Amanda Lear e la storia d’amore folle con Salvador Dalì: “Era ossessionato da me”

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Di Redazione Metropolitan

Amanda Lear e Salvador Dalì si conobbero nel 1965 a Parigi, in un locale notturno, Le Castel. Nonostante, in quel periodo la Lear fosse fidanzata con Tara Browne, questo non impedì che tra lei e l’artista scaturisse da subito una profonda sintonia. Il pittore surrealista fu colpito dalla bellezza androgina e fuori dai canoni della donna e la volle assolutamente come modella.

Amanda posò per alcune opere come Venus to the Furs e Vogué, e partecipò a molti dei suoi progetti cinematografici. Inoltre, era frequentemente al suofianco nelle conferenze stampa e durante gli incontri con i media. Amanda definì il loro rapporto come un matrimonio spirituale, un legame, sì sentimentale ma al di fuori dei canoni comuni. Ventotto anni dopo la morte dell’artista, ai fini di stabilire una presunta paternità, sempre secondo la sua musa, il catalano non avrebbe mai potuto concepire un figlio. “Non aveva vita sessuale. Le sue passioni erano solo cerebrali. Mi diceva che in vita sua mai aveva penetrato una donna“.

Amanda Lear, classe 1939, ha cominciato la sua carriera negli anni Sessanta come modella. Infatti, nel corso degli anni è stata cantante, scrittrice, attrice, conduttrice, ma si è sempre distinta per il suo lavoro come modella. Già nel 1973 posa per la copertina dell’album For Your Pleasure dei Roxy Music, grazie alla quale conosce e intraprende una storia d’amore con il grande David Bowie.

La lunga vita di Amanda Lear le ha permesso di conoscere artisti da ogni parte del mondo. È celebre poi per la sua lunga storia d’amore con l’artista Salvador DalìDalì aveva 40 anni più di lei: per lei non è mai stato un problema, tanto da instaurare una vera e propria relazione a tre con lui e la moglie Gala. I due si conoscono nel 1965 in un locale notturno di ParigiLe Castel. Amanda colpì il pittore per il suo aspetto androgino, e il suo corpo quasi scheletrico. Andava oltre i canoni di bellezza dell’epoca.

Lui ne divenne quasi ossessionato, e la rese la sua musa. La loro fu una relazione che durò per ben 15 anni, dove Amanda Lear seguiva ovunque Dalì, che la chiamava “mi àngel“. Il fatto che usasse il maschile diede adito ad alcune voci che sostenevano che in realtà lei fosse un uomo. Lei non se la prese, tanto da cavalcare l’onda del successo anche grazie a questi pettegolezzi.

“Era molto più vecchia di Dalì, quindi non le interessava più di uscire con lui, se lo portava dietro da 50 anni. E il nostro era un ménage a trois. Dalì era innamorato spiritualmente di sua moglie Gala, ma amava anche me. Diceva che era pazzo del mio scheletro perché ero molto magra” ha dichiarato poi Amanda, alla fine della loro storia.

Da quel momento Amanda Lear divenne la musa ispiratrice di Salvador Dalì

«La vuole sapere la cosa più strana del mio ménage-à-trois, con Salvador Dalì e Gala (Éluard Dalí, moglie del pittore, ndr)? La curiosità della gente, che non finisce mai», dice Amanda Lear, ridendo a Vanity Fair. «Ma cosa ci sarà di così strano a stare in tre invece che due? Lo fanno tutti: dai re, ai principi, perfino i presidenti della Repubblica e molti comuni mortali….», continua Amanda, che attribuisce il merito della sua riuscita relazione multipla, durata 17 anni,  all’intelligenza e al savoirvivre della moglie del suo amante. «Gala era un’esperta di triangoli: lo aveva già vissuto, con lei al centro, insieme al primo marito Paul Eluard e a Max Ernst, che condussero un’interessante vita a tre, prima di partire, insieme, per una vacanza a Cadaqués, dove Gala incontrò Salvador. Per quest’uomo 11 anni più giovane di lei, lasciò marito e amante e decise di sposarsi per la la seconda volta», mi racconta Amanda, non nascondendo una certa nostalgia per quel periodo. «Questa donna straordinaria fu di una generosità assoluta: mi accolse immediatamente in seno alla sua coppia. Siamo rimaste amiche fino alla sua morte, capiva che ero una ricchezza, non un ostacolo», continua la soubrette, aggiungendo: «Certo, per realizzare un triangolo come il nostro occorre una certa classe. Non eravamo la coppia del commendatore squallido, con la villa in Sardegna, che ha l’amante nascosta e mantenuta, a cui racconta in continuazione bugie.Volavamo molto alti, non ci nascondevamo mai, anzi, andavamo tutti e tre insieme in vacanza, alle prime teatrali, a Parigi, a Londra, a New York, eravamo felici e innamorati pazzi…». Non eravate gelosi? «Mai, non lo siamo mai stati. La gelosia è un sentimento molto borghese, che non faceva parte della concezione che avevamo della vita». «Si immagina persone come noi, che frequentavamo Andy Warhol, Fellini, Rostropovich o Onassis, fare scenate di gelosia? Eravamo su altri livelli», racconta la donna che non avrebbe mai voluto prendere il ruolo della moglie. «In un triangolo meglio fare l’amante. Non hai il nome o il conto in banca, ma sei libera, non hai doveri, solo piaceri: la legge o la religione non ti obbligano ad essere fedele fino alla morte e non hai bisogno di stare con il tuo amante tutti i  giorni, vederlo mentre si lava i denti o sta sotto la doccia», dice la cantante, che all’epoca della sua relazione con il pittore surrealista viveva fra Londra e Parigi ed era all’apice della sua lunga carriera.

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