Bernardo Bertolucci nacque a Parma il 16 marzo 1941. Figlio del poeta Attilio Bertolucci inizialmente sembrò voler seguire le orme del padre, infatti si iscrisse alla facoltà di lettere presso l’università La Sapienza di Roma. Ben presto però decise di abbandonare gli studi letterari per immergersi nel mondo della settima arte. Iniziò a collaborare con Pier Paolo Pasolini, amico di famiglia e vicino di casa, sul set del suo esordio cinematografico Accattone.

L’estetica pasoliniana però non lo attraeva molto, così decise di staccarsi dal regista per intraprendere un cinema più personale. Nei lavori successivi Bertolucci decise di focalizzare le sue pellicole sul tema dell’individualità. I protagonisti delle sue opere si ritrovano ad essere circondati da bruschi cambiamenti politici e sociali che automaticamente si riflettono anche nel loro animo.

Il Premio Oscar alla regia

Se escludiamo Frank Capra, naturalizzato statunitense, Bernardo Bertolucci è stato l’unico italiano a vincere un Premio Oscar come miglior regista. Ottenne il riconoscimento nel 1987 con il film L’ultimo Imperatore, un colossal epico-biografico il cui soggetto trae spunto dall’autobiografia dall’ultimo imperatore della Cina Pu Yi. La pellicola si aggiudicò ben nove statuette e nove David di Donatello, riscuotendo un successo clamoroso.

La vita dell’imperatore aveva avuto luogo per molto tempo all’interno delle mura della Città Proibita, il palazzo imperiale. Bertolucci ottenne il permesso di registrare lì delle scene, si trattò di un evento rarissimo, soprattutto trattandosi di un regista non cinese. Vennero ingaggiate oltre ventimila comparse, la maggior parte delle quali andarono ad interpretare i soldati dell’esercito popolare cinese.

L’amore per la Francia e per Jean-Luc Godard

Il cinema italiano in seguito al periodo del miracolo economico subì un tracollo. Ciò portò Bernardo Bertolucci, al tempo regista emergente, a prenderne le distanze. Si avvicinò sempre di più però alla Francia e alle sue pellicole, trovò una grandissima fonte di ispirazione nella nouvelle vague. Una svolta per lui avvenne nel 1964 al Festival di Cannes, Bertolucci si trovava lì per il suo secondo film, Prima della Rivoluzione, il quale non aveva soddisfatto la critica italiana. Diversamente la pensò Jean-Luc Godard, che alla fine della proiezione si presentò davanti al pubblico per dire quanto la pellicola gli fosse piaciuta.

Dicevo all’epoca, provocatoriamente, che avrei potuto farmi uccidere o uccidere per un piano sequenza di Godard. E Godard, che girava due o tre film all’anno, era l’autore che ci rappresentava meglio, con la sua severità un po’ calvinista e la sua capacità di tenere il mondo e quel che scorreva intorno nell’incavo delle sue mani.

Bernardo Bertolucci, La mia magnifica ossessione. Scritti, ricordi, interventi (1962-2010), a cura di Fabio Francione e Piero Spila, Garzanti 2010

Ludovica Nolfi

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