Lucrezia Borgia, intrigante figura storica al centro di cospirazioni e rivolgimenti politici, è nota anche per il suo mecenatismo cortese, che negli anni del suo matrimonio Estense ha coinvolto poeti e umanisti come Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Gian Giorgio Trissino e Ercole Strozzi. Pietro Bembo in particolare è il protagonista di un intimo e ricco scambio epistolare con la nobildonna, testimone di un profondo legame tra due illustri figure rinascimentali.

Il ricco scambio epistolare tra Lucrezia Borgia e Pietro Bembo

Lo scambio tra Pietro Bembo e Lucrezia Borgia conta quarantanove lettere, quaranta dell’umanista veneziano e nove della nobildonna, conservate tra la Biblioteca Apostolica Vaticana, la British Library di Londra, la Bibliothèque Nationale de France a Parigi e nella stampa Scotto (Venezia 1512). L’epistolario testimonia uno scambio avvenuto nel corso di più di un decennio, dal 1502-1502 al 1517 e racconta di un legame sentimentale che conosce negli anni 1503-1504 un momento di grande intensità, costretta a venire meno dagli impegni matrimoniali e politici della duchessa d’Este. Ciononostante i due proseguiranno anche negli anni successivi a mandare avanti una corrispondenza più sporadica, ma ancora memore dell’antico affetto.

L’esistenza di questo epistolario ci mette di fronte la possibilità di osservare da vicino una vicenda umana storicamente distante eppure tuttora suggestiva. Cercando di non lasciarci coinvolgere dalla tentazione di romanzare la vicenda di due personaggi storici e attenendoci ai soli documenti scritti pervenutici, è possibile osservare l’intimità di due figure che emergono, vive e tangibili, dalla loro cristallizzazione storica. In questa possibilità si concentra tutto l’interesse della conservazione e dello studio degli epistolari, in quanto testimonianze materiali di scambi vitali attraverso cui entrare a più stretto contatto con l’esistenza e la voce di chi, ormai lontano nel tempo, li ha prodotti.

Lucrezia Borgia e le lettere autografe ad Ercole I

Agli epistolari di Lucrezia Borgia appartengono anche le lettere scambiate con il suocero Ercole I durante i trattativi per il conseguimento del matrimonio con Alfonso I d’Este. Questa serie di lettere è perlopiù autografa, ossia vergata dalla mano della stessa Lucrezia. La scelta di redigere di propria mano lo scambio epistolare ha senz’altro come prima funzione quella di fornire un’evidenza dell’autenticità dei documenti, ma permette di comprendere numerosi altri aspetti della mittente, tra cui la sua padronanza del mezzo della scrittura e la sua conoscenza delle convenzioni letterarie e diplomatiche dell’epoca, a dimostrazione della sua educazione e del suo livello di istruzione. Questo non solo rafforza la credibilità delle sue comunicazioni, ma conferisce anche un certo prestigio alla sua figura come donna di spicco della nobiltà rinascimentale. Inoltre, l’invio di una lettera scritta di propria mano consente di stabilire un legame più diretto e personale con il destinatario, in questo caso Ercole I. In un’epoca in cui le comunicazioni avvenivano principalmente attraverso intermediari e ambasciatori, l’uso della scrittura personale permetteva di creare un contatto più intimo e immediato tra i destinatari. In questo modo era possibile rafforzare i legami politici e garantire il successo delle trattative matrimoniali attraverso una comunicazione senz’altro più diretta.

Lucrezia dimostrava quindi già in occasione delle trattative per il suo matrimonio Estense le sue qualità di donna colta e abile. Passa quindi anche attraverso questi importantissimi documenti tuttora conservati l’immagine della donna dagli spiccati interessi culturali che già nei primi momenti della sua presenza alla corte d’Este riusciva a far ruotare attorno alla sua figura alcune delle più importanti e rinomate figure letterarie. Proprio per questo motivo il suo scambio con Pietro Bembo si veste di temi e riferimento culturalmente raffinati.

Le lettere con Pietro Bembo, i riferimenti petrarcheschi e la dedica degli Asolani

Ad oggi risulta senz’altro difficile stabilire quale fosse la natura del rapporto tra Bembo e Lucrezia Borgia, se fosse insomma un rapporto platonico tenuto insieme dalla comune passione per la poesia petrarchesca o se ci fosse un’attrazione dei sensi. Le loro lettere sono senz’altro dense di sentimento e di formule cortigiane del corteggiamento e, nel momento di maggiore e intenso scambio, avvenuto tra il 1503 e il 1504, si osservano numerosi riferimenti simbolici e sotterfugi utilizzati con il fine di mantenere la segretezza del loro rapporto e l’interruzione brusca del loro rapporto, ormai inammissibile per la futura duchessa è suggellata da un suggestivo addio petrarchesco da parte di Bembo. Nella lettera 177 infatti l’umanista scrive: Io parto, o dolcissima mia vita, e pure non parto né partirò mai. Se allo ’ncontro voi, rimanendo non rimarrete, non voglio dire di voi, ma certo O me felice sopra gli altri amanti.

Nel 1505 l’opera appena pubblicata di Bembo, Gli Asolani, dialogo sulla natura d’amore, verrà dedicata proprio a Lucrezia Borgia. In seguito alla conclusione del carteggio “segreto” Bembo continuerà a scambiare sporadicamente con la duchessa d’Este lettere in cui sembra prendere un tono da amico di famiglia. Nel 1513 Lucrezia riceve un breve pontificio indirizzato da papa Leone X perché interceda presso il consorte per la liberazione dei fratelli Fantuzzi, Francesco e Pasotto, sudditi pontifici in quel momento prigionieri del duca. In quel momento il segretario ai Brevi pontifici era proprio Pietro Bembo e ci piace pensare che le parole che mitigano certe asprezze di questa lettera ufficiale siano sgorgate proprio dalla penna dell’antico innamorato di Lucrezia.

Marta Tomassetti

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