“Oversharing: to tell people too much personal information about yourself”. Il Cambridge Dictionary definisce l’Oversharing come l’atto di raccontare troppe informazioni personali su di sé. Ad oggi, con la rilevanza acquisita dai social nelle nostre vite, l’Oversharing è diventato un fenomeno preponderante, ma soprattutto un indicatore per comprendere in che direzione si sta spostando la nostra socialità.
Oversharing: non importa a chi lo dici, l’importante è dire
Da sempre l’essere umano sente la necessità di condividere con altre persone la maggior parte degli aspetti della propria vita, da informazioni generiche come il lavoro, il posto in cui vive, l’età, fino alle informazioni più intime, come i propri desideri, gusti, ideali, pensieri. Quando ci troviamo a dichiarare qualcuno di questi elementi, nella nostra mente selezioniamo una serie di cose che possono essere dette ed altre no. Gli amici più stretti conosceranno i nostri gusti in fatto di amore, ma magari non sarebbe idoneo rivelare questa cosa ad una persona appena conosciuta.
In fatto di scegliere cosa condividere e cosa no, assume rilevanza l’interlocutore a cui ci rivolgiamo. Ma quando pubblichiamo sui social un contenuto, facciamo la stessa selezione? Ci preoccupiamo dell’interlocutore a cui ci stiamo riferendo? È vero che sui social esistono diverse modalità per controllare il flusso di persone sui nostri profili, ad esempio l’impostazione dell’account privato, così come le modalità per bloccare o nascondere un contenuto. Ma il contenuto che pubblichiamo, non è mai per una persona sola. Quando pubblichiamo una foto o un video, non lo stiamo dicendo a nessuno in particolare: lo diciamo a tutti.
Potrei dire a mia sorella che sono a pranzo fuori, ma quest’informazione potrebbe interessare alla ragazza conosciuta in un lontano venerdì sera con la quale ho iniziato a seguirmi? Eppure sia tua sorella, che la ragazza semi-sconosciuta, potrebbero vedere il tuo contenuto. Il problema non è che una semi-sconosciuta sappia del pranzo fuori.
Il problema sorge se non ci interroghiamo più sulla destinazione del contenuto che pubblichiamo e soprattutto, sul perché lo pubblichiamo. Ma perché sentiamo la necessità di condividere, fino a cadere nell’Oversharing?
L’animale sociale della società 2.0
“A cosa stai pensando?” chiede Facebook non appena accedi.
Citando Aristotele nella sua Politica: l’uomo è un animale sociale e tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Dal IV sec. a. C. le dinamiche sociali sono decisamente cambiate e adattate all’evoluzione della società. Tuttavia, questo bisogno di relazionarsi con gli altri individui è sempre e comunque rimasto, ma si presenta oggi con tutte le complessità che lo schermo comporta.
La sociologa Sherry Turkle in Life on the Screen: Identity in the Age of the Internet, sostiene che, poiché gli utenti hanno la possibilità di creare contemporaneamente diverse identità e trascorrono più tempo in questi ambienti online, la distinzione tra la vita reale e le loro identità si fanno più sfumate. La vita reale diventa solo un altro segmento del sé frammentato e il digitale diventa un nuovo mondo sociale. In questa società 2.0, forgiata da nuovi funzionamenti e regole, è chiaro che la formazione della propria identità avviene attraverso la tipologia di contenuti che decidiamo di pubblicare. Il mondo digitale offre la possibilità di coniare una nuova visione del se, cancellandone i tratti che non ci soddisfano e creandone dei nuovi che non sempre corrispondono alla realtà. Sui social, possiamo essere chiunque.
Ci impuntiamo a fare il confronto con le vite degli altri. Che a noi sembrano tutte perfettamente ritagliate, impalate, ordinate. E magari sono così perfette solo perché noi le vediamo da lontano
Zero Calcare – Strappare lungo i bordi
Come si collega l’Oversharing a questa riflessione? La necessità di pubblicare tanto, in termini di quantità dei contenuti e facendo riferimento all’indifferenza che sentiamo per l’interlocutore, deriva appunto da questa costante necessità di farci conoscere agli altri e mostrare i lati di questa identità decisa da noi. Solo mostrando la nostra identità, possiamo aggregarci con gli altri.
Oversharing: perdere l’essenza del mondo reale
Attraverso la condivisione di contenuti, creiamo la nostra identità, facciamo in modo che le persone sappiano chi siamo, mostrando solo ciò che vogliamo che vedano.
Ma come detto dalla Turkle, questa società 2.0 affina i confini con il mondo reale e fa, per dirla come Bauman, della fluidità il carattere principale. Sviluppare è la parola d’ordine. Questa fluidità è incorporata nel nostro modo d’agire nel mondo social: i nostri contenuti variano a seconda dei trend o dei gusti prediletti in quel momento. A tutti è capitato di definire un contenuto da “boomer”, così come capita di spostarsi ad un altro social, quando quest’ultimo non segue la fluidità con cui varia il genere di contenuti. Si pensi allo stesso Facebook, oramai un contenitore di sessantenni i quali post degli onomastici e del caffettino mattutino hanno preso il sopravvento.
E questa fluidità, viene incorporata non solo in termini di qualità del contenuto, ma anche di quantità. Dobbiamo mostrare alle persone gli aggiornamenti della nostra identità e far in modo che li apprezzino con un’interazione istantanea.
Hai un nuovo lavoro? Lo pubblichi su Linkedin. Vai ad un concerto? Fai la storia su Instagram. Hai una nuova beauty routine? Fai un video su TikTok.
La nostra identità non può rimanere bloccata: dobbiamo aggiornare le persone su chi siamo in questo momento. E in questo momento, siamo persone aggiornate. Tuttavia, il libretto illustrativo di questo condividere e aggiornare, porta come principale rischio, quello di dimenticare di godere della vera natura delle cose. A causa di questo impulso di condivisione, non gustiamo più l’essenza del mondo reale. Tutto viene bidimensionato al fine di fare uno scatto per mostrarlo agli altri utenti. Si perde il piacere: di un buon piatto, di un tramonto, di una serata al cinema, di un concerto, di un bagno caldo, della compagnia di chi ci circonda. Si perde il piacere della realtà, di essere noi stessi e vivere senza dover continuamente condividere la nostra (non)vita.
Martina Capitani
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Ph: Oversharing – Photo Credits missionerh.com