Aldo Moro: cade oggi il 42esimo anniversario del suo rapimento

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Aldo Moro rappresenta ancora oggi, a distanza di 42 anni dalla sua morte, una delle figure più autorevoli della storia Repubblicana italiana.

La carriera

Brillante studente di giurisprudenza, prima, e professore di filosofia del diritto, poi, Moro fu il teorizzatore di una nuova dottrina filosofico-giuridica, illustrata nella sua immensa mole di memorie scritte tra gli anni ’40 e ’70, riguardante la teoria e l’organizzazione dello stato e le sue dinamiche interne ed il collocamento dell’Italia nella politica internazionale.

Caratterizzato dal suo inconfondibile ciuffo bianco e, soprattutto, da un linguaggio complesso ed articolato, pieno di subordinate e frasi lunghe, Aldo Moro fu uno dei fondatori della Democrazia Cristiana, di cui fu segretario nel 1959, e suo rappresentate alla Costituente.

Durante la sua carriera, ricoprì diversi ruoli di spicco, tanto all’interno del partito, quanto in politica nazionale ed internazionale; fu cinque volte Presidente del Consiglio nella IV° e nella VI° Legislatura, Ministro degli Affari Esteri, della Pubblica Istruzione e della Giustizia, nonché Presidente del Consiglio Europeo nel 1975.

L’apertura a sinistra ed il compromesso storico

Democristiano della prima ora, Aldo Moro fu tra i primi a sostenere la cosiddetta “apertura a sinistra” del partito, favorendo l’alleanza con il Partito Socialista Democratico Italiano, avvenuta nel 1962 con il quarto governo Fanfani, e fu attore protagonista, negli anni ’70, insieme ad Enrico Berlinguer, del processo di riavvicinamento tra le opposte forze politiche della DC e del PCI, denominato “compromesso storico”.

Dopo l’exploit del PCI alle elezioni del 1975, ritornò al centro del dibattito politico l’idea morotea di un maggior coinvolgimento del Partito Comunista finalizzato a dare una nuova spinta alla stagione riformista del paese.

Lungi dall’essere, come molti lo etichettavano, come colui che voleva portare i Comunisti al potere, Moro fu un sostenitore della politica dell’alternanza, essendo convinto che l’Italia non si sarebbe potuta considerare come una democrazia compiuta finché avrebbe escluso aprioristicamente la possibilità che il PCI, rappresentante di una larga parte della popolazione, facesse parte di una compagine governativa, spingendo, di contro, il Partito Comunista ad accettare la collocazione dell’Italia nell’alleanza atlantica.

La storica stretta di mano tra Luigi Berlinguer e Aldo Moro. Roma 03-05-1977 – fonte: LaPresse Archivio Storico Politica

Il rapimento

Proprio oggi cade il 42esimo anniversario del rapimento di Aldo Moro.

Il 16 marzo 1978, in via Fani, nel quartiere Cammilluccia di Roma, un commando di 14 brigatisti, composto da Rita Algranati, Barbara Balzerani, Anna Laura Braghetti, Germano Maccari, Alessio Casimirri, Alvaro Lojacono, Raimondo Etro, Adriana Faranda, Franco Bonisoli, Raffaele Fiore, Valerio Morucci, Prospero Gallinari, Mario Moretti e Bruno Seghetti, rapì Aldo Moro.

Lo statista si trovava a bordo della Fiat 130 blu ministeriale, e si stava dirigendo a Montecitorio per votare la fiducia al quarto governo Andreotti.

Il commando trucidò l’intera scorta, composta da Oreste Leonardi, maresciallo dei Carabinieri, Medaglia d’oro al valor civile; Domenico Ricci, appuntato dei Carabinieri, Medaglia d’oro al valor civile; Francesco Zizzi, vice brigadiere di Pubblica sicurezza; Giulio Rivera, agente di Pubblica sicurezza; Raffaele Iozzino, agente di Pubblica sicurezza, Medaglia d’oro al valor civile.

Tutto avviene in pochi minuti, alle 9:02 quattro brigatisti esplosero un’intensa raffica di proiettili; al termine del conflitto a fuoco, Moro fu caricato di peso su un’auto e portato via.

Poco dopo, con una telefonata all’Ansa, i brigatisti rivendicarono la strage ed il sequestro dello statista.

Moro fu tenuto in prigionia per 55 giorni in un appartamento in via Montalcini 8, nel quartiere Portuense, giorni durante i quali si scontrarono due diverse fazioni; chi sosteneva la necessità di trattare con le BR e chi rifiutava in toto la possibilità di trattativa.

Preziose sono le sue missive scritte durante la prigionia, di cui non vennero mai trovati gli originali, da cui traspare tanto la sofferenza quanto la dignità di un uomo che spese tutta la sua vita al servizio della Nazione.

Durante il sequestro, Moro fu interrogato e “processato da un tribunale del popolo” che decreterà la sua condanna a morte, avvenuta del maggio del 1978.

Foto di Aldo Moro durante i suoi giorni di prigionia immortalato dalle Brigate Rosse

Il ritrovamento del corpo

II suo corpo verrà ritrovato il 9 maggio in via Caetani, nel portabagagli di una Renault rossa dove Moro fu fatto salire. Dopo averlo coperto con un lenzuolo, gli spararono dodici colpi, uccidendolo.

La scelta del luogo dove lasciare il corpo ormai esanime non fu casuale, via Caetani si trovava vicino sia a piazza del Gesù, dov’era la sede della Democrazia Cristiana, sia a via delle Botteghe Oscure, sede del Partito Comunista Italiano.

Alla notizia della morte di Aldo Moro, i parenti diffusero un comunicato:

La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità dello Stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro. Ciò vuol dire: nessuna manifestazione pubblica o cerimonia o discorso; nessun lutto nazionale, né funerali di Stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia.

SEGUICI SU
FACEBOOK
TWITTER
INSTAGRAM
REDAZIONE ATTUALITA’