Black Mirror 6 è uscito su Netflix, e il quinto – e ultimo – episodio è da urlo. Inaspettatamente, Demon 79 esula totalmente dallo stile e dalle logiche della serie, introducendo, seppure non per la prima volta, un lato tutto sovrannaturale. Praticamente uno short film, di cui è indicata persino una casa di produzione fittizia, la “Red Mirror”, dallo svolgimento leggero, che si fa guardare piacevolmente e il tifo è tutto per la protagonista. La recensione potrebbe contenere spoiler.
Black Mirror 6: “Demon 79” va oltre
Il creatore Charlie Brooker va ancora più indietro nel tempo, al 1979, in una Londra ancora razzista e satura di suprematismo bianco, in cui Nida, commessa indiana in un negozio di calzature, vive una vita un po’ opaca e solitaria. Tutto per lei cambia quando, a causa di una tessera del domino trovata nel sotterraneo del negozio, evoca un demone che le assegna il compito di uccidere una persona al giorno per tre giorni consecutivi, atti che sarebbero serviti a evitare la Fine del Mondo.
Nida, vediamo all’inizio, ha dentro di sé un istinto omicida, o, quanto meno, desidererebbe farla pagare alle persone cattive, con lei o con altri. Quindi è secondo questo principio che il demone Gaap, che prende simpaticamente le sembianze di un cantante soul molto famoso di cui Nida è una grande fan, la invita a scegliere le sue prossime vittime. Bisogna dire che Nida è in difficoltà dall’inizio alla fine: non viene mai del tutto corrotta dalla malvagità dell’azione che deve compiere per salvare il mondo. Non ritroviamo la retorica punitiva che Charlie Brooker ha utilizzato nei precedenti episodi, ad esempio Loch Henry o Mazey Day.
L’assassinio salvifico
Nida compie due degli omicidi, ma non riesce, per vari motivi, a compiere l’ultimo. Viene infine presa dalla Polizia, che scopre tutto. C’è un momento di intensa suspense nel finale: il mondo finirà? Le lancette dell’orologio giungono alla fine del terzo giorno, oltrepassano l’orario della fine, e nulla accade. Possibile che Nida sia stata sotto l’effetto di una allucinazione?
Eppure, pochi minuti dopo, il mondo sta, effettivamente, andando verso la sua fine. Nida, invece di essere punita per gli omicidi, si reca insieme al suo demone Gaap nel Vuoto assoluto, un non-luogo in cui resterà per sempre, ma viva e in compagnia. Questa salvezza è rassicurante per lo spettatore, seppure ci si chiede se anche questa non sia tutta una simulazione nella testa della giovane.
Fine sì o fine no?
Molti, soprattutto sul web, hanno teorizzato due chiavi di lettura per Demon 79: in un caso, l’esperienza di Nida è totalmente reale, di conseguenza non avendo compiuto gli omicidi il mondo finisce nel baratro; nell’altro caso, tutto è frutto dell’immaginazione di Nida o di un sogno ad occhi aperti che la ragazza fa per qualche problema di salute che potrebbe avere, ad esempio. Insomma, in tutti i casi, Demon 79 funziona.
Un’altra voce che si mormora è che Demon 79 non sia altro che uno dei film presenti sulla piattaforma inventata Streamberry, che abbiamo visto sin dal primo episodio Joan Is Awful. Questa teoria nasce dall’atipicità della puntata numero 5, che, all’interno di una stagione che ha già di per sé preso una direzione differente rispetto alle altre, va per la tangente fornendo agli spettatori un film con elementi non ricorrenti nella serie di Charlie Brooker. Ciò che viene da pensare, inoltre, è che Nida, così come il demone, faccia parte di un universo fittizio dentro la serie – ovviamente già fittizia di per sé. Questo le permetterebbe di evitare il letale colpo di ascia del creator, che finora non ha risparmiato nessuno per molto meno. La purezza di Nida, che si presente così com’è, con i suoi pensieri contorti, corruttibile, ma buona e onesta, merita una ricompensa.
Beatrice Martini
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