Israele ed espansionismo fuori controllo: le tensioni internazionali e le sfide del diritto umanitario nella lotta per la legittimità territoriale.

La situazione in Medio Oriente si è intensificata, con Israele che ha lanciato un’importante offensiva a Gaza, provocando la morte di almeno 51 persone, tra cui donne e bambini. Questo attacco fa seguito a un massiccio bombardamento che ha già causato migliaia di vittime civili. Inoltre, il lancio di missili dall’Iran verso Israele ha segnato un aumento delle tensioni regionali. In risposta, Israele ha intensificato i bombardamenti su obiettivi militari a Gaza, colpendo centri operativi di Hamas.

In Libano, la situazione è altrettanto critica. Otto soldati israeliani sono stati uccisi in scontri con Hezbollah, mentre questo gruppo ha intensificato le operazioni contro le forze israeliane. Hezbollah ha dichiarato che continuerà a lanciare razzi contro Israele fino a quando non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza​

Ieri e oggi in breve: Israele e un espansionismo ancora impunito

Il conflitto israelo-palestinese affonda le sue radici nella fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e nella successiva espulsione della popolazione araba. Le guerre del 1967 e 1973 hanno ulteriormente consolidato l’occupazione israeliana di Gaza e Cisgiordania. Da allora, Israele ha attuato politiche di espansione territoriale, rafforzando gli insediamenti nei territori occupati. Questa mossa è considerata illegale dal diritto internazionale e continua a essere un pilastro della politica israeliana. Dario Fabbri, analista geopolitico, sottolinea che tali politiche espansionistiche alimentano ulteriormente la tensione e la conflittualità nella regione, rendendo difficile qualsiasi tentativo di pacificazione.

In questo contesto, Israele ha spesso cercato di spostare l’attenzione sui rischi associati all’influenza iraniana nella regione, soprattutto attraverso il sostegno a gruppi come Hezbollah e Hamas. Questa narrazione ha complicato ulteriormente la posizione di Israele di fronte alle critiche delle organizzazioni internazionali, poiché il governo si è trovato a dover giustificare le proprie azioni militari come misure di autodifesa.

Gaza, Libano, Iran: lo scenario si allarga in una Guerra Regionale

Gaza è stata uno dei punti più critici del conflitto. A partire dal 2007, quando Hamas prese il controllo della Striscia, Israele ha imposto un blocco severo. La situazione è drammaticamente deteriorata nell’ottobre 2023, quando Hamas ha lanciato un attacco massiccio contro Israele, causando oltre 1.300 morti. In risposta, Israele ha avviato operazioni militari senza precedenti per annientare Hamas. Tuttavia, l’assedio di Gaza ha creato una catastrofe umanitaria, aggravata dai continui bombardamenti israeliani, con un numero crescente di vittime civili. Gli analisti avvertono che la brutalità delle operazioni militari israeliane potrebbe portare a un ulteriore rafforzamento del supporto popolare per Hamas, complicando ulteriormente la situazione

La guerra tra Israele e Hamas ha esteso le sue ramificazioni verso il Libano, dove Hezbollah ha intensificato le operazioni contro Israele. Sostenuto dall’Iran, Hezbollah è un attore chiave della “Mezzaluna sciita”. Israele teme un conflitto su due fronti e ha risposto con raid aerei mirati. Gli attacchi israeliani in Libano hanno causato oltre 1.000 morti in due settimane, con un alto numero di civili tra le vittime. Secondo Fabbri, la crescita delle tensioni tra Israele e Hezbollah potrebbe sfociare in un conflitto aperto, aumentando la destabilizzazione della regione, già afflitta da crisi politiche ed economiche

L’Iran gioca un ruolo centrale nelle dinamiche regionali, sostenendo sia Hezbollah che Hamas per bilanciare l’influenza israeliana e americana in Medio Oriente. Recentemente, l’Iran ha lanciato missili contro Israele in risposta agli attacchi, intensificando il conflitto e avvertendo Israele delle possibili ripercussioni. Teheran, pur mantenendo una certa cautela, continua a rafforzare il supporto ai propri alleati regionali, evitando però un confronto diretto. Fabbri afferma che l’Iran sta adottando una strategia cauta, mirando a espandere la propria influenza senza provocare un’escalation diretta del conflitto​

