Playstation dal 6 settembre 2024 ha il suo Super Mario Galaxy, si chiama Astro Bot e questa è la sua/mia recensione più che entusiasta. Non faccio questo paragone con leggerezza. Bensì, conscio di quanto sia stato importante il capitolo universale dell’idraulico baffuto. Perciò, di quanto il robottino Sony si proponga al pubblico con una prestazione ECCELLENTE e impeccabile. Come leggerete dal voto in calce, questa recensione intende premiare e promuovere il lavoro di Team Asobi sotto ogni punto di vista. Artistico, ludico e di design. Oltre che, ovviamente, “nostalgico”, nel senso migliore possibile. 

Astro Bot Recensione

Astro Bot Recensione: un omaggio intelligente all’universo Playstation

Inizierei il nostro viaggio in Astro Bot proprio parlando delle sue radici immaginifiche, saldamente ancorate nella storia di Playstation. Fin dagli esordi del personaggio come mascotte per il software dimostrativo delle capacità di Dualsense il piccoletto bianco si è dimostrato un campione di trasformismo. Abile a travestirsi con qualche capo di vestiario e pochi, semplici elementi decorativi nei più svariati protagonisti non solo dei videogiochi targati Sony. Bensì, anche di quelli che pur non essendo di proprietà della compagnia, hanno contribuito in diversi momenti storici a consolidare la posizione di questa o quella console. 

Ci sono veramente tutti. Da Leon di Resident Evil 2 a Ico dell’omonimo capolavoro, Parappa the Rapper, Solid Snake. Un Pyramid Head da Silent Hill o il cavaliere di Ghost and Goblins. Senza contare gli irrinunciabili come Spyro e Crash, o i più recenti Nathan Drake di Uncharted, o Ellie e Joel di The Last of Us e tanti, tantissimi altri. Centinaia di altri. Impossibile non sorridere o sghignazzare, quando senza preavviso questo o quel personaggio a noi caro compare sullo schermo. Trasformato in un “androidino” stilizzatissimo, ma sempre perfettamente riconoscibile. 

Il merito non è solo dei designer che hanno modellato abitini e caratteristiche ammiccanti in stile “Funko Pop”. Ma anche agli animatori che hanno diretto mini-siparietti deliziosi che li coinvolgono, non appena li trasportiamo sul piccolo asteroide che ci fa da base operativa mentre ripariamo il nostro mezzo di trasporto danneggiato. Il compito assegnatoci nel gioco è infatti salvare tutti e 300 i Bot dai pianeti su cui sono naufragati, in seguito a un attacco subito dalla gigantesca astronave-PS5 su cui stavano viaggiando insieme a noi. Diretti verso… il nostro salotto, probabilmente.  

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Una volta raggiunta la metà circa del titolo, è anche possibile vestire l’eroe che impersoniamo con una serie di abiti confezionati per l’occasione. Cioè “basati su”, ma diversi da quelli indossati dai Bot non protagonisti. E’ una chicca interessante, perché significa non solo che così si è esteso il ventaglio citazionistico in modo variegato. Vuole anche lasciare ad Astro Bot la sua “dignità di protagonista” al di là delle sue possibilità di vestire altri “panni”. 

Per esempio: dopo aver incontrato Kratos di God of War e suo figlio su una barchetta ribaltata, segue un livello nel quale useremo la nuova ascia nordica dello spartano per superare ostacoli su misura per lei. Impugnandola ci crescerà la barba ed è “compreso nel prezzo” anche un vestitino ad hoc. Sapete, la cintura di pelle e pelliccia indossata nei due capitoli più recenti. Eppure, c’è un Kratos “vero”, il Bot che ci presta l’arma. Che  emana l’aura solenne e sofferente del combattente che conosciamo, diverso dall’Astro Bot “Kratizzato”. Quest’ultimo resta comunque sè stesso anche quando urla come Kratos, lancia la sua accetta per congelare un nemico o una piattaforma. Ne omaggia la figura, insomma, senza però perdere le movenze o le abilità di base che aveva prima. 

Questa scelta, fornire una personalità e un modo di essere unico ad Astro Bot, rende ancor più gradite e intelligenti le citazioni e i rimandi del titolo. Anche e soprattutto quelli che in apparenza possono sembrare ridondanti. Come l’utilizzo del controller di PS5 come mini-astronave per viaggiare tra pianeti, o della PS5 come “veicolo madre”. Si percepisce che fanno parte dell’identità stessa del protagonista, che non è solo un avatar, una bambola da vestire per fingere di star giocando un videogame diverso. Bensì, è l’eroe della sua avventura personale, che “gioca”, come e con noi, con i titoli e i personaggi di Play Station.

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Il gameplay platform 3D perfetto per chiunque

Proseguo con le dichiarazioni “pesanti”: Astro Bot ha un gameplay platform 3D perfetto, che di livello in livello si approfondisce e stratifica, adattandosi a chiunque lo affronti. Principianti e bambini, giocatori avanzati e desiderosi di una sfida interessante, collezionisti. Tutti troveranno pane per i loro denti tra i numerosi pianeti di Astro Bot, confezionati con una cura e un’attenzione al dettaglio fenomenale. Asobi ha costruito degli ambienti tridimensionali che vien voglia di esplorare non solo perché texture e modelli sono deliziosi e bellissimi. Prima ancora, perché il level design ci sprona a sperimentare, a girare un angolo e cambiare visuale. A sfruttare il power up fornito dal mondo che stiamo calcando con fantasia e creatività. 

