Il campo profughi di Jabalia, nel Nord della Striscia, è stato colpito da un raid israeliano. Secondo fonti palestinesi, i morti sono più di 50, diverse centinaia i feriti. L’esercito israeliano, che ha perso altri 9 soldati (per un totale di 326 dall’attacco del 7 ottobre scorso), rivendica di aver ucciso alcuni capi di Hamas durante l’operazione. Dall’Arabia Saudita, però, è arrivata una “ferma condanna” del bombardamento che ha colpito il campo profughi. E anche alcuni Paesi del Sudamerica hanno preso le distanze da Israele: la Bolivia ha interrotto le relazioni diplomatiche, mentre Cile e Colombia hanno richiamato i propri ambasciatori a Tel Aviv.

Lo Stato ebraico non intende però accogliere gli appelli internazionali per un cessate il fuoco, mentre Washington continua a insistere sulla necessità di fornire ai civili gli aiuti necessari. Il 2 novembre il Segretario di Stato americano Antony Blinken, che ha sentito il presidente Herzog sugli aiuti a Gaza e sulla questione ostaggi, farà la sua seconda visita di guerra in Israele.

Il ministero della sanità locale, controllato da Hamas, ha parlato prima di «centinaia» tra morti e feriti, poi di circa 50 vittime a causa del raid. Israele stesso ha più tardi confermato di aver colpito proprio quella zona, sostenendo di aver centrato e così eliminato Ibrahim Biari, un comandante di Hamas coinvolto nella progettazione della strage del 7 ottobre insieme ad un nugolo di terroristi ai suoi ordini, quelli del Battaglione Centrale di Jabaliya, che, ha detto l’Idf, «aveva preso il controllo di edifici residenziali a Gaza». Il bombardamento avrebbe anche permesso di distruggere l’infrastruttura sotterranea di tunnel costruita da Hamas nella zona. Un testimone sul posto, citato dalla Cnn, ha detto di aver visto un F-16 sorvolare la zona e poi lasciar partire diversi «sette o otto missili» in direzione del campo; quindi di aver visto altrettanti enormi crateri al suolo, pieni di cadaveri e parti di corpi. «Sembrava la fine del mondo». Un fotografo della Reuters, sul posto, ha immortalato diversi crateri con decine di persone ancora sotto le macerie.

Nel frattempo Hamas ha rivendicato il bombardamento delle forze di fanteria israeliane vicino a Kerem Shalom, nel sud della Striscia di Gaza. Nessuna sirena antiaerea ha suonato in quell’area, ma secondo il Comando centrale gli allarmi sono suonati questa mattina a Erez e Netiv Ha’asara, adiacenti al confine settentrionale della Striscia. Il Committee to Protect Journalists ha fatto sapere che sono 31 i giornalisti morti: 26 erano palestinesi, quattro erano israeliani e uno libanese. Intanto Lle sirene di allarme per i razzi da Gaza stanno risuonando nelle comunità israeliane attorno alla Striscia. Nelle ore passate gli allarmi sono stati numerosi costringendo la popolazione a correre nei rifugi. L’esercito israeliano ha demolito stamattina la casa in Cisgiordania di Saleh al-Arouri, alto funzionario di Hamas e uno dei comandanti fondatori della sua ala militare, le Brigate Ezzedin al-Qassam. L’edificio, situato ad Arura vicino Ramallah, era vuoto da diversi anni.