Rivolta dei sindacati medici contro la norma prevista dalla bozza della legge di bilancio sul taglio del rendimento delle pensioni. Una misura, affermano le organizzazioni, che andrebbe a colpire in modo pesante proprio la categoria medica e che innescherebbe, da subito, un ulteriore e pericoloso esodo dei professionisti dal Servizio sanitario nazionale.
Una prospettiva definita “inaccettabile” e contro cui i sindacati dei camici bianchi si dichiarano pronti allo sciopero entro dicembre. Sul piede di guerra il maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed, ed il sindacato Cimo-Fesmed, che ribadiscono la propria “condanna senza riserve contro la riforma Meloni-Salvini-Tajani che punta a fare cassa sulle pensioni dei medici e dei dirigenti sanitari, che rientrano a pieno titolo in quel 13% di popolazione che contribuisce con le loro tasse al 60% del gettito Irpef”.
Ad essere sicuramente confermate sono le altre misure già annunciate: da Quota 103, con il ricalcolo contributivo e il tetto all’importo del trattamento, all’innalzamento dei requisiti anagrafici per Ape sociale (a 63,5 mesi) e Opzione donna (a 61 anni, con sconti alle lavoratrici madri di 12 mesi in presenza di un figlio e di 24 mesi con più figli) e al riscatto fino a un massimo di 5 anni dei cosiddetti lavoratori interamente “contributivi”.
Rivolta dei sindacati medici contro la norma prevista dalla bozza della legge di bilancio
Le modifiche apportate negli ultimi giorni all’impostazione originaria della manovra, soprattutto per effetto del pressing della Lega, non intaccano la strategia decisa dal governo per rendere più arduo l’accesso a tutti i canali di uscita anticipata. A cominciare dal post-Quota 103. Che, se nel 2024 non vedrà materializzarsi Quota 104 come era stato ipotizzato al momento del varo della manovra da parte del Consiglio die ministri, sarà comunque caratterizzato da forti penalizzazioni all’attuale via d’uscita con 62 anni d’età e 41 di contribuzione. Oltre al ricalcolo contributivo dell’assegno (il sistema non sarà più”misto”) viene fissato un tetto all’importo dell’assegno fino al raggiungimento del requisito di vecchiaia dei 67 anni: il limite d’importo massimo sarà di 4 volte il minimo e, quindi, nel 2024 di circa 2.272 euro. È poi prevista un’estensione delle cosiddette finestre mobili, ovvero del periodo di attesa per l’erogazione del primo rateo pensionistico una volta maturati i requisiti, che si allungano a 7 mesi per il lavoratori privati e a 9 mesi per quelli pubblici.
Con un “inaccettabile attacco ai diritti acquisiti – denunciano – si riducono le aliquote di rendimento dei contributi versati prima del 1996 colpendo quasi il 50% del personale attualmente in servizio con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media. Un vergognoso cambio delle regole in corso che mina il rapporto di fiducia tra lo Stato e i cittadini”. Le due sigle chiedono dunque al Governo il ritiro del provvedimento nonché più risorse per il Ssn. Pronte, in caso di risposta negativa, a cercare la più ampia convergenza con le altre organizzazioni sindacali per arrivare allo stato di agitazione nella prospettiva di uno sciopero generale entro dicembre.