Una delle sequenze più celebri della serie The Office vede Michael Scott, il personaggio interpretato da Steve Carrell, tentare di gestire una crisi e fallire miseramente, al grido di «Oh my God! It’s happening!». Questa è la scena che, con ogni probabilità, si è verificata ad ogni latitudine e longitudine del pianeta all’annuncio degli Oasis del 27 agosto. Sembrava impossibile, eppure è tutto vero: i fratelli Gallagher sono tornati. Con un video postato sui canali social, la cui didascalia era, ironicamente, «This is it, this is happening», il duo più litigioso della storia della musica ha finalmente seppellito l’ascia di guerra e ha annunciato un trionfale ritorno. Dal 4 luglio al 17 agosto 2025, Noel e Liam saranno in tour nel Regno Unito e in Irlanda, esibendosi a Cardiff, nella loro Manchester, a Londra, Edimburgo e, per finire, a Dublino. Sì sì, avete capito bene, insieme.
Come prevedibile, la notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo, risvegliando milioni di fans sopiti, ma che non avevano mai abbandonato la speranza. I biglietti per i live saranno in vendita dal 31 agosto, ed è quasi certo che si scatenerà una lotta all’ultimo sangue per accaparrarsi un posto. Non ci sono, al momento, voci riguardanti un’estensione della tournée anche in altri Paesi, ma chissà? A questo punto tutto è possibile. Mentre millenials cercano di farsi passare le palpitazioni e si preparano alla battaglia all’ultimo PIT, perché non approfittarne per rispolverare il repertorio della rockband per ripassarne i brani più famosi, in vista della futura scaletta di Wembley & Co.? Abbiamo selezionato alcuni pilastri della discografia dei ragazzacci del britpop, e ve li proponiamo. Quindici, come gli anni in cui si sono fatti attendere, mannaggia a loro.
Oasis: il debutto, un inno intramontabile e una grande esclusa
1. SUPERSONIC(1994). Quando si dice “fare un’entrata in grande stile”. Singolo di debutto e primo estratto dell’album d’esordio Definitely Maybe, Supersonic irrompe nel mercato discografico britannico senza paura e con l’arrogante talento che contraddistingue i suoi esecutori. Tra sonorità vagamente elettroniche e velati omaggi ai Beatles, nonostante i risultati modesti in termine di vendite, il pezzo è sempre stato uno dei preferiti sia del gruppo che della sua fanbase. L’alba di una nuova era, quella di Noel e Liam Gallagher.
2. LIVE FOREVER(1994). Chiunque sia abbastanza adulto da aver vissuto l’epoca d’oro dei Gallagher non può non avvertire un pugno nello stomaco anche solo leggendo il titolo di questa canzone. Scritta da Noel, fu il suo lasciapassare per entrare nella band del fratellino Liam, i Rain, poi divenuti Oasis. Come affermato dallo stesso chitarrista: «Live Forever non ha età, perché risponde a un eterno bisogno di gioia comune che solo l’inno rock al suo meglio può davvero esprimere.». E, in effetti, con i suoi “maybe” ripetuti e l’irresolutezza che traspare da ogni virgola di un testo diventato ormai storia, Live Forever è proprio questo: un inno all’incertezza e a una gioventù che sa poco, ma che spera molto.
3. WHATEVER (1994). Grande escluso, fino alla raccolta Time Flies…1994-2009, da qualsiasi incisione del gruppo, Whatever vanta archi eseguiti dalla London Session Orchestra, in cui figurava Wilfred Gibson, ex violinista della Electric Light Orchestra. È stata ispirata dalla mamma dei due reucci del pop britannico, Peggy; leggenda narra che fosse solita dire ai figli, preoccupati per il loro avvenire, «You’re free to be whatever». Non si può dire che non l’abbiano presa alla lettera.
(What’s the Story) Morning Glory?, la consacrazione
4. SOME MIGHT SAY (1995). Storica pietra miliare di un album da record, (What’s the Story) Morning Glory?, fu il primo singolo degli Oasis a raggiungere la vetta della classifica britannica, dando il via a un decennio anni di pezzi di lancio arrivati al primo posto delle chart. Il testo originale, scritto su un foglio, è conservato all’Hard Rock Cafe di Parigi. Una vera e propria reliquia, per una band venerata come una divinità.
5. WONDERWALL (1995). Se si parla di Oasis, a saltare subito alla mente è quasi sempre lei, Wonderwall. Regina di ogni falò che si rispetti, è una delle ballads più distintive degli anni Novanta. Il “muro delle meraviglie” è un nonsense in omaggio a George Harrison, che così aveva intitolato il suo primissimo disco solista. Un giro di chitarra semplice ma impossibile da dimenticare, un inciso che, a distanza di quasi trent’anni, fa ancora battere i cuori, e una granitica certezza: chiunque provi anche solo ad accennare un timido «Because maybe…» riceverà indietro almeno un «You’re gonna be the one that saves me».
6. DON’T LOOK BACK IN ANGER (1995). Primo singolo che vede Noel prendere il posto di Liam come lead singer. Nel testo, per stessa ammissione dei ragazzi, vi sono vari riferimenti a John Lennon. «Ebbi questa cassetta negli Stati Uniti. Probabilmente era stata rubata dal Dakota Hotel e trovata da qualcuno.», ha chiosato Noel, «Lennon stava cominciando a registrare le sue memorie su cassetta e diceva “Start a revolution from my bed, because they said the brains I had went to my head”. Io pensai: “Grazie! Le userò!”.». Onnipresente nelle setlist dei loro live, tradizione voleva che fosse il pubblico a intonare il ritornello, mentre i musicisti, dal palcoscenico, godevano dello spettacolo.
