Se parliamo di Monet, il nostro pensiero corre automaticamente alle sue celebri Ninfee. Eppure, il pittore francese ha lasciato un patrimonio artistico ampio e variegato, a testimonianza del suo smisurato talento. Claude-Oscar Monet nasce a Parigi il 14 novembre 1840, in una famiglia borghese, che gli consente di vivere un’infanzia spensierata. Poco avvezzo allo studio, si dedica alla sua grande passione, il disegno, guadagnandosi ben presto una certa fama come caricaturista; si avvicina, inoltre, ai pennelli. L’incontro con il paesaggista Eugène Bodin e, soprattutto, quello con Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir e Jean-Frédéric Bazille, influenzano fortemente il suo stile. Con loro, infatti, si reca a Chailly-en-Bière, nella Foresta di Fontainebleau, seguendo le orme dei loro “padri spirituali”, Corot, Daubigny e Rousseau, immergendosi nella natura e riportandola sulla tela in modo realistico, senza cadere nelle convenzioni accademiche.

L’esperienza en plein air si rivela fondamentale quando, nel 1871, egli getta le basi di una nuova corrente pittorica insieme a Renoir e Camille Pisarro. Il progetto della sua bande prende ufficialmente forma il 15 aprile 1874 quando, al n. 35 di Boulevard des Capucines, in un vecchio studio fotografico messo a disposizione da Nadar, vengono esposte le opere di trenta artisti, tra i quali Boudin, Pisarro, Sisley, Renoir, Edgar Degas e Paul Cézanne. Una delle proposte di Monet, Impression, soleil levant, viene stroncato ferocemente dalla critica, a causa delle libertà cromatiche e compositive prese dall’autore. Nonostante l’accoglienza, è proprio questo quadro a dare vita al nome Impressionismo.

Claude Monet: gli inverni di Honfleur ed Etreat

La pie (La gazza), dipinto di Claude Monet, conservato al Musée d’Orsay di Parigi

Per Monet, è essenziale lavorare all’aria aperta. Solo osservando il mondo attraverso la luce naturale è infatti possibile offrirne una rappresentazione veritiera. Non è importante cosa, ma come si dipinge; nei suoi paesaggi, il soggetto dell’opera è posto in secondo piano, rispetto alla percezione, all’impressione della realtà. La stagione invernale viene raffigurata in numerose tele, realizzate in Francia e nel resto d’Europa; in ognuna di esse, possiamo osservare il trascorrere delle ore, senza che l’attimo si cristallizzi. Tra il 1866 e il 1867 Claude si stabilisce ad Honfleur, in Normandia, per approfondire le sue ricerche sui colori. Ne “Il calesse. Strada sotto la neve a Honfleur”, il pittore studia le sfumature dei raggi sulla neve, e usa tinte scure, come il blu e il marrone, che modificano il manto bianco e ne aumentano la profondità. Il carro, che si allontana, non è schiacciato in una dimensione statica, ma appare in movimento. A sinistra, c’è la fattoria Saint-Siméon, luogo d’incontro dei colleghi, che risiedono regolarmente in questo angolo del Paese.

Ne “La gazza”, creato ad Etreat, dove l’artista si trasferisce tra il 1868 e il 1869, sono luci e ombre a costruire la scena. La staccionata in legno è ricoperta da una spessa coltre lattiginosa che, tuttavia, resta leggera e traslucida, permettendo all’osservatore di scorgere i varchi tra i rami. Il casale che con le sue delicate tonalità calde si fonde con l’orizzonte, è imprigionato dagli alberi secchi, che danno vita alla composizione. L’unico elemento “umano” figura nella sagoma scura della gazza, decentrata, che se ne sta appollaiata in una posizione che ricorda una nota musicale sul pentagramma.

L’inverno ad Argenteuil, Vétheuil e il viaggio in Norvegia

Negli anni Settanta, dopo la prima esposizione impressionista, Monet trascorre molto tempo ad Argenteuil, sulle rive della Senna. Il rigido inverno a cavallo tra il 1874 e il 1875 gli permette di portare a termine ben diciotto vedute sotto la neve, quasi tutte ambientate in Via Saint-Denis, dove vive. Ancora più fruttuosa è l’attività a Vétheuil, villaggio di campagna dominato da un’antica chiesa gotica e dal suo imponente campanile. Il colore, nei paesaggi, è frazionato, così come la pennellata, per rendere lo scorrere del fiume e il suo moto perpetuo. L’acqua, nel suo duplice stato, solido e liquido, cambia le gradazioni cromatiche degli elementi circostanti, poiché assorbe il sole in modo totalmente differente, a seconda del gelo o del disgelo.

Spinto dalla volontà di continuare ad approfondire i suoi esperimenti, nel 1895 viaggia attraverso la Norvegia, impressionato dal clima e dalla sua natura selvaggia. A Bjornegaard, resta affascinato dal monte Kolsaal, immenso e innevato, e realizza una serie di variazioni sullo stesso soggetto, evidenziando i cambiamenti atmosferici e i giochi luminosi sulla cima della montagna. Colori freddi che si alternano a elementi caldi, un bianco che non è mai immobile, ma ha un’anima tutta sua, portata allo scoperto dal pennello del maestro. La stagione più fredda è più viva che mai grazie a Monet, che ci offre la possibilità di sbirciare il mondo con i suoi occhi, cogliendone l’impressione.

Federica Checchia

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