Meccanismi internazionali non contengono Israele e il suo espansionismo sfrenato

La relazione tra Israele e le organizzazioni internazionali, come l’ONU e l’UNRWA, è caratterizzata da tensioni e accuse reciproche. Israele ha frequentemente sostenuto che queste istituzioni mostrano un pregiudizio a favore dei palestinesi, accusandole di non riconoscere le sue legittime preoccupazioni per la sicurezza. Questa percezione è amplificata da numerosi rapporti che condannano le politiche israeliane in Cisgiordania e Gaza, in particolare in merito alle violazioni dei diritti umani e all’espansione degli insediamenti.

Nel contesto di queste tensioni, il Segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha più volte chiesto misure per proteggere i civili. Guterres ha sottolineato l’importanza di un’azione umanitaria urgente e di una soluzione politica duratura per il conflitto, ma le sue dichiarazioni sono state accolte con scetticismo da parte di Israele. Infatti, dopo le critiche espresse da Guterres sulla violenza e le vittime civili, il governo israeliano ha reagito dichiarandolo “persona non grata”, accusandolo di non condannare adeguatamente le aggressioni iraniane e di non considerare il contesto delle operazioni israeliane in risposta alle minacce.

Il ruolo dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, è cruciale per la fornitura di servizi essenziali come educazione e assistenza sanitaria. Tuttavia, Israele ha criticato l’agenzia per la gestione delle scuole e per l’accusa di diffondere ideologie estremiste. Recentemente, il finanziamento dell’UNRWA è stato messo in discussione, poiché alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, hanno ridotto il loro sostegno, complicando ulteriormente la situazione umanitaria dei palestinesi.

Inoltre, le tensioni si sono intensificate durante le sessioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove le divisioni tra i membri permanenti, in particolare tra Stati Uniti e Russia, hanno ostacolato l’adozione di risoluzioni efficaci. La mancanza di un consenso internazionale ha alimentato frustrazione tra i palestinesi e ha reso più difficile trovare una soluzione diplomatica.

Israele è stato frequentemente accusato di violazioni del diritto internazionale, in particolare per le sue azioni nei territori occupati e nella Striscia di Gaza. Le principali violazioni riguardano l’espansione degli insediamenti, il bombardamento aereo su Gaza e le restrizioni alla libertà di movimento. Osserviamo le violazioni di diritto nel dettaglio.

Violazioni di diritto internazionale che Israele compie con il suo espansionismo

La costruzione di insediamenti nei territori occupati della Cisgiordania e a Gerusalemme Est continua nonostante le ripetute condanne internazionali. Questa pratica è considerata illegale dal diritto internazionale, in particolare dalla Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta il trasferimento di popolazioni in territori occupati. A questi insediamenti si aggiungono le operazioni militari, che hanno portato a un elevato numero di vittime civili, tra cui donne e bambini. L’ONU e diverse organizzazioni non governative hanno documentato le conseguenze devastanti di questi bombardamenti, accusando Israele di violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra.

Inoltre, il blocco di Gaza, imposto da Israele dal 2007, ha portato a una crisi umanitaria, limitando l’accesso a beni di prima necessità, assistenza sanitaria e opportunità economiche. La situazione è stata descritta come insostenibile, con un impatto drammatico sulla vita dei palestinesi. Le operazioni militari hanno anche portato alla distruzione massiccia di infrastrutture civili, come scuole e ospedali, contribuendo ad alimentare le accuse di genocidio contro lo Stato israeliano.

Numerosi stati e organizzazioni internazionali hanno accusato Israele di genocidio nei confronti del popolo palestinese. Nel 2021, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha avviato un’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani, parlando di possibili crimini di guerra. Paesi come Turchia, Iran e Sudafrica hanno ufficialmente accusato Israele di genocidio e pulizia etnica, sostenendo che le politiche israeliane mirano alla distruzione sistematica del popolo palestinese.

