, percepiti come mezzi di controllo neo-coloniale.
Una caratteristica distintiva del ROC era l’approccio rivoluzionario all’educazione politica dei soldati. Sankara credeva che l’educazione militare dovesse includere la formazione politica e ideologica, per dare ai soldati una comprensione profonda delle cause sociali per cui combattevano. I membri del ROC vedevano se stessi non solo come soldati, ma anche come futuri costruttori di una società equa e giusta, e spesso si confrontavano su temi legati al marxismo e al panafricanismo, ispirandosi a figure come Che Guevara e Amílcar Cabral. Questa organizzazione fu fondamentale per il colpo di stato del 1983, che portò Sankara al potere, con una prospettiva marxista che vedeva la lotta di classe come essenziale per la liberazione dal dominio coloniale e dal sistema capitalistico.
L’ascesa al potere di Sankara in Africa
Quando Thomas Sankara fu nominato Primo Ministro nel gennaio 1983, portò con sé la sua visione profondamente rivoluzionaria e un forte orientamento anti-imperialista. Così, attirò rapidamente l’ostilità delle potenze coloniali, in particolare della Francia. Sankara vedeva la corruzione e la dipendenza economica dall’Occidente come un nuovo tipo di schiavitù, e questo lo spinse a promuovere il ROC (Regroupement des Officiers Communistes), che intendeva dare una nuova direzione al paese. Questa posizione, unita al suo rifiuto di appoggiare gli interessi francesi nella regione, portò al suo arresto poco dopo.
L’arresto di Sankara provocò una risposta immediata da parte di Blaise Compaoré, Jean-Baptiste Boukary Lingani e Henri Zongo, suoi stretti collaboratori nel ROC, che organizzarono un colpo di stato per liberarlo e insediarlo come presidente il 4 agosto 1983. Questo colpo di stato fu portato avanti con strategie ben pianificate: i sostenitori di Sankara nei vari battaglioni militari di Ouagadougou presero il controllo dei punti nevralgici del governo, mentre i suoi alleati organizzavano un consenso popolare attraverso manifestazioni e scioperi. Una volta preso il potere, Sankara dichiarò l’intenzione di ridare dignità e autonomia al paese, ribattezzandolo Burkina Faso, la “terra degli uomini integri,” in un atto simbolico che intendeva spezzare ogni legame con il passato coloniale.
Le riforme di Sankara e la sua visione del futuro dell’Africa
Sankara e i suoi alleati avviarono subito una serie di riforme radicali: abolirono i salari elevati per i funzionari statali, vietarono l’uso di veicoli di lusso e imposero severe restrizioni sui privilegi per i membri del governo. Questo nuovo codice di condotta era volto a ridurre il divario tra il popolo e la leadership, permettendo ai leader di vivere come i cittadini comuni e di guadagnarsi il rispetto e la fiducia della popolazione. A livello economico, Sankara avviò politiche di autosufficienza alimentare e progetti infrastrutturali che miravano a liberare il paese dalla dipendenza dagli aiuti esteri. Aumentò inoltre l’alfabetizzazione, avviando un programma per costruire scuole rurali, e attuò campagne di vaccinazione su larga scala per migliorare la salute pubblica.
Rifiutò i prestiti del Fondo Monetario Internazionale e altri enti imperialisti, preferendo investire le risorse interne in agricoltura, alfabetizzazione e sanità. Il suo “Discorso di Orientamento Politico” del 1983 rappresenta il manifesto della sua rivoluzione: identificava come nemici del popolo sia le forze imperialiste esterne sia la borghesia locale, colpevole di perpetuare il dominio coloniale. In questo discorso, Sankara esorta il popolo a prendere il controllo del proprio destino: “La nostra rivoluzione sarà per loro la cosa più autoritaria che esista; sarà un atto per il quale il popolo imporrà loro la propria volontà con ogni mezzo di cui dispone e se necessario con le armi” (Discorso di Orientamento Politico, 1983).
L’anticolonialismo del “noi non pagheremo il debito“
Sankara non esitava a dichiarare apertamente la sua posizione, sfidando le potenze imperialiste. In un discorso alle Nazioni Unite, ad esempio, criticò aspramente il sistema capitalistico e dichiarò che il debito estero era un mezzo di controllo coloniale. Le sue parole ispirarono molti, ma provocarono anche reazioni negative da parte delle élite locali e interne e internazionali, che temevano l’espansione del suo movimento in altre nazioni africane. La sua caduta avvenne il 15 ottobre 1987, in un colpo di stato orchestrato da Compaoré, presumibilmente con l’aiuto delle potenze coloniali, che vide Sankara assassinato insieme ad alcuni dei suoi collaboratori. Nonostante la fine tragica, la sua rivoluzione rappresenta ancora oggi un faro di speranza e resistenza per i movimenti anti-coloniali e rivoluzionari in tutto il mondo.
