Israele attacca l’Iran con un raid su Teheran e altre città: vendetta e strategia, il “Giorno del Pentimento” è un chiaro avvertimento all’Iran.
Nelle prime ore del mattino, l’operazione israeliana “Giorni del Pentimento” ha preso vita. C’è stata una risposta ai continui attacchi lanciati dal territorio iraniano verso Israele. Le Forze di Difesa israeliane (Idf) hanno lanciato una serie di attacchi aerei mirati contro siti militari in Iran. L’operazione è stata studiata nei minimi dettagli e ha portato alla distruzione di numerosi obiettivi strategici. Il tutto, senza coinvolgere infrastrutture civili come invece a Gaza. L’attacco si inserisce in un quadro di tensione regionale dove l’ombra di una guerra aperta è sempre più vicina. Ma cosa è successo davvero durante questo raid notturno? E quali sono i messaggi che Israele vuole inviare a Teheran e al mondo intero?
L’Operazione “Giorni del Pentimento”: obiettivi, tempistica e simbolismo
Con cinque esplosioni che hanno scosso la capitale iraniana e altre città chiave, l’operazione ha preso il via intorno alle 2.15 (ora locale). Secondo quanto riportato dalla stampa iraniana, le esplosioni hanno colpito la cittadina di Islamshahr e una base militare lungo la Fath Highway, a sud-ovest di Teheran. I bersagli principali dell’offensiva sono stati identificati nei siti di produzione di missili, considerati una minaccia immediata e diretta per la sicurezza israeliana.
L’attacco è stato approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano e pianificato in tre fasi successive. Si è concentrato su diverse infrastrutture militari, tra cui basi militari, sistemi di difesa aerea, impianti missilistici e lanciatori di missili terra-terra. Il tutto è avvenuto nei distretti di Teheran, Khuzestan e Ilam, nell’Iran occidentale. Fonti come il New York Times riportano che, durante le oltre tre ore dell’operazione, l’esercito israeliano ha colpito circa venti obiettivi. Israele ha usato un centinaio di aerei, compresi jet, aerei da rifornimento e aerei spia.
L’operazione è stata battezzata “Giorni del Pentimento”, richiamando i “Dieci Giorni del Pentimento” dell’Ebraismo, il periodo tra Rosh Hashanah e Yom Kippur. Questa scelta riflette un invito al rinnovamento e alla responsabilità, valori fondamentali nella tradizione israeliana, per giustificare la difesa della nazione e del suo popolo. Secondo i comunicati ufficiali, Israele ha agito “in risposta ai mesi di continui attacchi del regime iraniano”. Israele conclude che, come ogni Stato sovrano, “ha il diritto e il dovere” di proteggersi.
Israele attacca l’Iran: il coinvolgimento degli Stati Uniti
Pur non avendo partecipato direttamente all’attacco, gli Stati Uniti hanno espresso il loro sostegno. Secondo il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, Sean Savett, si è trattato di un’azione di “autodifesa”. Continua dicendo che Israele ha dovuto rispondere ai continui attacchi missilistici provenienti dall’Iran, il più recente dei quali risale al 1° ottobre. Questa posizione americana, resa nota in una dichiarazione ufficiale, segnala il sostegno occidentale all’operazione israeliana. Ciò rafforza l’asse tra Tel Aviv e Washington in un momento di intensificazione della tensione regionale.
L’Idf ha mandato un chiaro messaggio a Teheran, dichiarando che l’Iran avrebbe pagato “un caro prezzo” per ogni ulteriore tentativo di escalation. A confermare il tono minaccioso delle dichiarazioni israeliane è stato anche il portavoce Daniel Hagari. Egli ha ribadito che Israele è “pronto a rispondere” a qualsiasi altra provocazione. L’azione, secondo fonti citate da Axios, sarebbe stata preceduta da un messaggio di avvertimento veicolato attraverso il Ministero degli Esteri olandese. Nel messaggio si invitava l’Iran a non reagire per evitare un conflitto più ampio. Israele, infatti, aveva delineato chiaramente i bersagli dell’attacco, escludendo siti nucleari e giacimenti petroliferi. Tuttavia, sottolinea poi che la reazione iraniana potrebbe comportare attacchi israeliani ancora più potenti.
Israele attacca l’Iran, contesto e precedenti: l’offensiva in Siria e la reazione di Damasco
L’operazione si colloca all’interno di un più ampio contesto di tensioni tra i due paesi, esacerbato da episodi recenti. L’attacco iraniano del 1° ottobre, che ha visto il lancio di circa duecento missili contro Israele, inclusi missili ipersonici, è stato uno dei fattori scatenanti. Questo episodio, secondo Teheran, è stato una rappresaglia. L’Iran rispondeva all’uccisione di leader militari collegati a Hezbollah in Libano. Inoltre, reagiva alla morte di Ismail Haniyeh, leader di Hamas, attribuita a Israele. Questo episodio è solo l’ultimo di molti conflitti tra i due paesi. La continua interferenza dell’Iran nella politica della regione e il suo supporto a gruppi come Hamas e Hezbollah sono elementi che mantengono alta la tensione e rendono ogni scambio di attacchi un evento ad alto rischio di escalation.
Oltre agli attacchi in Iran, Israele ha lanciato raid su obiettivi in Siria, dove l’esercito di Damasco ha intercettato “obiettivi ostili” nei pressi della capitale. Questo intervento multiplo ha ampliato il raggio d’azione israeliano, nonostante la Siria abbia prontamente dichiarato di aver intercettato e respinto numerosi attacchi.
Israele attacca l’Iran, seguiranno nuovi equilibri o ulteriore escalation?
Alla conclusione dell’operazione, Israele ha dichiarato di aver raggiunto tutti gli obiettivi prefissati, concedendosi ora una “maggiore libertà d’azione anche in Iran”. Le autorità israeliane non hanno escluso ulteriori interventi, lasciando intendere che qualsiasi risposta iraniana verrebbe duramente repressa. Intanto, Teheran ha confermato che i danni sono stati “limitati” e non hanno destabilizzato le sue capacità difensive.
L’attacco, che vede l’ombra di una guerra aperta, rappresenta un episodio chiave per le relazioni internazionali in Medio Oriente. Con il supporto indiretto degli Stati Uniti e una strategia ben precisa, Israele invia un messaggio forte e chiaro: la sicurezza del paese viene prima di tutto, e qualsiasi minaccia troverà una risposta pronta e, potenzialmente, devastante.
L’attacco israeliano contro l’Iran mostra ancora una volta l’ossessione di Israele per la propria sicurezza, un’ossessione che, per molti, rasenta l’ipocrisia. Mentre si scaglia contro l’Iran per la “minaccia alla stabilità”, Israele continua a bombardare Gaza, infliggendo devastazioni e morte tra i civili palestinesi. La sua retorica di difesa suona vuota quando è responsabile di un’escalation che mette in ginocchio intere comunità. Tuttavia, c’è un rischio strategico nel moltiplicare i fronti di attacco. Israele, estendendo le operazioni militari da Gaza alla Siria e ora all’Iran, sta esponendo le sue risorse e rischia di logorare la propria potenza bellica. La scelta di frammentare le proprie offensive potrebbe non rafforzare, ma erodere la capacità di Israele di mantenere il controllo. Paradossalmente, proprio questa ossessione per la sicurezza potrebbe finire per mettere Israele stesso in pericolo, minando la sua capacità di controllo e protezione a lungo termine.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine