Bernardine Evaristo, la scrittura come identità e dimora

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Di Stefano Delle Cave

Oggi si parlerà di condizione femminile, di razzismo e di scrittura, nel mondo di Bernardine Evaristo e delle sue opere

“Scrivere divenne la mia dimora abituale”.

Questa è una frase di Bernardine Evaristo, come riportato da Ghigliottina, tratta dal suo ultimo libro
intitolato “Manifesto on never giving up”, che racchiude l’essenza del rapporto stretto tra la scrittura e questa autrice.

Una scrittura che per la Evaristo si fa potenza creativa in grado di dare a voce a chi non vuole più sottomettersi alle consuetudini sociali e regalarsi ai margini. Pregiudizi che l’autrice ha imparato ad affrontare nelle sue opere sperimentando e mescolando teatro, versi e prosa. La Evaristo, infatti, aveva iniziato scrivere poesie pubblicando, come prima opera, una raccolta di versi intitolata “Island of Abraham” nel 1994. A queste sono succedute opere più sperimentali come “The Emperor’s Babe” che vede come protagonista un’adolescente nubiana e il suo cammino di crescita nella Londra di 2000 anni fa. Dovremmo poi parlare di “Blonde Roots” dove la Evaristo fa una divertente satira politica sulla tratta degli schiavi in cui il nero è il padrone e il bianco lo schiavo.

Bernardine Evaristo, la donna in mille sfaccettature come inclusività

La potenza della scrittura e Bernardine Evaristo, fonte allonsanfan.it
Bernardine Evaristo, fonte allonsanfan,.it

“Ho deciso di scrivere il romanzo per rappresentare una moltitudine di donne nere britanniche. Per me era importante includere tante storie: ci sono dodici protagoniste, ma le persone rappresentate sono molte di più. Lo scopo del libro è espandere la rappresentazione di chi siamo noi donne nere britanniche. Per fare ciò avevo bisogno di una gran varietà di alterità. Il desiderio di scrivere queste storie nasce dal mio percorso di attivista e dalla carenza, nella letteratura britannica, si storie non stereotipate sulle donne nere”

Questo è il motivo per cui Bernardine Evaristo, come dichiarato in un’intervista per Il Libraio, ha lavorato ad un romanzo, premiato con il Man Book Prize nel 2019, che mettesse al centro della scena donne nere senza pregiudizi e che fossero stimolo all’inclusività nella società di categorie considerate marginali. Stiamo parlando di “Ragazza, donna, altro” che vede al centro della storia dodici donne nere da un lato accumunate dal fatto di essere inglesi di sangue misto e dall’altro diversissime tra loro per modo di vivere, credo religioso e sessualità. “Alcune sono anche portatrici di alterità per via della loro sessualità, della loro classe sociale, della loro età, del loro status di immigrate… Infine c’è un personaggio che è non binario, e quindi non è rappresentato dal resto del titolo. In questo senso, ‘altro” ha anche un valore di inclusività”, spiega infatti la Evaristo a Il Libraio.

Anche qui, come nelle altre opere, la Evaristo sperimenta e si lascia molto aiutare dalla sue esperienza nel teatro per caratterizzare perfettamente i personaggi sia dal punto di vista dei particolare che delle macrotematiche da essi raprresentate. Anzi è riuscita attraverso di loro a tirar fuori le contradizioni presenti in ognuno di noi. Cosi, spiega la Evaristo, “chi ha dei comportamenti mostruosi può essere capace di amare, di essere un ottimo genitore, un amico, perfino un attivista per delle buone cause”.

Un invito a non accettare la marginalizzazione

Come abbiamo potuto notare la Evaristo mette al centro delle sue opere attraverso la questione razziale e al tempo stesso femminista la necessità dell’inclusività e di non accettare di essere messo ai margini. Un messaggio ancora più forte nella sua ultima opera intitolata “Manifesto on never givinig up” in cui la Evaristo racconta se stessa e la sua vita e il suo dover affrontare pregiudizi per essere sempre stata anticonformista, nera e ribelle.

“Sono nata in questo paese, l’unico in cui abbia mai vissuto, per quanto mi si facesse notare che in realtà non ero di qui perché non ero bianca. Tuttavia, per me la Nigeria era un’idea molto remota, un paese in cui era nato mio padre e di cui non sapevo nulla”, racconta infatti la Evaristo. Il suo però non è un arrendersi, ma un racconto che invita le persone messe ai margini a non abbattersi accettando il pregiudizio quando piuttosto ad essere fieri del loro essere imperfetti e disobbedienti perchè non bisogna mai tacere e sparire.

Stefano Delle Cave

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