Massimo Troisi, artista poetico e impacciato che si beffa della Morte

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Di Redazione Metropolitan

Io difendo le mie cose, le cose in cui credo, cose che però sono raramente di ordine materiale, borghese. La gente va conosciuta, va vista, va capita: in un secondo tempo ti può anche non star bene.” Queste le parole pronunciate da Massimo Troisi durante un’intervista rilasciata a Michael Pergolani per “Playmen” nell’82.

In queste poche righe, mentre cerca di definire il suo carattere rispetto al protagonista di quel “Ricomincio da tre” costruito su se stesso, riconosciamo la sua tensione verso il mondo che vuole rappresentare. “La gente va conosciuta, va vista, va capita” tradisce il suo modo di arrivare alle cose e, quindi, al pubblico: la genuinità, la spontaneità di un attore che già si dispiaceva di dover cedere ad un secondo ciack, se il primo take non andava a buon fine, insomma, la teatralità della vita che, in mani esperte, si fa arte.

L’attore, regista e sceneggiatore tanto incline a cogliere le sfumature delle relazioni umane e a riprororle in chiave comica, ci lasciava 27 anni fa, il 4 giugno 1994, appena dopo aver terminato il film con cui forse toccava il momento più alto e sublime della sua carriera artistica: “Il postino“.

Massimo Troisi, Credits: Daily Best
Massimo Troisi, Credits: Daily Best

La morte di Massimo Troisi: “Questo film lo voglio fare col mio cuore”

L’attacco cardiaco che pone fine alla vita del comico partenopeo non arriva certo inaspettato. Sin da una febbre reumatica contratta da bambino, Massimo Troisi sviluppa un problema cardiaco che coinvolge una valvola mitriale e che negli anni lo obbliga a sottoporsi a diverse operazioni che lo hanno portato fino all’altra sponda dell’Atlantico, a Houston. Proprio a ridosso delle riprese de “Il Postino” i medici gli consigliano un trapianto, ma Troisi non vuole rinunciare alla possibilità di girare quel film a cui tiene particolarmente con il proprio cuore.

In un’intervista ricorda: “Rimanevo a letto, avevo 14 o 15 anni. Lucidamente, quasi come un adulto, sentivo che di là, in cucina, si stava parlando del mio problema, di cosa fare”. Troisi è stato quindi ben presto cosciente delle sue condizioni di salute e delle probabili complicazioni. Quale modo migliore, allora, per trasmettere al pubblico anche questa parte della sua vita, se non travolgendola con lo stesso spirito dissacrante con cui aveva già trattato la religione sin dai tempi della Smorfia con Lello Arena e Enzo Decaro?

Una scena da "Il Postino", Credits: Maturefilms.co.uk
Una scena da “Il Postino”, Credits: Maturefilms.co.uk

La religione e l’esercizio della ribellione al sacro

Nell’intervista già citata ad inizio articolo Troisi confessa: “La religione è stato, forse, il primo problema, il primo potere con il quale mi sono scontrato. […] Quando più tardi ho capito che la religione era un potere modificante sulle persone, che la religione era una cosa grossa, allora in me c’è stata una ribellione.

Si pensi ad uno degli sketch più celebri del trio Troisi-Arena-Decaro: “L’Annunciazione“, dove “c’era la madonna che non era madonna e che fa da intermediario con Dio. Lei ha la possibilità di chiamarlo al telefono e di chiedere. Dio se ne fotte.

L’ironia dissacrante contro il senso del macabro: “Morto Troisi, viva Troisi!”

Ed ecco che l’inesauribile autoironia del Troisi impacciato ed introverso giunge ad esprimersi, ancora nell’82, in un falso reportage sulla propria morte intitolato “Morto Troisi, viva Troisi!“. Scritto in collaborazione con Lello Arena e Anna Pavignano (grande amore della sua vita) nonché diretto dallo stesso defunto, il mediometraggio parte da una finta edizione del telegiornale che annuncia il decesso e poi ci mostra la camera ardente.

Qui sfilano accanto alla salma personaggi illustri tra cui Lory Del Santo, Maria Giovanna Elmi, Nadia Cassini… fino a Pippo (eh già, il personaggio disneyano) e Lassie (che a questo punto ci stupisce quasi meno). Tutti rendono un rispettosissimo omaggio a Troisi, rimanendo in silenzio, mentre il loro passaggio viene inframmezzato da spezzoni di interviste e interventi dell’attore che fanno immancabilmente ridere.

Immancabili sono anche la partecipazione di Roberto Benigni (con cui Troisi aeva già diretto e interpretato “Non ci resta che piangere“) e di Lello Arena, una volta Arcangelo Gabriele ne “L’Annunciazione” e qui nei panni dell’angelo custode del compianto artista.

La finta morte di Troisi in onda nella trasmissione "Che fai...ridi?", Credits: Vodkaster
La finta morte di Massimo Troisi in onda nella trasmissione “Che fai…ridi?”, Credits: Vodkaster

La fantasia di Anna Pavignano sul ritorno di un Massimo Troisi che non è morto

Come a riallacciarsi a quel finto decesso, a quella morte reversibile che aveva contribuito a scrivere, Anna Pavignano nel 2008 pubblica il romanzo “Da domani mi alzo tardi“. Si tratta di una storia sul Massimo che per lei è stato amico, amante e collega, ma una storia in cui questo Massimo non muore. La fantasia della scrittrice recupera la memoria del comico e lo ricolloca in una sorta di dimensione altra in cui lui non sarebbe scomparso, bensì si sarebbe solo allontanato dalle scene.

In un’intervista a La Repubblica l’autrice confessa “Era passato già molto tempo [dalla morte di Massimo, NdR], avevo provato con delle storie biografiche, mi pareva non fossero adatte a lui, aspettavo un’idea. Me l’ha data il desiderio di rivederlo, pensare che non è morto. Sul momento mi sembrava uno spunto narrativo fuori dai miei sentimenti, invece mi rendo conto che è stata l’espressione di un inconscio“.

A portare ancora una volta Troisi sullo schermo sarà quindi questa storia: il libro infatti diventerà un film con la regia di Stefano Veneruso, nipote del grande maestro. Questo progetto, a distanza di 27 anni, forte delle cure affettuose di due persone vicine al comico, in qualche modo cerca ancora una volta di aggirare la morte e tenta letteralmente di far rivivere il genio di Troisi.

Debora Troiani

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