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Settembre 15, 2024, domenica

Babylon, il grande escluso dalla notte degli Oscar

Damien Chazelle durante la premiazione del prossimo del 13 marzo sarà l’enorme, ingombrante, silenzioso elefante nella grande sala degli Academy Awards di quest’anno. Nonostante le risicatissime nomination che Babylon ha ricevuto (miglior scenografia, costumi, colonna sonora), sembra quasi essere passato in sordina un grande assente, seppur protagonista, della stagione appena passata (nonostante il film sia arrivato in Italia solo qualche settimana fa). Eppure non sorprende per niente che proprio Babylon, che è il film manifesto dell’indiscutibile talento di Chazelle, non abbia raggiunto la nomination per l’ambita statuetta.

Qualunque cinefilo e studioso di cinema si è imbattuto durante il percorso in maniera – quasi sempre – del tutto accidentale con Hollywood Babilonia, il libro di Kenneth Anger. Anger è lo scrittore di cui nessuno vuole mai sentire parlare perché nei suoi racconti si fa portavoce di una deriva umana che il mondo occidentale ha voluto intenzionalmente dimenticare. Misto a una vena spiccatamente complottista Hollywood Babilonia è la sequela infinita dei fatti più trasgressivi, depravati e spesso illegali su cui Hollywood – la grande città dei sogni – è stata costruita. A cominciare dal titolo le allusioni al libro di Anger si sprecano e, forse, questo è uno dei motivi per cui difficilmente un film del genere avrebbe mai potuto aspirare a diventare il miglior film dell’anno.

Babylon: tutto quello che non sapevamo di Damien Chazelle

Babylon, Damien Chazelle (2022)

Chi arriva in sala aspettandosi un film sulla falsariga di lavori come La La Land o First Man rimarrà parecchio sconcertato davanti a Babylon. Chazelle apre letteralmente le porte di una città -Babilonia, appunto- che nel tempo abbiamo imparato a dimenticare nascondendone le cose più scabrose sotto il tappeto, arrivando a vergognarcene. Ed è probabilmente questo il motivo per cui l’Academy non poteva deliberatamente premiare un film come Babylon, perché sarebbe stata un’ammissione di colpevolezza, la nobilitazione delle verità dietro le leggende che hanno reso Babylon ciò che noi oggi conosciamo come Hollywood.

Il film inizia a metà degli anni ’20 e segue la genesi del cinema come lo conosciamo adesso, sottolineando i punti ciechi che ogni innovazione tecnologica ha portato nel panorama cinematografico – dall’avvento del sonoro fino al codice Hays- e svelando i retropensieri di un mondo che oggi non riusciamo neanche a immaginare. Ci possiamo solo domandare “come è stato possibile tutto questo?”. Hollywood era veramente una landa desolata senza legge e senza santi, bagnata dalle lacrime a comando di nuove (e già vecchie) stelle al tramonto della loro giovanissima carriera. Le vicende seguono principalmente la storia di Nellie LaRoy (Margot Robbie, alla quale sarebbe andato senza remore il premio alla miglior interpretazione femminile) e di Manuel “Manny” Torres (Diego Calva) che nell’arco di due decenni cercano di ritagliarsi il proprio spazio, combattendo con tutte le loro forze all’interno di un mondo in cui vale tutto e niente.

Babylon: una presa di coscienza per un Occidente incapace di accettare l’idiozia di se stesso

Babylon è un film interessante sotto molteplici punti di vista: a partire dalla sua eccezionale regia fino al talento mostruoso di tutti gli attori. Se dovessi sottolineare l’inaspettato lo ritrovo nell’esplicito contenuto dei fatti raccontati; tra le orge di grassi produttori cinematografici affaccendati con ogni tipo di piacere sessuale e l’atteggiamento inumano di arrivisti disposti a tutto pur di ottenere successo e potere, Chazelle non ha paura di raccontare un mondo probabilmente mai scomparso. Potrebbe apparire come un film di denuncia, teso a provocare una certa morale borghese (e probabilmente è così) ma, allo stesso tempo, ho trovato talmente tanto amore per il cinema, talmente tanto impegno e studio da parte di Chazelle, che i dubbi hanno lasciato il posto a una sensazione di meraviglia che né Once Upon A Time in HollywoodThe Fabelman hanno saputo evocare.

Non basta quindi amare il cinema, Damien Chazelle ci ha detto che bisogna anche sfidarlo, distruggere quelle colonne d’Ercole dietro cui si è trincerata un’elité dai buoni sentimenti, che parla di inclusione e di rappresentanza ma che, di fatto, continua a vergognarsi del suo passato. Sembra, quindi, inutile raccontare storie di coloro che non accettano e perdonano il passato dal quale vengono; meglio ancora, ciò ci porta a capire come affrontare quel passato significa prendersene finalmente le responsabilità e, a quel punto, non poche teste a Hollywood salterebbero in aria.

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Benedetta Vicanolo

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