Anniversario della Strage di Piazza Fontana e rimasugli di cultura fascista

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Di Maria Paola Pizzonia

A 50 anni dall’attentato e strage di piazza Fontana non si può fare a meno di notare come l’Italia è ancora alle prese con rimasugli di cultura fascista nella politica.

Era il 12 dicembre 1969 ed erano le quattro e mezza, quando una bomba esplose davanti alla banca dell’agricoltura di Milano. L’attentato costò la vita di 17 persone, con altri 88 feriti. Anche se nessuna organizzazione rivendicò la responsabilità sappiamo tutti che l’attentato, la Strage di Piazza Fontana, non è una casualità. Raccontiamo il retroscena di questo tragico evento e ricordiamo come simili eventi, in quel periodo, erano aumentati ed erano destinati ad aumentare.

Parliamo di un’era polarizzata e violenta. Un periodo della storia italiana torbido e movimentato che sarebbe culminato con il rapimento e assassinio del politico democristiano Aldo Moro. Ma non solo questo è stato il terrorismo in Italia: analizziamo di seguito il devastante attentato e vediamo come la politica unisce, come se ci fosse un filo a cucirli insieme, eventi anche apparentemente distanti. La Strage di Piazza Fontana è un momento che esprime il terrorismo politico extra-parlamentare troppo poco spesso ricordato.

Strage di piazza Fontana photo credits: futura.news

La strage di piazza fontana e l’intuizione di Aldo Moro:

Avvenne, nel 1969, che alla stazione ferroviaria di Bologna un attentato uccise 85 persone e ne ferì 200. Nessuna organizzazione rivendicò la responsabilità.

La Strage di Piazza Fontana, non è un attentato qualsiasi. Non è venuto fuori dal nulla. Troppo spesso dimentichiamo di analizzarne il contesto: il clima di tensione era già alto e incidenti simili erano aumentati nei mesi e negli anni precedenti. Soprattutto, molti altri ne sarebbero seguiti.

Gli autori di questo tipo di attentati provenivano da tutto uno spettro politico che si estende nei gruppi di destra extraparlamentare e neofascisti che cercavano di salvare il progetto fallito di Mussolini, ma anche organizzazioni di estrema sinistra non erano aliene alla narrazione del terrorismo politico. L’enorme numero di tali organizzazioni, la severità del loro linguaggio e la brutalità delle loro tattiche è stato a lungo visto da molti storici come il punto più basso della storia dell’Italia del dopoguerra.

Aldo Moro, nel memoriale che scrisse durante la prigionia del 1978, parlò dell’evento. Sappiamo dalle sue precedenti lettere personali (ovviamente non parliamo delle lettere durante la prigionia) che venne informato della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 mentre si trovata a Parigi. Egli dichiarò, poi, di avere avuto subito la certezza che la pista da indagare fosse quella neo-fascista, funzionale a determinare una svolta reazionaria in Italia.

“Le telefonate, intrecciatesi tra Parigi e Roma nelle ore  successive, non potettero darci nessun chiarimento, ma solo la sensazione che qualche cosa, almeno al momento, di oscuro e d’imprevedibile, si fosse messo in moto.

Aldo Moro, Memoriale Moro

Tra gli altri attentati di questo periodo, però, Piazza Fontana si distingue per un motivo in particolare. Cioè per quanto rivela sulla natura dello Stato italiano e sul suo rapporto con un dei “poteri nascosti”.

Non c’era solo la strage Piazza Fontana tra gli attentati di matrice fascista:

Ricordiamo che gli attentati terroristici di quel giorno furono cinque. Furono tutti concentrati in un lasso di tempo di appena 53 minuti e colpirono contemporaneamente Roma e Milano, le due maggiori città d’Italia.

  • A Roma ci furono tre attentati (ed in tutti 16 feriti) uno alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, uno in piazza Venezia e un altro all’Altare della Patria.
  • A Milano ritrovarono una seconda bomba, inesplosa, in piazza della Scala.
  • Oltre a quelli menzionati, obiettivi degli attentati furono diversi edifici giudiziari (il Palazzo di Giustizia a Torino, la Corte di Cassazione e la Procura Generale a Roma, il Tribunale di Milano), dove però, a causa di difetti tecnici, i dispositivi non esplosero.

Misteriose vicende legate alla strage di piazza fontana e all’organizzazione fascista “Ordine Nuovo”

Subito dopo il bombardamento, i gruppi anarchici sono stati rapidamente identificati come i colpevoli, ma senza un adeguato numero di prove. In un clima di diffusa paura e paranoia, 80 persone sono state arrestate sulla base di prove inconsistenti e congetture pubbliche.

Un uomo, un ferroviere di nome Giuseppe Pinelli, “è caduto mortalmente” dalla finestra del quarto piano di una stazione di polizia. Altri sono stati detenuti o posti sotto sorveglianza per anni. Eppure le indagini immediate non hanno portato a nulla. Non è stato fino al 1972 che le nuove testimonianze sono state prese sul serio e un’organizzazione di estrema destra chiamata Ordine Nuovo è stata sospettata.

Per farla breve, l’ultima importante notizia è del 2001. Carlo Digilio, anch’egli membro di Ordine Nuovo, è stato legato definitivamente all’attentato. Le indagini hanno quindi portato all’emersione di un nome solo, anche se sappiamo che Digilio non ha agito da solo.

Molti dei membri di Ordine Nuovo furono chiamati a processo insieme agli anarchici, processo che si trascinò fino alla fine degli anni ’80. Alla fine due uomini, Giovanni Ventura e Franco Freda, furono condannati per altri attentati minori, ma non per Piazza Fontana stessa.

