Argentina, l’umiltà sale in paradiso: Defensa y Justicia in vetta alla Superliga

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Di Redazione Metropolitan

Defensa y Justicia, la squadra di Florencio Varela (120 mila abitanti) sabato sera ha raggiunto la vetta della Superliga. Sì, avete letto bene: la vetta. Una scalata che ha fatto strabuzzare gli occhi a tutti gli appassionati di calcio.

Una scalata fatta di pressing, di passione, di sogni coi piedi (e col cervello) ben puntati sul rettangolo verde. Una vetta raggiunta con giocate di qualità e di convinzione. Ma soprattutto raggiunta con un “pizzico” di follia e tanta, tantissima, umiltà.

L’umiltà di Florencio Varela

L’umiltà è quella che contraddistingue i 120 mila abitanti che riempiono lo stadio di Florencio Varela, da ben 18 mila spettatori. Anche se più che spettatori sono una banda di locos scatenati per la propria squadra. Florencio Varela la stiamo imparando a conoscere in questo periodo. È un sobborgo rannicchiato tra Buenos Aires e La Plata. Sì, è vero che la squadra vanta ben 83 anni d’esistenza. Però va detto anche che in questi 83 anni ci sono stati solo due anni di Segunda (la Serie B) e quasi un paio (quello che terminerà fra sei giornate sarà il secondo) di Superliga (Serie A).

Per il resto della sua storia il Defensa y Justicia ha giocato fra alti e bassi nell’equivalente della nostra Serie C, nell’Eccellenza e tra i dilettanti. Alle volte ci si prova e riprova per decenni, e non si riesce mai ad arrivare in cima. Invece il Defensa y Justicia ce l’ha fatta. Con Beccacece in panchina e le pernacchie un po’ di tutto il mondo del fútbol che facevano da eco al passaggio dei ragazzi in maglia gialloverde. E ora – invece – guarda tutti dall’alto in basso. Compresa la fresca vincitrice della Copa Libertadores, il River Plate.

Compresa la vice campione d’America e campione d’Argentina in carica, il Boca Juniors. Compreso quel Racing de Avellaneda che a detta di tutti gli esperti era (ed è ancora) la favorita numero uno alla vittoria del torneo. E la parola magica di questa impresa che sta maturando – e che resterà comunque vada negli annali – è “umiltà”. L’umiltà è quella che sta premiando una squadra praticamente sconosciuta che oggi padroneggia su tutte e 25 le contendenti della Superliga.

Probabilmente qualche anno fa quelle stesse contendenti si sarebbero chieste: “Defensa y Que?”. Ora, invece, quel nome è scolpito nella testa di tutti gli argentini. Defensa y Justicia.

Defensa y Justicia
Nico Fernandez, attaccante del Defensa Y Justicia esulta (fonte: ole.com.ar)

Locura (follia) y Justicia

Qualcuno ha ribattezzato il Defensa y Justicia come Locura (follia, in spangolo) y Justicia. Perché? Beh, rispondere a tale quesito non è difficile se si guardano le loro partite e i risultati che stanno ottenendo i ragazzi di Beccacece. 13 vittorie, 6 pareggi e 0 (zero!) sconfitte. Tutto ciò con una formazione con la quale avrebbe dovuto lottare per non retrocedere. O – bene che fosse andata – entrare in Copa Sudamericana (equivalente della nostra Europa League, dove si qualificano fino al decimo posto). Nessun nome eccezionale in mezzo al campo.

In panchina un chiacchieratissimo tecnico, Beccacece, allenatore in seconda dell’ex ct albiceleste Jorge Sampaoli durante il mondiale di Russia (ossia colui che pare abbia fatto infuriare tutti i senatori, compreso un certo Messi). Però…Come già detto in questa rubrica, ci sono sempre dei però: squadra tosta, generosa, valorosa, umile e, infine, coraggiosa. E così si è guadagnato il rispetto di tutti, con questa favola che è diventata realtà. Con la Cenerentola della Superliga che non è più una Cenerentola.

Defensa y Justicia
L’esultanza dei giocatori del Defensa y Justicia (fonte: ole.com.ar)

Sarà destino?

Sarà il destino, la fortuna, o qualunque altra cosa vogliate, ma anche questo sabato il Defensa y Justicia ha vinto 0 a 1 a La Plata contro il Gimnasia, grazie ad un autogol al 15’. Poi ha tenuto il possesso palla, infischiandosene del bel gioco, e portando a casa quei tre punti che gli hanno permesso di arrivare – per la prima volta nella loro storia – in vetta alla montagna. Ma la “locura” del Defensa y Justicia deriva da molto di più. Allora: al minuto 82 del match di una settimana fa contro il San Martin Tucuman la squadra di Beccacece perdeva 1 a 0, nonostante avesse giocato meglio degli avversari, avesse avuto occasioni migliori e ci avesse provato con tutto quello che aveva.

E tutti, in quel momento, ci siamo detti: “ok, è finita la favola. Doveva succedere prima o poi. Alle volte, nel calcio, bisogna saper accettare delle ingiustizie (inJusticias, in spagnolo)”. Ma d’un tratto un fulmine a ciel sereno: autogol del San Martin Tucuman e 1 a 1. La favola era salva. Claudicante, ma salva. E nonostante si dica che un fulmine non cada mai due volte nello stesso punto, al 92’, lo ha fatto. Il Defensa y Justicia ha recuperato un pallone innocuo in mezzo al campo, ed ecco il gol dell’1 a 2. “La favola, quindi, è ancora viva?” ci siamo chiesti tutti. Risposta: la favola è molto più che viva. La favola è realtà!

Tutto ciò dopo aver vinto 1 a 0 contro il San Lorenzo de Almagro al 93’. Dopo aver annichilito niente popò di meno che il Monumental contro il River campione d’America. Dopo aver trovato il pareggio nell’ostica trasferta contro l’Huracán al 90’. Dopo aver marcato lo 0 a 1 a San Juan al 91’. Dopo aver recuperato due gol di svantaggio nella trasferta di Lanus negli ultimi 7 minuti di partita. Dopo aver segnato all’82’ contro il Tigre il gol da 3 punti. Insomma, dopo aver fatto diventare matti tutti.

Perché, alle volte, è giusto che ci sia giustizia (Justicia) nel calcio. E non importa se alla fine vinceranno il campionato. L’importante è esserci arrivato, lì, in vetta. L’importante è che ci sia un po’ di Locura e un po’ di Justicia a dare animo a questo calcio.