Un’eroina sedotta e abbandonata fra le più note è Arianna, colei che cela un femminismo riflessivo e profondo, rispetto alle figure femminili protagoniste della mitologia. Arianna è un personaggio che ha coscienza della sua condizione; è una donna che reagisce ma, come lei stessa afferma nel suo monologo tratto dalle Heroides di Ovidio, ”vive”.

Arianna, l’eroina mitologica del femminismo riflessivo e conscio

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La figura di Arianna, in quanto eroina, e del suo femminismo attivo e cosciente è introdotta da Ovidio nel componimento X della raccolta Heroides. Il poeta attinge al carme 64 di Catullo per delineare la figura di Arianna che, al suo risveglio, si ritrova da sola. L’abbandono di Teseo avvolge l’eroina in un manto vivo di sensazioni disperate; brulicante di dolore, delusa e infelice, Arianna tuttavia non si arrende alla disperazione ma raccoglie il suo dolore per trarre delle lucide riflessioni sulla sua condizione.

Nel mito Arianna si innamora di Teseo, decimo mitologico re di Atene, quando l’eroe giunge a Creta per introdursi nel labirinto e uccidere il feroce Minotauro. Arianna è l’artefice dello stratagemma che porta Teseo alla vittoria; l’eroina dona al suo amato un gomitolo di lana per far sì che quest’ultimo potesse segnare la strada percorsa e, in seguito, uscire più agevolmente. Dopo aver portato a termine il suo compito, Teseo fugge e porta con sé Arianna dirigendosi verso Atene; tuttavia, prima di giungere a destinazione fa addormentare Arianna e la abbandona sull’Isola di Nasso. Al suo risveglio, l’eroina vede allontanarsi la nave di Teseo e immersa in una sofferenza terribile, e al contempo razionalizzata, condanna il comportamento dell’eroe amato. Ovidio coglie questa sofferenza riportandola nella lettera-monologo contenuta nelle Heroides.

Un’eroina che indaga sé stessa e il suo rapporto con gli altri in una dimensione dominata dalla tradizione maschile

L’episodio culmine che rivela il femminismo di Arianna, in quanto eroina forte e lucida, è il momento dell’abbandono. Ovidio si concentra proprio su questo momento di dolore, sviluppando il tema della Fides. Arianna è colei che è stata tradita, ma che ha anche tradito le sue tradizioni e la sua patria fuggendo con Teseo, colui che aveva ucciso il fratello; colpisce, nel suo dialogo, la presa di coscienza che ha questa donna che non soccombe alla sofferenza ma che, invece, reagisce e si ridesta. La Fides era personificazione della lealtà, valore prezioso del mos maiorum e alla base di qualsiasi rapporto interazionale.

La donna che tu, malvagio Teseo, hai abbandonato alle belve vive ancora, e tu vorresti accettare questo fatto con indifferenza? Ho trovato ogni specie di fiera meno spietata di te: non avrei potuto essere affidata a nessuno peggio che a te! Ciò che leggi, Teseo, te lo invio proprio da quella spiaggia da dove le vele hanno portato via la tua nave, senza di me; su questo lido il sonno mi ha perfidamente ingannata e anche tu lo hai fatto, che hai insidiato il mio sonno con una azione malvagia. Era l’ora in cui la terra inizia ad essere coperta da un strato di brina.

Arianna è schiacciata dall’abbandono dell’amato che l’ha lasciata e dall’impotenza di non poter tornare indietro dal padre, poiché anch’essa traditrice. Eppure, si rivolge a Teseo con estrema dignità affermando che, nonostante la sua malvagità, lei vive ancora. La sopraffazione del dolore del momento iniziale lascia il posto a una precisa disamina della sua condizione, che non la rende vittima ma parte attiva in un mondo in cui le tradizioni e l’egemonia maschile imperava. Un’evidenza che si manifesta quando Arianna, ancora incredula e indolenzita dalla tribolazione, ha la forza di salire su uno scoglio corroso dalle onde e scorge le vele che si allontanano dalla costa.

La volontà mi dava la forza; e così misuro con lo sguardo per ampio tratto la profonda distesa del mare. Di lì – anche i venti infatti furono crudeli con me – vidi delle vele tese dal soffio impetuoso di Noto. O le vidi o erano tali che credetti di averle viste; rimasi più gelida del ghiaccio e semisvenuta. Ma il dolore non mi permette di rimanere a lungo inerte, mi ridesta, mi ridesta.

Arianna, il femminismo di colei non soccombe

Nella lunga lettera riportata nelle Heroides, Arianna sa che non potrà più far ritorno a Creta; all’angustia dell’abbandono da parte dell’amato si aggiunge questa realtà. Tuttavia non si svincola dalla sua condizione, la accetta e pensa a cosa potrà fare adesso sola, in terra straniera, e lontana dai suoi affetti. I suoi pensieri non implicano un lasciarsi andare al suo stato; Arianna non fugge, si adopera. E ancora ritorna il verbo ”Vivere”; Arianna vuole vivere, nonostante lo sgomento e la tristezza, non pensa mai a gesti inconsueti e si rivolge a Teseo ma anche a tutte le donne ingannate:

Viviamo, e non sono tua, Teseo, se solo è viva una donna, sepolta dall’inganno di un traditore. Avresti dovuto uccidere anche me, malvagio, con la clava con la quale uccidesti mio fratello! 

Il personaggio di Arianna non soccombe a una dimensione maschile ma anzi, alla fine del suo monologo, si rivolge ancora a Teseo immaginando il momento in cui l’eroe tornerà in patria e racconterà le sue prodezze; ma l’eroina, fiera e tersa nelle sue motivazioni, gli intima di ricordare quello che di meschino ha fatto, anche con una punta di ironia, nonostante l’inquietudine:

Entrerai nel porto di Cecrope, e quando, accolto dalla patria, sarai là in alto onorato dal tuo popolo e racconterai compiutamente l’uccisione del toro-uomo, del palazzo di pietra, attraversato da corridoi insidiosi, racconta anche di me, abbandonata in una terra deserta: io non devo essere sottratta ai tuoi titoli di gloria!

I titoli di gloria dell’uomo-eroe, apparentemente liberatore, non devono offuscare la natura di un uomo sleale e scorretto. Giunge alla fine del monologo di Arianna il punto più alto ed emozionante di questa lunga lettera:

Guardami bene anche ora, non con gli occhi, ma con l’immaginazione, con cui puoi. […] Se non sono io la causa della tua salvezza, non c’è tuttavia ragione perché tu sia per me causa di morte.

Arianna, con fierezza e coerenza, si rivolge ancora con compostezza al suo amato chiedendo lui di immaginarla nella sua interezza di donna che non pensa nemmeno un momento a soccombere a causa sua. L’eroina regala un insegnamento a tutte le donne di ogni tempo: se l’amore di Arianna non ha salvato Teseo, non c’è alcuna ragione perché il non-amore di Teseo possa essere causa di dispiaceri, morte, o tragedie per la stessa Arianna. Un femminismo razionale, pensato, cosciente che non allontana il dolore ma lo accoglie, lo metabolizza e lo trasforma in un nuovo inizio.

Stella Grillo

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