Il giornalista americano Evan Gershkovich condannato a sedici anni di carcere, imprigionato con accuse di spionaggio in un clima di crescente tensione tra Russia e Occidente. Una riflessione sulla libertà di stampa.
Il giornalista Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal, è stato condannato a sedici anni di carcere in Russia con l’accusa di spionaggio. Questa sentenza rappresenta un grave colpo alla libertà di stampa e aggrava ulteriormente le tensioni tra Russia e Stati Uniti. La vicenda di Gershkovich non è un caso isolato. Fa parte di un più ampio clima di repressione e controllo sui media stranieri operanti in Russia (e non solo).
Un giornalista può rischiare il carcere perché sta svolgendo il suo lavoro?
Evan Gershkovich è stato arrestato il 29 marzo 2023 mentre stava conducendo un reportage. Le autorità russe lo hanno accusato di spionaggio. SI tratta di una gravissima imputazione che ha suscitato forti proteste da parte di gruppi per i diritti umani e organizzazioni giornalistiche. Secondo molti osservatori, le accuse contro Gershkovich sarebbero infondate e motivi politici. In risposta alla sentenza, il Wall Street Journal e diverse organizzazioni internazionali hanno chiesto la sua immediata liberazione, sottolineando che il giornalismo non può essere considerato un crimine.
Il caso di Gershkovich si inserisce in un contesto di crescente censura e repressione da parte delle autorità russe nei confronti della stampa straniera. Dal momento dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, il governo russo ha intensificato le sue misure contro i media indipendenti, sia locali che internazionali. La chiusura forzata di testate storiche come Novaja Gazeta e l’arresto di giornalisti con l’accusa di “diffondere false informazioni” sono diventati strumenti comuni di repressione. La condanna di Gershkovich a sedici anni per presunto spionaggio è stata vista come un segnale d’avvertimento per tutti i giornalisti stranieri operanti in Russia.
Dal Wall Street Journal a “Telemeloni”, c’è clima di repressione:
Questo caso esemplifica il crescente autoritarismo nei confronti dei giornalisti. Ciò avviene non solo in Russia, ma anche in altri paesi, inclusa l’Italia. La libertà di stampa è stata messa a dura prova dall’influenza del governo di Giorgia Meloni sui media pubblici. Meloni e la sua coalizione di destra sono stati accusati di trasformare la RAI, il principale ente radiotelevisivo pubblico italiano, in una piattaforma di propaganda governativa. Questo processo, soprannominato “Tele-Meloni”, ha visto l’allontanamento di giornalisti critici e la cancellazione di programmi considerati troppo indipendenti o di sinistra. La RAI ha perso ascolti e credibilità, con molte delle sue trasmissioni sostituite da programmi che non riescono a raggiungere il pubblico
L’Italia è scesa di cinque posizioni al 46° posto nell’ultimo World Press Freedom Index di Reporter senza frontiere (RSF). Il rapporto di RSF cita “l’Italia di Giorgia Meloni” come
Esempio di gruppi politici che orchestrano l’acquisizione dell’ecosistema mediatico, dove un membro della coalizione parlamentare al governo sta cercando di acquisire la seconda più grande agenzia di stampa (riferendosi all’AGI).
I giornalisti della RAI hanno organizzato scioperi per protestare contro quello che definiscono un “controllo soffocante” da parte del governo. Il sindacato dei giornalisti della RAI, USIGRai, ha denunciato tentativi di censura e interferenze editoriali. Ha anche sottolineato che la libertà e l’autonomia del servizio pubblico sono valori fondamentali per tutta la società.
I giornalisti non possono rischiare il carcere perché si ribellano alla censura!
Altri giornali internazionali, tra cui Le Monde e la Rai, sono stati bloccati in Russia. Ciò priva i cittadini russi di un’importante fonte di notizie estere. Inoltre, la chiusura forzata di testate storiche come Novaja Gazeta (ma anche Eco di Mosca) rappresenta un ulteriore passo verso la censura totale e il controllo dell’informazione da parte del Cremlino.
Il caso di Evan Gershkovich è un simbolo delle nuove sfide che i giornalisti affrontano in un clima geopolitico sempre più ostile. Non è solo un attacco alla libertà di stampa, ma anche un avvertimento per tutti i reporter che operano in contesti autoritari. Come ha sottolineato la vicepresidente della Commissione europea, Věra Jourová, la disinformazione e la repressione della stampa non devono essere tollerate nelle società democratiche. La comunità internazionale deve unirsi per chiedere la liberazione di Gershkovich e difendere il diritto fondamentale alla libertà di informazione. Non possiamo permettere che la Russia, o qualsiasi altro stato, sopprima la verità e il giornalismo indipendente per i propri fini politici. La giustizia e l’equità politica richiedono il nostro impegno collettivo per proteggere questi valori essenziali.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine