È il 1931 quando la Universal, dopo il mostruoso (è il caso di dirlo) successo del Frankenstein di James Whale, decide che è il momento di creare un brand e spremere l’opera di Mary Shelley. L’idea è quella di un sequel in cui il mostro continua a vagabondare per le campagne delle alpi bavaresi. Ma James Whale non è convinto, sa che una riproposizione del mostro avrebbe il sapore del già visto. E così, dopo rifacimenti e una sceneggiatura che passa di mano in mano, nel 1935, James Whale gira uno dei capolavori e maggiori cult del cinema horror: “la moglie di Frankenstein”. È appena uscito al cinema Povere Creature! di Yorgos Lanthimos, film che pone il dramma e la scoperta di sé stessi come focus principale, attraverso la creazione di una sorta di Frankenstein moderno, femminile e femminista. È impossibile non parlare, quindi, di un capolavoro del cinema anni Trenta, così deliberatamente camp nei suoi intenti e così pieno di interpretazioni queer mai davvero risolte. Un film a cui la “povera creatura” di Lanthimos deve tanto, in un debito e passaggio di testimone dalla New Woman anni Trenta alla libertà femminile moderna.

Povere Creature!: figura iconica

Elsa Lanchester e Boris Karloff: Frankenstein e la moglie

L’idea embrionale per un seguito di Frankenstein prende tanto la forma di quello che poi è Povere Creature!. Whale non credeva in un progetto del genere, ritendendo un sequel una forma trita di un film meraviglioso di sé. Scelse quindi inizialmente di rappresentare il nuovo Frankenstein mentalmente ed emotivamente come un ragazzo. Ed è un po’ il processo che pervade tutto il film di Lanthimos, con una Bella Baxter che deve riscoprire l’intero mondo intorno a sé, partendo da neonata. Si scelse solo dopo diversi anni e rifacimenti della sceneggiatura di affrontare un tema che Mary Shelley accenna nel suo libro: la moglie di Frankenstein. E la scelta fu decisamente vincente perché Whale creo quello che molti critici successivi definiscono, a ragion veduta, uno dei migliori horror gotici della storia del cinema. Ma è evidente anche semplicemente guardando la meravigliosa sposa. Elsa Lanchester contribuisce, grazie al suo corpo filmico, alla creazione di un’icona ancora oggi fortissima, che nel film sovrasta addirittura quella di Frankenstein. Il suo vestito bianco, i suoi capelli a cono ornati da strisce bianche sono un simbolo per ogni amante del genere. E contribuì alla creazione della nuova figura femminile del cinema anni Trenta, soprattutto quello della prima metà: la Working Girl o New Woman. Esattamente quello che Povere Creature! ha fatto e farà con la donna moderna: libera, emancipata sessualmente e che riscopre un’indipendenza mai veramente avuta. Ed entrambe sono creature nate senza preconcetti, nate dalla mano profana dell’essere umano.

Derivazioni

La moglie di Frankenstein, se si volge lo sguardo alla periodizzazione del cinema, è pienamente un film che ha tanto da spartire con il cinema muto. Ma un po’ tutto il cinema dei 30 deriva da lì. In fondo, il sonoro era arrivato solamente nel ’27. Ed è allora con tali premesse che è possibile notare, nella mano di Whale quel gusto teatrale tipico del cinema muto. Gli ambienti fissi, le composizioni e i movimenti di derivazione quasi melodrammatica. E se è vero che La moglie di Frankenstein deve al cinema muto, è altrettanto vero che il Frankenstein del ’31 ha contribuito alla decodifica del genere horror cinematografica, nonostante il suo enorme debito all’espressionismo tedesco, che ha creato un embrionale attrattiva orrorifica nella settima arte. Un destino che speriamo sia riservato anche alla prossima fatica di Lanthimos che, ogni caso, rimarrà sempre in debito con il passato a cui, per forza di cose, attinge.

Alessandro Libianchi

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