7. CHAMPAGNE SUPERNOVA (1995). Traccia che conclude (What’s the Story) Morning Glory?, Champagne Supernova è lunga ben sette minuti, non poco, per gli standard della band. In molti, nel tempo, si sono interrogati circa il significato di questa struggente ballata, introdotta dallo scrosciare delle onde. La risposta, tuttavia, potrebbe sorprendere, e a fornirla è lo stesso Liam: «Camminando piano nel salone/ più veloce di una palla di cannone: cosa significa? Non ne ho la minima idea. Ma dimmi, quando hai di fronte 60.000 persone che la stanno cantando, non sanno forse cosa significa? Significa qualcosa di diverso per ognuno di loro.».
Gli album successivi, figli e figliastri
8. STAND BY ME (1997). Incredibile, ma vero. Noel non apprezza particolarmente l’album Be Here Now e, di conseguenza, anche Stand By Me. Ad influire, forse, la genesi della canzone, composta durante un’intossicazione alimentare causata da una cena domenicale andata male. Nonostante questo, gli ascoltatori le sono da sempre affezionati e, alla sua uscita, è stata bloccata al primo posto solo da Candle in The Wind di Sir Elton John, resa immortale anche dalla connessione con il triste destino di Lady Diana.
9. DON’T GO AWAY (1997). Scritta da Noel mentre la madre Peggy si trovava in ospedale con sospetto cancro, poi smentito, Don’t Go Away parla della perdita di una persona cara, e della difficoltà nel far pace con l’idea di lasciar andare qualcuno che si ama. In questi casi si spera sempre di avere più tempo, per elaborare, per accettare, per congedarsi; una prova emotiva non da poco per i due fratellini, in apparenza duri e senza paura, ma, in fondo, estremamente fragili.
10. GO LET IT OUT (2000). Come Roll With It, anche questo brano è un invito a vivere senza troppe aspettative e senza prefissarsi scopi particolari, ma godendosi semplicemente il viaggio. Il titolo, ancora una volta, strizza l’occhio all’universo beatlesiano, forse a Hey Jude (“So let it out and let it in, hey, Jude, begin”). Il fil rouge con i Fab Four non è mai stato nascosto e, a tal proposito, Noel fa questa considerazione: «Era la prima volta che suonavamo come dei Beatles moderni, cosa che cercavamo di raggiungere da anni ed anni. A quel tempo avevo perso l’ispirazione dopo aver scritto per undici anni. Go Let It Out è la gemma dell’album. È un pezzo dalle tonalità americane, al passo coi tempi. Credo che sia all’altezza dei miei album migliori».
Heathen Chemistry, un ritorno in grande stile
11. STOP CRYING OUR HEART OUT (2002). A differenza di Be Here Now e Standing on the Shoulder of Giants, Heathen Chemistry riscuote grandissimi consensi tra critica e fans. A trascinare il disco, la malinconica Stop Crying Your Heart Out, spesso accostata a Don’t Look Back in Anger per imponenza del titolo e per tematiche. Noel non è convinto di renderla un singolo, ma è viene praticamente costretto. La canzone è stata spesso utilizzata per film e serie TV, da The Butterfly Effect, con Ashton Kutcher, a Smallville. Durante Glastonbury 2004, Noel l’ha dedicata alla nazionale di calcio inglese, sconfitta ai campionati europei.
12. LITTLE BY LITTLE (2002). Ennesima dimostrazione delle doti vocali di Noel, stavolta in veste non solo di autore, ma anche di cantante, Little By Little parla degli ostacoli che la vita ci pone davanti e delle nostre scelte, giuste o sbagliate che siano, e delle conseguenze che queste possono comportare. Il video che l’accompagna è rimasto nell’immaginario collettivo, e vede come protagonista Robert Carlyle(Trainspotting, Full Monty).
Oasis: Don’t Believe the Truth e la fine di un’era
13. THE IMPORTANCE OF BEING IDLE (2005). Secondo estratto da Don’t Believe the Truth, il brano deve il suo titolo all’omonimo romanzo del 2001 di Stephen Robins e, forse, anche alla commedia di Oscar Wilde The Importance of Being Ernst. A fare la sua fortuna ha contribuito il videoclip, in cui compare uno strepitoso Rhys Ifans (Notting Hill, House of The Dragon), nei panni di un becchino che presenzia al suo stesso funerale. L’inno alla pigrizia e all’indolenza è cantato da Noel, ormai abituato ad alternarsi con Liam al microfono.
14. LET THERE BE LOVE (2005). Unica canzone, insieme ad Acquiesce, ad essere eseguita da entrambi i Gallagher, richiama nelle sonorità le loro hit anni Novanta. Anche se ha ottenuto un discreto successo, l’unica performance dal vivo del brano risale all’ottobre 2005, quando Noel la cantò durante una trasmissione radiofonica in Italia.
15. FALLING DOWN (2009). Liam e Noel sono sempre stati delle teste calde, e le incomprensioni erano all’ordine del giorno. Forse, però, nemmeno loro avrebbero potuto prevedere un finale così amaro per la rock band più famosa e acclamata del britpop. Quando, nel 2009, Falling Down divenne il terzo brano estrapolato da Dig Out Your Soul, nessuno si sarebbe mai aspettato che quello sarebbe stato l’ultimo singolo del gruppo. Tra accenni ambigui alla principessa Margaret e un sound che vira verso l’elettronica, non ha mai avuto la pretesa di essere un capolavoro, eppure è rimasta nella storia per essere stata il punto finale di una carriera incredibile e travagliata. Certo, nel 2020 c’è stata la parentesi Don’t Stop…,; per tutti, però, Falling Down ha rappresentato, suo malgrado, il tramonto degli Oasis. Almeno fino al 27 agosto 2024, data che ha segnato la nuova alba dei fratelli Gallagher.
Federica Checchia
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