Si è detto e scritto tanto, tantissimo, su Dante Alighieri. Il padre della lingua italiana ci ha donato un patrimonio senza tempo, pilastro fondamentale della letteratura internazionale e non solo. Oltre ai suoi meriti autoriali, il suo impegno politico, il conflittuale rapporto con la sua città e le sue vicende personali lo hanno reso una figura complessa e affascinante, scandagliata e analizzata dagli storici di tutto il mondo. Sono passati secoli dalla sua nascita, eppure, nonostante l’impegno degli studiosi, il Sommo Poeta ha ancora delle zone d’ombra, difficili da comprendere appieno.
Sappiamo (quasi) tutto sul processo compositivo della Divina Commedia, conosciamo bene il suo tormentato amore per Beatrice Portinari, croce e delizia per il suo cuore rapito, e abbiamo avuto modo di apprendere le sue posizioni in merito al ruolo dell’Impero e della Chiesa nelle questioni di potere. Nonostante ciò, esiste almeno un altro aspetto che risulta, almeno in parte, ancora celato ai nostri occhi: il suo legame con l’esoterismo.
Dantedì: “L’esoterismo di Dante” di René Guénon
Partita come vaga ipotesi, nel tempo, la possibilità di un punto di congiunzione tra Dante e la dottrina oscura si è fatta sempre più concreta. Ad analizzare in modo preciso e dettagliato la questione è stato René-Jean-Marie-Joseph Guénon, intellettuale nato a fine Ottocento; a lui, infatti, dobbiamo “L’esoterismo di Dante”, saggio pubblicato nel 1925. Al centro della ricerca compiuta da Guénon, la convinzione che il letterato toscano fosse membro di un ordine iniziatico e che le sue opere, prima fra tutti la Divina Commedia, altro non siano che un’elaborata serie di indizi per i suoi lettori.I messaggi dottrinali nascosti potrebbero essere capiti solo da altri confratelli, ovvero «voi ch’avete li ‘ntelletti sani», come viene detto nell’Inferno (Canto XI): persone consapevoli e con le giuste chiavi interpretative a disposizione.
Per Guénon. le tre cantiche della Commedia corrisponderebbero a un rito d’iniziazione per un nuovo affiliato: l‘Inferno rappresenterebbe il mondo profano, il Purgatorio l’inizio del percorso verso la luce e il Paradiso l’accettazione tra gli “Illuminati”. Proprio nel Paradiso, Dante cita i “Principi Celesti”, identificabili con la Massoneria Scozzese, e proprio il grado di “Scozzese trinitario” sarebbe riconducibile al tre, numero ricorrente nel poema, riferito alla Santissima Trinità, ma non solo. La cifra è collegata ad elementi cardine del rituale: tre sono i principi massonici (libertà, uguaglianza, fratellanza), tre sono le virtù teologiche (fede, speranza, carità), tre sono gli elementi alchemici (zolfo, mercurio, sale) indispensabili per la creazione della Grande Opera (l’Alchimia). Neanche la scelta di ambientare il viaggio dantesco durante la Settimana Santa sarebbe casuale. Questa, infatti, corrisponde all’Equinozio di Primavera, momento riservato alle iniziazioni dei Catari.
Tutti i significati nascosti nella letteratura dantesca
Diversi ricercatori si sono dilettati a scandagliare la vasta bibliografia del Sommo, tentando di carpirne i segreti; i risultati sono stupefacenti ed ambigui al tempo stesso. La figura di Beatrice, ad esempio, è oggetto di accaniti dibattiti. Da Boccaccio in poi, l’interpretazione “realistica” ha prevalso, identificando la fanciulla come figlia di Folco Portinari. Tuttavia, in molti sono convinti che la donna “tanto gentile e tanto onesta” sia una personificazione della Sapienza, un’allegoria di virtù che sceglie Dante e lo guida attraverso gli ostacoli per giungere alla Verità offerta dalla dottrina esoterica.
La stessa struttura della Commedia, in più punti, si riferirebbe inoltre a questo universo ignoto: i cieli vengono chiamati Gerarchie Spirituali, un rimando alle graduatorie delle congreghe. Le sette sfere planetarie, inoltre, alluderebbero alle sette arti liberali, insegnate nelle scuole esoteriche: la grammatica, la retorica e la dialettica (il Trivio); l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia (il Quadrivio).
Dante Alighieri era un templare?
Lo stesso scrittore, dunque, non sarebbe estraneo a questo mondo, tanto che qualcuno ipotizza addirittura la sua appartenenza all’Ordine dei Templari. Nel Canto XXX del Paradiso, infatti, il Poeta giunge al cospetto della Candida Rosa, possibile richiamo ai Rosa-Croce, membri di una società segreta tedesca successiva ai Cavalieri del Graal e agli stessi Templari. Anche il colore candido delle vesti da lui descritte, così come il solenne passaggio della “milizia santa” ricondurrebbero all’ordine religioso. Un’ulteriore conferma, infine, deriverebbe da due medaglie ritrovate al Museo di Vienna.
Una delle due raffigura Dante, l’altra il grammatico italiano Pietro da Pisa. Sul rovescio di entrambe è incisa la sigla F.S.K.I.P.F.T. che potrebbe essere l’acronimo di Frater Sacrae Kodosh, Imperialis Principatus, Frater Templarius. Questo lascerebbe intendere uno status di “fratello”, o forse addirittura uno dei vertici dell’Ordine. Casualmente, o forse no, nell’ultima parte del suo vagare egli si fa accompagnare da San Bernardo da Chiaravalle, noto anche per aver sostenuto la missione in Terrasanta.
Simbologia, ermetismo, strani parallelismi con l’Islam e con la kabbalah, codici, sottintesi e congetture. Tutto può vuol dire tutto, o niente. Una cosa è certa, però: tra le più disparate congetture e il suo eterno valore artistico, Dante Alighieri non smetterà mai di appassionarci. Buon Dantedì!
Federica Checchia
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