“Animali notturni”: il secondo film di Tom Ford su Iris

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Di Redazione Metropolitan

Animali notturni” è il romanzo che Edward (Jake Gyllenhall) fa consegnare dopo diciannove anni di silenzio  alla sua ex moglie Susan (Amy Adams), gallerista di successo, sposata con il bello, benestante ma sempre più evanescente Hutton. Susan è ricca, realizzata nella propria professione e profondamente insoddisfatta.

Ha tutto ciò che può desiderare, ma le manco ciò di cui ha davvero bisogno. “Animali notturni” è dedicato a Susan, e la donna, nella sua insonne solitudine, lo divora nel corso di poche notti. Il romanzo, ambientato nel Texas da cui entrambi provengono, racconta l’improvviso affondare nell’incubo da parte di una famiglia – Tony, Laura e figlia adolescente India – finiti nelle grinfie di un gruppo di delinquenti locali. L’episodio ha la più orribile delle conclusioni e, con l’aiuto del detective Andes (Michael Shannon) Tony cercherà di ottenere giustizia, vendetta o una spiegazione qualunque alla propria tragedia.

“Animali notturni”: la poetica di Tom Ford

Dietro alla macchina da presa Tom Ford aveva già dimostrato di saperci fare, eccome, con il suo esordio cinematografico “A single man” del 2009. Una pellicola intensa, tesissima e struggente, con il raro merito di saper unire l’estrema eleganza della forma ad una sostanza vera. Sangue e dolore quasi misurabili. “Animali notturni” rappresenta lo step successivo di un certo tipo di poetica che a questo punto inizia ad  apparire propria e distintiva di Ford. Ma anche un’evidente evoluzione della sua narrativa. La sostanziale sequenzialità degli eventi narrati nel film del 2009 viene lasciata da parte e sostituita da una continua e perfetta sovrapposizione di piani narrativi.

La vita di Susan, le vicende narrate nel romanzo, la storia passata tra lei ed Edward. Tre linee narrative all’apparenza solo vagamente connesse ma che stringono vicendevolmente con lentezza e sistematicità le proprie spire finendo per fondersi in una narrazione unica e unificante di lutto, dolore e diverse, personali vie alla sopravvivenza. Tre linee narrative ognuna con la propria specifica grammatica filmica. E’ eccezionale la maestria con cui Ford riesca ad accordare temi e mood tanto divergenti ed antitetici in una sintesi efficace e coerente. L’emotività repressa della Susan quotidiana, costretta ad un ordine delle cose che ogni giorno diventa più opprimente e frustrante; la Susan “animale notturno” cui la comunicazione indiretta di Edward risvegli dinamiche sopite e represse vent’anni prima; la brutale allegoria mccarthyana delle pagine del romanzo.

Tante storie, un’unica storia

Elegante e sempre fermo ad un centimetro prima del finire nel compiacimento estetico fine a se stesso, Ford ha il merito non scontato di saper subordinare il proprio gusto per l’immagine alla sottile talento narrativo di non perdere mai il movente primo della propria narrazione. E poi un’eccezionale Amy Adams, prismatica nell’essere egualmente efficace nelle tante Susan con cui ha a che fare, tanto quanto Jake Gyllenhall sa ottimamente destreggiarsi tra il giovane Edward e la propria controparte cartacea.  Edward è uno scrittore talentuoso ma un partito non particolarmente affidabile secondo i canoni alto borghesi della famiglia di Susan. Canoni che lei stessa si ritroverà ad assecondare, come da profezia materna, terrorizzata da quella presunta weakness con cui Edward approccia alla vita, con quei romantici sogni costruiti intorno alla scrittura.

La sua sublimazione dell’immenso dolore (e del lutto) del fallimento della sua storia con Susan la trova nello scrivere le vicende estreme, sanguinose di “Animali notturni”, in una vicenda che troverebbe facilmente posto tra le pagine di un Cormac McCarthy. Il Texas rurale, il vuoto lunare del deserto come un cuore di tenebra popolato da demoni votati al totale nichilismo. L’esistenza che, in qualsiasi maniera si decida di condurla, ha la prospettiva di realizzazione di un casuale tiro di dadi. Un luogo dove l’unica via ad una possibile pace è l’andare in fondo alle cose, qualsiasi cosa debba significare. Tony non sa cosa cercare ma, guidato dall’essenziale quanto empatico Andes – un ottimo Michael Shannon – , va incontro a qualcosa.

La fine non è la fine

Che sia giustizia, vendetta o qualcos’altro, poco importa. Esattamente come fa Edward. Il lento, nuovo corso degli eventi cui il suo romanzo da il via raggiunge un nuovo vertice, se non una conclusione. Per se stesso e per Susan. Cosa significhi davvero non è dato a sapere, ma non è nemmeno così importante: è pur sempre una questione di prospettive.

Andrea Avvenengo

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