Le dichiarazioni di vari leader mondiali hanno messo in luce la gravità della situazione, con alcuni che hanno invitato a una risposta internazionale più decisa per porre fine alle violazioni. Tuttavia, la comunità internazionale rimane divisa: alcuni paesi supportano fermamente Israele, mentre altri chiedono giustizia per le vittime palestinesi. Queste violazioni e accuse hanno aperto un ampio dibattito a livello globale su come affrontare il conflitto israelo-palestinese e promuovere una soluzione duratura che rispetti i diritti di tutte le parti coinvolte.

Israele: imperialismo o espansionismo?

La differenza tra espansionismo e imperialismo è cruciale per comprendere il conflitto israelo-palestinese. L’espansionismo si riferisce alla strategia di un paese di estendere il proprio territorio o la propria influenza, spesso attraverso l’acquisizione di nuove terre o l’influenza su altre nazioni. Questo comportamento può manifestarsi attraverso la costruzione di insediamenti e l’occupazione di territori già abitati. L’imperialismo, al contrario, implica un dominio politico, economico e culturale su altri paesi o territori, mantenendo un controllo che può essere diretto e opprimente.

Nel caso di Israele, le sue politiche possono essere viste più come un espansionismo che tende a ridefinire i confini e a stabilire insediamenti nei territori palestinesi, piuttosto che un’imposizione imperialista nel senso classico. Tuttavia, questo espansionismo si traduce in pratiche che evocano gli aspetti più oscuri dell’imperialismo, come le violazioni dei diritti umani e l’oppressione dei palestinesi. I confini di Israele, infatti, sono spesso percepiti come labili e contestabili, non solo a causa delle politiche di insediamento ma anche a causa della continua violenza e delle tensioni che ne derivano. Questa incertezza territoriale non solo complica ulteriormente la questione palestinese, ma alimenta anche una spirale di conflitti e vendette che sembrano non avere fine.

Le azioni di Israele, dalla costruzione di insediamenti illegali fino ai bombardamenti aerei su Gaza, hanno sollevato gravi preoccupazioni a livello internazionale. Le politiche israeliane di blocco della Striscia di Gaza limitano l’accesso a beni essenziali e assistenza umanitaria, aggravando una crisi umanitaria già drammatica. Inoltre, le demolizioni di abitazioni palestinesi e gli arresti arbitrari di palestinesi, compresi i minorenni, hanno sollevato allarmi per le violazioni dei diritti umani.

Il mondo ci osserva, e lo stiamo deludendo

Israele ha giustificato queste misure affermando di agire per la propria sicurezza, ma queste affermazioni si scontrano con la realtà di una popolazione civile che vive in condizioni di oppressione e paura. La violenza indiscriminata durante le operazioni militari e l’uso di armi letali contro manifestanti pacifici rappresentano violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. La situazione è ulteriormente complicata dal controllo militare sulla libertà di movimento dei palestinesi, che si traduce in restrizioni quotidiane che limitano l’accesso ai servizi fondamentali.

In sintesi, sebbene l’espansionismo di Israele possa non manifestarsi attraverso un dominio coloniale tradizionale, le sue politiche e pratiche comportano gravi violazioni dei diritti umani e il deterioramento delle condizioni di vita dei palestinesi, configurando una realtà di oppressione che solleva interrogativi sia sul piano etico che giuridico.

Di fronte a questa triste realtà, è imperativo non solo riconoscere le ingiustizie, ma anche lottare per una soluzione che garantisca dignità e diritti a tutti gli individui coinvolti. Non possiamo più rimanere in silenzio di fronte alle sofferenze immonde e incommentabili di un popolo costretto a vivere sotto un regime di occupazione e oppressione. La speranza di un futuro giusto e pacifico per la Palestina richiede il coraggio di rompere il silenzio e sfidare l’ingiustizia. Attraverso un impegno collettivo e un giusto funzionamento dei meccanismi internazionali, forse, possiamo sperare di costruire una società che riconosca i diritti umani di tutti, senza eccezioni.

Maria Paola Pizzonia