Ogni manovra più complessa eseguita in nome dell’esplorazione è premiata in qualche modo. Che sia con un bel po’ di monete, spendibili poi per i succitati vestiti di Astro, o per degli accessori che rendono ancor più interattive e divertenti le animazioni dei Bot iconici Playstation salvati. Oppure, con i Bot stessi, celati alla perfezione e super soddisfacenti da scovare. O ancora, con pezzi di puzzle che riportati in prossimità della nave madre si trasformano in facilities con cui personalizzare l’aspetto degli elementi in gioco, come il controller-mezzo di trasporto, Astro o altro. La perizia e l’intelligenza con cui gli stage sono costruiti mi ha per questo ricordato non solo Mario Galaxy, ma anche gli ultimi capitoli dedicati al dinosauro Yoshi. Del resto, un vero campione di “extra da scovare” per rendere più piccante l’attraversamento di livelli altrimenti triviali.

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A parte per alcuni mondi speciali da sbloccare (difficilissimi e basati sui simboli cerchio, triangolo, quadrato e X di Playstation, ma non vi spoilero nulla) non è camminando dal punto A al punto B di ogni pianeta col solo scopo di finire il livello che si manifesta la vera difficoltà ed essenza ludica di Astro Bot. Bisogna invece cercare, aver voglia di completare al 100% e vedere ogni anfratto, scoprire ogni segreto. Solo così si rivelano istanze platform sfidanti messe a difesa di un appetitoso collezionabile, presenti anche in mappe più che elementari. Peraltro, attraversabili spesso in più di un modo, perciò flessibili a seconda delle capacità del giocatore che le approccia.

I comandi rispondono alla perfezione e le tre semplici azioni base pugno, salto e “doppio salto/galleggiamento con laser”, si collegano fra loro e con gli elementi degli stage e con i power up saltuariamente legati solo a questo o quel pianeta, per aumentare a dismisura le implicazioni di gameplay. Per esempio, i “pugni rana” che sparano fuori la lingua adesiva per diventare liane con cui dondolarsi, o armi a distanza per colpire con forza vetri da infrangere e pareti metalliche. O ancora, che diventano funi da traino e corde di una fionda gigante con cui lanciare Astro all’occorrenza. E’ la quintessenza del super-easy to learn, quite hard to master. Possibile solo perché Asobi Studio ha costruito gli stage e distribuito piattaforme, mini-puzzle, avversari differenti e persino Boss fight eccellenti. Con mestiere e a regola d’arte.  

Vi ho anche già parlato delle aree tematiche più pesantemente basate su questo o quel personaggio, come la ghiacciaia di Kratos e God of War. Tuttavia, è bellissimo che non solo queste, ma tutte le mappe siano riuscite a incuriosirmi e interessarmi con trovate semplici, ma geniali. Degne di un altro, grandissimo e altrettanto perfetto (per ragioni e con stili diversi) platform moderno: Super Mario Wonder.

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Un “effetto WONDER” multisensoriale!

C’è chi lo ha chiamato “effetto Wonder”: quel sentimento di sorpresa, divertimento e sopraffazione fanciullesca di vista e udito che si provava quando nel recente Super Mario Wonder acchiappavamo un fiore meraviglia e cercavamo di capire cosa stesse succedendo. Il sovvertimento delle regole ludiche, o la loro evoluzione, diventavano intrattenimento oltre che sfida, gioco e spettacolo per gli occhi e le orecchie. Ecco, pensate come son rimasto io, quando mi sono accorto che anche Astro Bot ha il suo “effetto Wonder”. Per di più, coinvolgente non solo due sensi, ma tre: vista, udito e tatto. 

Come e più che nel primo capitolo “gimmick” in Astro’s Playroom, Astro Bot ha implementati continui e azzeccati stimoli aptici, grilletti che resistono alla pressione, vibrazioni e suoni riprodotti dal controller Dualsense. Che veicolano la pioggia che tappetta sul personaggio, o il feedback del terreno diverso tra sabbia, erba, acqua o metallo. O ancora il vento, l’acqua che ci scorre sotto ai piedi, il rombo di un motore jet e la vibrazione dei passi di un boss particolarmente grosso. A volte capita di dover soffiare nel microfono per far aria su una ventola. Altre, di inclinare il joypad per guidare il controller in game e impedire ad Astro di schiantarsi su una montagna, o fargli recuperare un oggetto con una virata e un’accelerazione. 

E’ un rottura della quarta parete semplice, ma efficacissima, resa possibile dalla tecnologia del Dualsense, sì. Ma anche e soprattutto dalla capacità degli sviluppatori di Team Asobi e dalla loro attenta programmazione dell’hardware, in risposta a ciò che accade su schermo. E diamine se ne succedono di cose su schermo. Come alberi canterini giganteschi che esplodono su un prato e ci risucchiano al loro interno per proseguire il livello, mentre tutto intorno il mondo di gioco segue la loro canzone danzando a ritmo. Anche più in piccolo, però, Astro Bot sorprende con trovate fuori di testa che sfruttano i power up con fantasia. 

Non sono insomma solo i “grandi stupori” (pure presenti come vi abbiamo detto) a recapitarci “l’effetto Wonder”, ma anche le piccole trovate più semplici. Un potenziamento che ci trasforma in spugne e ci rende giganteschi e distruttivi, ma anche in grado di spegnere incendi e lavare sozzure varie “strizzandoci” e liberando uno tsunami. Oppure, rimaneggiamenti del tempo (prodotti da un visore PSVR 2 indossato da Astro Bot peraltro) che ci consentono di calciare per aria delle fiches da gioco enormi e saltarci sopra mentre galleggiano muovendosi al rallenty. Non vi svelo altro però: non sarebbe giusto. Gran parte del divertimento sta infatti nell’inevitabile effetto sorpresa che queste trovate susciteranno in voi.