Uno dei momenti più celebri della sua leadership fu il discorso tenuto nel 1987 all’Organizzazione dell’Unità Africana, in cui condannò il debito come strumento di oppressione neocoloniale. Disse: “Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili di esso. Non possiamo rimborsarlo perché i nostri popoli moriranno di fame” (Discorso all’OUA, 1987). Sankara vedeva il debito come un meccanismo per tenere l’Africa in uno stato di dipendenza e povertà, e invitava gli altri leader africani a rifiutare collettivamente il rimborso come atto di resistenza contro il colonialismo economico.
Sankara e la liberazione femminile nel panorama d’Africa
Thomas Sankara è stato un pioniere nella lotta per i diritti delle donne e uno dei primi leader africani a considerare l’uguaglianza di genere come una parte essenziale del progresso sociale e della rivoluzione stessa. Nel suo discorso del 1984, intitolato “Il ruolo delle donne nella rivoluzione democratica e popolare,” Sankara dichiarò che la liberazione delle donne non doveva essere vista come un semplice atto di carità, ma come una necessità fondamentale per il successo della rivoluzione: “La liberazione delle donne e la liberazione degli uomini sono inseparabili” (Frammenti Rivista). Questa prospettiva rifletteva la sua convinzione che una società giusta ed equa dovesse liberarsi anche delle tradizioni patriarcali e discriminatorie.
Sotto la sua guida, Sankara promosse diverse riforme che miravano a migliorare la vita delle donne e a integrarle attivamente nella vita politica ed economica del Burkina Faso. Il governo di Sankara vietò la mutilazione genitale femminile, i matrimoni forzati e la poligamia, e incoraggiò le donne a partecipare alla sfera pubblica e a occupare ruoli di leadership. Sankara implementò inoltre politiche di inclusione nei settori dell’istruzione e dell’economia, creando programmi che fornivano alle donne maggiori opportunità di istruzione e lavoro.
“La giornata del mercato”: una riforma per decostruire i ruoli di genere
Oltre a questi aspetti, Sankara promosse iniziative sanitarie su larga scala, come le campagne di vaccinazione che coprirono oltre due milioni di bambini contro malattie endemiche, tra cui morbillo, febbre gialla e meningite. Questa campagna era parte di una visione più ampia per garantire i diritti fondamentali, tra cui il diritto alla salute, e fu un’impresa straordinaria in un paese tra i più poveri del mondo, privo di risorse e di infrastrutture adeguate. Con queste riforme, Sankara non solo elevò il profilo delle donne nella società burkinabé, ma anche ispirò un cambiamento culturale, sensibilizzando la popolazione sull’importanza dell’uguaglianza di genere. Organizzò eventi simbolici come la “giornata del mercato” in cui gli uomini venivano invitati a svolgere i compiti domestici tipicamente assegnati alle donne, sensibilizzando il paese sulla necessità di condividere equamente il lavoro domestico e promuovendo un modello di parità.
Queste iniziative riflettono la visione di Sankara: un leader che vedeva nella lotta per i diritti delle donne una componente imprescindibile del progresso sociale e un pilastro per una società realmente libera e indipendente.
Sankara in Africa: un finale controverso, un’eredità duratura
Il 15 ottobre 1987, Thomas Sankara fu assassinato durante un colpo di stato orchestrato dal suo ex alleato Blaise Compaoré, che assunse immediatamente il potere. Diverse cause e interessi complessi sembrano aver motivato questo colpo di stato. Sankara era noto per il suo rifiuto di sottomettersi alle potenze occidentali, in particolare alla Francia, che aveva forti interessi economici e strategici nella regione. Le sue politiche anti-imperialiste e di indipendenza economica minacciavano l’influenza francese, e si ritiene che il suo assassinio possa essere stato sostenuto da agenti francesi coinvolti nell’eliminazione di leader africani non allineati.
Inoltre, la relazione tra Sankara e Compaoré si deteriorò rapidamente nei mesi precedenti l’assassinio, poiché Sankara aveva iniziato a reprimere i dissidenti e a consolidare il potere, provocando tensioni anche all’interno del Consiglio Nazionale della Rivoluzione. Compaoré, in disaccordo con l’orientamento autoritario di Sankara e sotto pressione per mantenere alleanze con le potenze occidentali, vide nel colpo di stato un’opportunità per guidare una “rettifica” politica e aprire il Burkina Faso agli interessi internazionali. Nonostante il contesto controverso e la brutalità della sua fine, Sankara continua a essere un simbolo di lotta e dignità per l’Africa, e la sua visione ispira movimenti globali per la giustizia sociale e l’autodeterminazione.
La sua morte segna una tragica interruzione di una rivoluzione che avrebbe potuto rappresentare un modello per molti paesi africani. Tuttavia, l’eredità di Sankara vive: le sue idee continuano a ispirare movimenti in tutto il mondo per la giustizia sociale, la dignità e l’autodeterminazione. Come disse lui stesso: “Mentre i rivoluzionari in quanto individui possono essere uccisi, nessuno può uccidere le idee”.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine