Argentina: Racing de Avellaneda e Defensa y Justicia. Chi lo avrebbe mai detto? Una bizzarra sfida fatta per restare nel mito

Questa Superliga ‘18/’19 sta regalando una mirabolante sfida di vertice. Una sfida inedita con due protagoniste inaspettate: il Racing Club de Avellaneda e il Defensa y Justicia. Una strana coppia di duellanti che non smette di sorprendere giornata dopo giornata. Una strana coppia che sta mettendo in fila tutti, incluse le due squadre più blasonate del Sudamerica (recenti finaliste di Copa Libertadores). Un duello senza esclusione di colpi, a suon di garra, di eroi e di miti, di vittorie ottenute con unghie e denti, di sangue dai piedi, di bombos y trompetas che animano gli stadi gremiti di comunità al confine del mondo. A 9 giornate dalla fine del campionato, la Superliga argentina ’18/’19, ha già eletto le sue due protagoniste. E, certo, non si può dire che fossero quelle che ci si aspettava…

El Cilindro, stadio del Racing de Avellaneda (fonte: dal web)

Ad Avellaneda il Racing Club è un’istituzione. Lo si può apprezzare anche nel capolavoro del regista Juan José Campanella, El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi). Film che non parla di calcio, ma in cui si capisce bene cosa rappresenti il calcio nel paese di Diego Armando Maradona: è un fattore fondamentale dell’esistenza quotidiana degli argentini. Avellaneda ne è un esempio perfetto. È una cittadina (praticamente un quartiere) alle porte di Buenos Aires, dove lo stadio del Racing, El Cilindro, e lo stadio dell’Indipendiente, El Libertadores de America, si guardano. E la passione, in quell’angolo sperduto del mondo, supera ogni malinconia. Anche quella di due fratelli che tifano, giocano, corrono e lottano per i due volti di Avellaneda, i fratelli Milito (Gabriel all’Indipendiente, Diego, al Racing).

I giocatori del Racing, di questi tempi, hanno messo in atto un compromesso: giocare alla morte ogni pallone, in ogni match. «Dipende tutto da noi», dicono. E lo stanno portando avanti bene, coadiuvati da allenatore e tifosi. L’anno scorso conquistò 44 punti in 27 giornate, settimo in classifica. Quest’anno, alla giornata 16, è già a quota 39. E non sembra volersi fermare. Le caratteristiche della squadra non sono state stravolte dalla passata stagione. È rimasto il centrocampo a rombo. Il tecnico è lo stesso. Qualche giovane in più, qualche vecchio in meno. Ma qualcosa di più grosso si è modificato negli uomini di Eduardo Chacho Coudet, che sta permettendo di far sognare in grande i suoi tifosi. E quel qualcosa è la voglia. La convinzione. La passione. La cara e buona vecchia garra.

Chacho ha dato le chiavi del gioco a Lisandro Licha Lopez, attaccante trentaseienne nato nel Racing, visto in Europa tra Porto e Lione, e infine tornato da capitano nella squadra che lo ha visto crescere. Sabato l’Academia (soprannome del Racing) non ha giocato bene. Anzi, ha giocato male. Malissimo. Ma quando il gioco è poco fluido, i passaggi non riescono e la brillantezza sparisce, ecco che Licha appare, sempre. Facendo valere la gerarchia, il suo status, la sua tecnica, il suo fisico. Sabato sera ha trovato il gol che lo ha portato in testa alla classifica marcatori e che, soprattutto, ha dato altri 3 punti ai suoi, contro un agguerritissimo Aldosivi. Ed è con questi 3 punti che il Racing è tornato in vetta, dopo l’aggancio del valoroso Defensa y Justicia del pomeriggio. La strada è ancora lunga prima della fine del campionato. E il Defensa y Justicia non smette di mordere le caviglie degli uomini di Coudet. Ma il Racing de Avellaneda non ha paura. Non può averne. Dipende da loro. Non guarderà nessun’altro. Anche se, qualcun altro, c’è…

Lisandro Licha Lopez esulta dopo il gol nella vittoria in Superliga del Racing de Avellaneda (fonte: Clarin.com.ar)

E quel qualcuno è una squadra che in pochi conoscono. Quasi nessuno in realtà. Lontano dagli eroi e dalle celebrazioni. Lontano da tutto e da tutti, vagamente dispersa nel nodoso e capillare mondo metropolitano tra Buenos Aires e La Plata, a Florencio Varela: il Club Social y Deportivo Defensa y Justicia. Una squadra che vanta ben 83 anni di esistenza, passati tra l’equivalente della nostra Eccellenza, Lega Pro e Segunda. Poi, nel 2015, il secondo posto in serie B. Il miglior posizionamento della storia. La promozione in Primera. I festeggiamenti nello stadio, il Norberto Tomaghello, che ospita la bellezza di 18 mila spettatori. Ovviamente, non c’è neanche da dirlo, tutti i 120 mila abitanti di Florencio Varela hanno affollato e affollano gli umili spalti del Tomaghello da sempre. Ma di questi tempi ancora di più. Perché il Defensa y Justicia sogna in grande. In grandissimo.

Il Defensa y Justicia nel suo stadio Tomaghello durante la Superliga 17’/’18 (fonte: dal web)

Quattro vittorie e un pareggio nelle ultime 5. Vittorie targate Beccacece. Per chi segue il calcio argentino Beccacece non è certo un nome nuovo. Per chi non lo sapesse era lui quel secondo del CT albiceleste Sampaoli durante il mondiale di Russia. Ed era sempre lui quello che ha fatto infuriare molti (tra cui il più grande di sempre, Messi) per le svariate e roventi discussioni coi senatori dello spogliatoio argentino. E ora, che si gioca il titolo della Superliga, si sta togliendo qualche sassolino. Proprio sabato, dopo il match che lo ha portato in vetta alla classifica, ha dichiarato: «sì, questo gruppo si è conquistato il rispetto di tutti». E chi se lo aspettava? Un altro 1 a 0 – come quello rifilato in settimana al Monumental a quello stesso River Plate campione d’America poche settimane fa – e il Defensa si è sbarazzato del San Lorenzo de Almagro. Una partita agonica e bloccata. Ma al 92′ El Cuqui Marquez ha trovato l’imbeccata giusta, regalando i tre punti ai suoi dopo una gran giocata del collettivo. Tre punti che hanno fatto toccare il cielo con un dito ai ragazzi di Beccacece. Che, finalmente, hanno guardato tutti dall’alto in basso, per qualche ora. Poi il Racing ha vinto il suo match rocambolescamente. Ma oggi ancora di più: il Defensa y Justicia ce la può fare.

Superliga: El Cuqui Marquez, attaccante del Defensa y justicia, esulta dopo il gol all’ultimo istante contro il San Lorenzo (fonte: ole.com.ar)

Lo scrittore argentino Osvaldo Soriano ricordava spesso che l’Argentina è un paese in cui non funziona niente. In cui non si esporta niente. Niente, tranne i miti. Evita, Che, Maradona, Gardel. E in questa stagione – la Superliga – sembra pronta a consacrarne qualcun’altro. È così importante che sia El Cuqui o Licha?