Quasi 95 anni fa Anteo Zamboni sparò a Mussolini nel fallito attentato di Bologna del 1926 venendo poi fermato e massacrato dagli squadristi. Un attentato i cui risvolti non furono mai chiariti e che vede tra i testimoni coinvolti il tenente Carlo Alberto Pasolini, il padre del famoso regista e autore Pier Paolo Pasolini.
Anteo Zamboni, l’attentato a Bologna

“Mi trovavo come spettatore accanto ai militari di prima linea che erano di cordone, presso l’angolo di via Rizzoli e di via dell’Indipendenza, quando giunse il corteo presidenziale. Mentre dalle finestre dei palazzi cadevano fiori sull’automobile del Duce, un individuo, allontanato bruscamente un soldato del cordone, ha allungato il braccio destro in direzione dell’on. Mussolini facendo l’atto di sparare. Per fortuna un maresciallo dei carabinieri, il sig. Vincenzo Acclavi, del nucleo di Trieste, dava un brusco colpo al braccio dello sconosciuto; così che il colpo, esploso in quel momento, deviava e il Duce sfuggiva per miracolo al criminoso gesto dell’attentatore. Fra i primi ad afferrare lo sparatore furono un tenente del 56º fanteria ed alcuni squadristi.”.
Questa, come riportato in “Vita di Mussolini e storia del fascismo” di Mario Fusti Carofiglio, è la testimonianza del maresciallo Francesco Burgio che fu presente all’attentato di Bologna contro Mussolini, il 31 ottobre 1926. Fu considerato autore del gesto il giovanissimo Anteo Zamboni che venne immediatamente linciato dagli squadristi fascisti a colpi di pugnale.
Il tenente che afferò per un braccio Zamboni e che testimoniò come il quindicenne avesse sparato appoggiandosi alla sua spalla sinistra era il trentaquattrenne Carlo Alberto Pasolini, padre del futuro grande autore e regista Pier Paolo Pasolini. Il proiettile di Zamboni perforò il collare dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro che Mussolini aveva aveva al collo, il bavero della sua giacca, il cappello a cilindro del sindaco di Bologna Umberto Puppini e si conficcò nella portiera dell’auto su cui il duce viaggiava in occasione della commemorazione del quarto anniversario della marcia su Roma.
Una verità mai chiarita
Le indagini fasciste si concentrarono inizialmente sui quaderni di Anteo Zamboni in cui erano contenute alcune frasi sul tirannicidio come “Uccidere un tiranno non è un delitto, è giustizia” e sulla provenienza anarchica della sua famiglia. Estinto il reato di Anteo perchè ucciso dagli squadristi, furono mosse accuse anche contro Lodovico, il fratello di Anteo poi assolto, il padre di Anteo e tipografo Mammolo e la zia Virginia che nel 1928 vennero condannati a 30 di prigione e poi graziati grazie all’intervento dell‘amico e ras dei fascisti di Bologna Leandro Arpinati. Quest’ultimo fu oggetto di diverse teorie complottiste che lo ritenevano il vero mandante dell’attentato di cui sarebbe stato vittima sacrificale Anteo Zamboni.
Un altro fascista oggetto di accuse complottiste è Roberto Farinacci, ex segretario del Pnf e all’epoca leader dell’ala estremista del partito. Infine in alcuni scritti Mammolo Zamboni disse che “Anteo andò incontro al martirio…con la ferma volontà di liberare l’Italia dalla tirannia…”. Inoltre secondo un’altra ipotesi fu Assunto, l’altro figlio di Mammolo, che aiutò il padre e la zia ad essere scarcerati grazie alla sua collaborazione con l’Ovra dopo essersi invaghito di una spia fascista.
Le circostanze del fallito attentato di Bologna del 1926 in definitiva non furono mai chiarite mentre Anteo Zamboni viene ricordato al Sacrario dei partigiani alla Certosa e da una lapide, posta all’angolo Nettuno-Bassi dove venne ritrovato il suo corpo martoriato, come “Martire… per audace amore di libertà”.
Le conseguenze dell’attentato di Bologna
Il fallito attentato di Bologna fu il pretesto per Mussolini e i suoi per un inasprimento della dittatura fascista. Furono infatti sciolti tutti i partiti, ripristinata la pena di morte, vietate le pubblicazioni di giornali antifascisti e istituito il tribunale speciale per la difesa dello stato. Vennero infine dichiarati decaduti tutti i deputati aventiniani, vennero creati gli uffici politici investigativi, la milizia volontaria per la sicurezza nazionale e disposto il confino per gli oppositori politici.
Stefano Delle Cave
Seguici su Google news





