E’ finalmente disponibile sul web, presso il Library’s new Digital Collections online repository, una versione digitale di un dei libri più famosi dell’antichità: si tratta del Libro di Kells, anche noto come il “Grande Evangelario di San Columba“, messo a disposizione dalla Library’s Digital Resources and Imaging Services. Una versione scaricabile è anche presente su Ipad App.
Il testo, che risale al VII secolo d.C. ed è collocato presso il Trinity College di Dublino, meta visitata ogni anno da migliaia di studiosi e turisti provenienti da tutto il mondo, costituisce una delle opere storiche nell’arte del libro antico, per merito delle illustrazioni miniate e della grafia ornamentale dei quattro Vangeli in latino che esso contiene, interamente trascritti a mano dai monaci irlandesi dell’epoca. Questi ultimi, che erano seguaci di Columba, il frate famoso per avere evangelizzato la Scozia (assumendo lo stesso ruolo che San Patrizio ebbe in Irlanda), iniziarono a redigere il testo presumibilmente presso l’abbazia di Iona, piccola isola scozzese.
A tal proposito, non si capisce come il testo abbia potuto sopravvivere all’incursione vichinga che saccheggiò e distrusse l’abbazia di Iona, nell’806. Successivamente a quest’episodio, il manoscritto fu trasferito nuovamente a Kells, dove rimase fino a quando, nel 1007, non fu rubato: la copertina gli fu staccata e portata via, in quanto molto pregiata, e il testo fu gettato in una palude. Per due mesi e venti giorni, prima di essere recuperato, il libro rimase in una specie di acquitrino che lo ridusse in condizioni molto precarie.
Dopodiché, esso rimase a Kells fino al 1539, quando Enrico VIII soppresse l’abbazia, trasformandola in palazzo di giustizia, durante la sua Campagna di Dissoluzione dei Monasteri. Nel 1661, il libro arrivò finalmente al Trinity College ed è composto, nella versione attuale, da 340 pagine fatte di pelle di vitello e gelosamente custodite in una teca della Biblioteca.
Il valore culturale del Book of Kells non è soltanto merito della bellezza iconografica delle sue pagine, ma anche della purezza della lingua latina adoperata dai monaci d’Irlanda che, fedelmente, avevano fatto tesoro degli studi di grammatica ereditati dal mondo classico.
In un’epoca in cui l’Europa affrontava le più memorabili invasioni barbariche e la religione cristiana, soprattutto in Italia, veniva estesa al vasto pubblico grazie all’adozione della lingua volgare, il latino normativo rischiava davvero di sparire per sempre dalla tradizione orale. Eppure, proprio i monaci irlandesi, che avevano tutto il diritto di modificare a piacimento un idioma culturalmente e geograficamente tanto lontano da quello celtico, salvarono il latino dalle contaminazioni. Insieme ad esso, salvarono il libro di Kells.
GIORGIA MARIA PAGLIARO