Che la stragrande maggioranza del firmamento hollywoodiano sia a favore di Kamala Harris è ampiamente dimostrato dalla sfilza di video, comunicati ufficiali e appelli da parte delle star del red carpet e della musica che si susseguono ogni giorno. Beyoncé, Eminem, Bruce Springsteen, Mariah Carey; e poi ancora George Clooney, Kerry Washington e decine di altre celebrità. L’ultimo endorsement, tuttavia, sembra avere un peso differente e, per certi versi, maggiore rispetto a chiunque altro. A sostenere la candidata democratica, infatti, sarà Arnold Schwarzenegger.
La sua dichiarazione di voto ha deluso profondamente una parte di America, quella più conservatrice; quanto al ramo progressista, la notizia è arrivata come un (gradito) fulmine a ciel sereno. Schwarzenegger è infatti noto, oltre che per i suoi film d’azione, per essere da sempre un fiero repubblicano; dal 2003 al 2011 ha addirittura ricoperto il ruolo di Governatore della California, sotto la presidenza di George W.Bush. Ora, però l’idillio con il suo storico partito di appartenenza pare essersi spezzato, e la causa risiederebbe in Donald Trump.
Arnold Schwarzenegger con Kamala Harris: l’annuncio su X
In un lungo post, pubblicato mercoledì sul suo account ufficiale di X, l’attore ha spiegato le sue motivazioni. «Non faccio sul serio un endorsement», si legge, «Non sono timido nel condividere le mie opinioni, ma odio la politica e non mi fido della maggior parte dei politici. Capisco anche che le persone vogliono avere mie notizie perché non sono solo una celebrità, sono un ex governatore repubblicano.». Poi, dopo aver ricordato gli anni del suo impegno politico in prima linea, prosegue: «Permettetemi di essere onesto con voi: non mi piace nessuna delle due parti in questo momento. I miei repubblicani hanno dimenticato la bellezza del libero mercato, hanno aumentato i deficit e rifiutato i risultati elettorali. I democratici non sono affatto bravi a gestire i deficit, e temo che le loro politiche locali danneggino le nostre città con un aumento della criminalità.».
Con queste premesse, un disincantato Schwarzenegger continua: «Vorrei disconnettermi. Ma non posso. Perché rifiutare i risultati di un’elezione è quanto di più antiamericano possa sembrare. Per qualcuno come me che parla con persone di tutto il mondo e sa ancora che l’America è la città splendente su una collina, chiamare l’America un bidone della spazzatura per il mondo è così antipatriottico che mi fa arrabbiare. E sarò sempre americano prima di diventare repubblicano. Ecco perché, questa settimana, voterò per Kamala Harris e Tim Walz. Lo condivido con tutti voi perché penso che molti di voi la pensino come me. Non riconoscete il nostro Paese. E avete ragione ad essere furiosi.».
Il post dell’ex governatore: «con Trump saranno solo altri quattro anni di str*nzate»
Quella di Schwarzenegger, dunque, non è una capriola politica, né un repentino cambio di rotta. Piuttosto, si tratta di un grido di rabbia e frustrazione che fa eco a quello di una parte del Partito Repubblicano, che non si riconosce nei modi e nelle intenzioni del tycoon. Il rifiuto da parte dell’ex presidente di accettare i risultati delle scorse elezioni e l’attacco del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill sono ferite ancora aperte nel cuore più moderato che non vede di buon occhio l’atteggiamento di Trump.
Lo dimostra l’ex deputata Liz Cheney, vicepresidente della commissione della Camera per le indagini sui fatti del Campidoglio, estromessa dal magnate e dai suoi fedelissimi. «Come conservatrice», ha fatto sapere di recente, «come qualcuno che crede e si preoccupa della Costituzione, ci ho pensato a fondo. E a causa del pericolo che Donald Trump rappresenta, non solo non voterò per Donald Trump, ma voterò per Kamala Harris.». Anche suo padre, Dick Cheney, vicepresidente di Bush jr, si è unito all’annuncio della figlia.
Dello stesso parere è l’ex Terminator, che attacca il candidato alla Casa Bianca senza mezzi termini. «(Trump è) un candidato che non rispetterà il vostro voto a meno che non sia per lui. Un candidato che manderà i suoi seguaci a prendere d’assalto il Campidoglio mentre guarda con una Diet Coke. Un candidato che non ha mostrato nessuna capacità di lavorare per approvare alcuna politica oltre a un il taglio delle tasse. Che ha aiutato i suoi donatori e altri ricchi come me ma non ha aiutato nessun altro. E un candidato che pensa che gli americani che non sono d’accordo con lui siano i nemici più grandi di Cina, Russia o Corea del Nord. Questo non risolverà i nostri problemi. Saranno solo altri quattro anni di stronzate senza risultati che ci renderanno sempre più arrabbiati, più divisi e più odiosi. ».
L’affondo di Arnold Schwarzenegger e l’incertezza dei repubblicani
«Dobbiamo chiudere la porta a questo capitolo della storia americana», è la sua amara conclusione, «e so che l’ex presidente Trump non lo farà. Dividerà, insulterà, troverà nuovi modi per essere più antiamericano di quanto lo sia già stato, e noi, il popolo, non otterremo altro che altra rabbia. Questa è una ragione sufficiente per condividere il mio voto con tutti voi. Voglio andare avanti come Paese e, anche se ho molti disaccordi con la loro piattaforma, penso che l’unico modo per farlo sia con Harris e Walz.».
Se la vecchia guardia – a partire, sembra, dal suo stesso vice Mike Pence – mal tollera Trump, non si può dire che tra le nuove leve del partito il suo indice di gradimento sia plebiscitario. Tra le “new entries” vi sono già dei dissidenti, dall’ex vicegovernatore della Georgia Geoff Duncan ad Anthony Scaramucci, già direttore delle comunicazioni durante la sua presidenza, fino all’ex deputato Adam Kinzinger. Molte donne, inoltre, si sentono distanti dalle idee del magnate sull’aborto e sulle tematiche che toccano l’universo femminile. Stephanie Grisham, addetta stampa della Casa Bianca e capo dello staff della first lady Melania Trump, si è dimessa dopo l’episodio di Capitol Hill. Non molto tempo fa ha affermato: «Amo il mio Paese più del mio partito. Trump è menzogna. Kamala Harris dice la verità, rispetta il popolo americano e ha il mio voto.».
Quella di Schwarzenegger non è quindi una voce fuori dal coro, ma l’ulteriore conferma di un malcontento esistente nello schieramento conservatore. Alcuni fuoriusciti, come lo stesso divo di Hollywood, potrebbero influire più di altri, ma il vento del dubbio e dell’incertezza serpeggia nel Partito Repubblicano, così come nei suoi elettori, e potrebbe trasformarsi, il 5 novembre, in una bufera decisiva per la vittoria dei democratici.
Federica Checchia