Il terrorismo in Italia provocò non solo la morte di una personalità fondamentale della Repubblica come Aldo Moro. Il terrorismo colpì, nella sua forma neofascista, a Piazza Fontana a Milano, Piazza Loggia a Brescia, alla stazione di Bologna. Le vittime sono molte: tra il 1969 e il 1980; lasciò dietro di sé, nella sua versione di estrema sinistra, una serie di cadaveri colpendo giudici, giornalisti, politici. Ma anche lavoratori di fede comunista e sindacalisti che si erano ribellati al metodo stragista.

La strage di Piazza Fontana non è solo una “strage fascista” , i suoi legami sono complessissimi:

Partiamo dal fatto che Digilio non era semplicemente un neofascista. Prima di entrare in Ordine Nuovo aveva lavorato per i servizi segreti.

C’è poi la questione della P2, un’organizzazione massonica che comprendeva funzionari statali e che si adoperò attivamente per interrompere le indagini su Ordine Nuovo.

La strategia non era particolarmente sofisticata o approfondita, ma si basava su uno schema sostanzialmente lineare:

L’obiettivo era creare uno stato di allarme sociale diffuso che creasse un compattamento della maggioranza silenziosa costituita dai ceti medi.

Nel 2000 il governo di centrosinistra di Romano Prodi dichiarò ufficialmente che la CIA era a conoscenza dell’attacco in anticipo e scelse di nascondere tale informazione ai servizi segreti italiani. Presi insieme, questi fatti hanno profonde implicazioni. Piazza Fontana non è stata una tragedia isolata, ma parte di una “strategia della tensione” internazionale che ha visto nell‘escalation della violenza, piuttosto che il contenimento o la lotta alla stessa, un’opportunità per dietrologia politica.

La strage della Banca dell’Agricoltura non fu nemmeno la più atroce tra quelle che hanno insanguinato l’Italia. Tuttavia diede avvio al periodo stragista della sovra-citata “strategia della tensione”, che vide realizzarsi numerosi attentati, come:

  • la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 (8 morti),
  • la strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 (12 morti)
  • la strage di Bologna del 2 agosto 1980 (con ben 85 morti).

Alzare il livello di tensione nelle strade era visto come il modo più efficace per prevenire la così tanto temuta “rivoluzione”.

La conclusione delle indagini:

Le lunghe e innumerevoli indagini hanno rivelato quindi (non senza fatica!) che la strage fu compiuta da terroristi dell’estrema destra, probabilmente collegati a settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato con complicità e legami internazionali.

Le piste internazionali non portarono a molti risultati al livello di condanne: i possibili responsabili quali nel panorama extra-statale sono mai stati perseguiti. Tuttavia, nel suolo nazionale, qualche passo avanti è stato fatto nelle indagini.

Nel giugno 2005 la Corte di Cassazione stabilì che la strage fu opera di:

«un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura»

Corte di Cassazione, 2005

Tuttavia i terroristi non sono ad oggi più perseguibili. Questo in quanto sono stati precedentemente assolti con giudizio definitivo (ne bis in idem) dalla Corte d’assise d’appello di Bari nel 1987.

Nota: il brocardo latino ne bis in idem (letteralmente non due volte per la stessa cosa) esprime un principio di civiltà che garantisce che non possa esserci, per uno stesso fatto, un nuovo procedimento nei confronti di un imputato – prosciolto o condannato – già giudicato in via definitiva.

Interessante fatto è che non è mai stata emessa una sentenza per gli esecutori materiali, coloro che cioè portarono la valigia con la bomba, che restano ignoti.

A causa del ricorso al segreto di Stato durante le indagini, la storia giudiziaria della strage di Piazza Fontana rappresenta sul versante terrorismo quello che il golpe Borghese rappresenta sul versante dell’eversione. La pista di ordine nuovo e della strategia della tensione è comprovata storicamente e giuridicamente.

L’importanza della narrazione storica e la responsabilità di raccontarla in maniera imparziale

Piazza Fontana viene spesso trattata come una storia sensazionalista. Se ne vogliono delegittimare le analisi delle cause profonde, minimizzare i legami politici che sono dietro alla stessa fino a farla addirittura sembrare una teoria del complotto.

Trattare gli eventi come una sorta di trama romanzata di un film noir, tuttavia, non è solo irresponsabile: danneggia attivamente la società civile.

Non possiamo permettere che narrazioni di nessun genere falsino l’analisi storica degli avvenimenti che hanno attraversato l’Italia. Lasciare che la politica influenzi la memoria è pericolosissimo per una democrazia: deforma la percezione dei valori democratici e li piega a dietrologie che fanno sì parte della politica da sempre, ma che è sempre più necessario superare per perseguire un modo equo ed etico di organizzare la popolazione. La democrazia non è soltanto una parola, è un sistema politico che si è dato l’obiettivo di perseguire l’uguaglianza e il progresso umano. La democrazia non è un termine vuoto, è un’insieme di policy basate su un sistema di valori. Per evitare che questi valori perdano di significato, e con loro l’intero sistema politico, non possiamo dimenticare né manipolare la storia. Questo resta un dovere civico e umano.

Per questo motivo non possiamo tollerare governi che ammicchino alla destra estrema, non possiamo accettare una Presidentessa che ha dichiarato candidamente di essere fascista in gioventù e che non ha mai rinnegato di esserlo adesso.

Sono passati decenni dagli “anni di piombo”, ma la continua riluttanza dello stato ad aprire un’indagine su vasta scala su quell’era e rivelare pubblicamente chi ha preso quali decisioni e quando, è una questione con conseguenze dirette per il momento presente.

Articolo di Maria Paola Pizzonia

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