Il 30 ottobre 2022 si terrà il ballottaggio in Brasile tra il presidente Jair Bolsonaro e l’ex presidente Luís Inacio Lula da Silva. Il ballottaggio si è reso necessario alla luce dei risultati ottenuti dopo le elezioni di inizio ottobre. I sondaggi avevano dato Lula vincitore, ma non è andata così. Lula si è avvicinato alla vittoria con il 48,39% delle preferenze, ma il distacco da Bolsonaro è stato di appena 7 milioni di schede.

Nel corso del mese ci sono stati diversi tentativi di accaparrarsi una fetta dei votanti: gli astenuti e chi ha votato con scheda bianca, ma soprattutto chi ha scelto di votare un altro candidato. Sempre al corso di quest’ultimo mese ci sono stati diversi episodi che hanno intaccato la credibilità di Bolsonaro, dalle accuse di pedofilia al caso di Roberto Jefferson, un sostenitore di Bolsonaro che per evitare l’arresto (lo spostamento in cella) ha sparato contro la polizia 20 colpi e lanciato due granate. 

A pochi giorni dal ballottaggio i sondaggi danno Lula ancora in vantaggio. Il paese è però fortemente diviso, tra minaccia di morte a Lula e istigazione alla violenza da parte dei sostenitori di Bolsonaro. Il rischio di violenze prima e dopo le elezioni è concreto.

Un Brasile, due diversi futuri

Le elezioni del 2022 sono molto sentite e diverse rispetto a quelle del 2018. Da una parte Lula è nuovamente in gioco, dall’altra Bolsonaro non è più un novizio della politica e anzi si porta sulle spalle scandali, pessima gestione della pandemia e diverse accuse di crimini da parte di organi internazionali.

Per vincere Bolsonaro ha attentato diverse strade, come promesse di soldi ai più poveri e minacce. Da tempo ha ammesso che non accetterà una sconfitta. “Ho tre alternative per il mio futuro: l’arresto, la morte o la vittoria“, dichiarò nell’agosto 2021 e in seguito non si è smentito.

Jair Bolsonaro – Photo credits: web

Chi è Jair Bolsonaro?

Jair Bolsonaro è un personaggio più volte accusato di crimini e “crimini contro l’umanità” nel caso specifico della gestione della pandemia di Covid-19. Infatti il Brasile è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di vittime. In un rapporto di 1.200 pagine la Commissione di inchiesta del Congresso brasiliano ha descritto la gestione della pandemia come un mix di negligenza, incompetenza e negazionismo anti-scientifico. Tra le accuse c’è quella di aver preso la decisione deliberata di lasciar morire migliaia di persone ritardando l’acquisto dei vaccini. 

Cosa ha fatto Bolsonaro per il Brasile: un breve riassunto (negativo)

Cosa ha fatto ed era meglio che non facesse Bolsonaro per il Brasile? Impossibile non parlare delle condizioni della Foresta amazzonica, che copre il 40% del territorio brasiliano. Dopo una fase di forte sfruttamento, sotto il governo Lula si segnalò un calo dell’80% nella deforestazione. Un dato presto invertito con il governo Bolsonaro, secondo cui la regolamentazione ambientale era troppo stringente e limitante per le attività estrattive dei minerali e l’agricoltura. Il Brasile ha così perso oltre 33.800 km² di foresta proviate (equiparabile al Belgio) in 4 anni. La Foresta amazzonica e chi la abita hanno perso i loro diritti.

Non si può non parlare della cattiva gestione della pandemia di coronavirus. Il Brasile è stato uno dei paesi più colpiti al mondo, con oltre 30 milioni di contagiati e 600.000 decessi. I motivi sono imputabili alle decisioni prese da Bolsonaro che ha osteggiato la vaccinazione, per esempio ritardando l’acquisto dei vaccini stessi. L’obiettivo era quello del raggiungere l’immunità di gregge, ma nel frattempo ha sponsorizzato rimedi alternativi, creando un vero e proprio business del farmaco che coinvolgeva risorse pubbliche e aziende private. Secondo la Commissione parlamentare di inchiesta, in un rapporto 1.200 pagine, Bolsonaro andrebbe accusato di crimini contro la popolazione.

Come se non bastasse a questo quadro si aggiungono limitazioni al diritto di aborto, segregazione degli studenti disabili e minacce alla comunità LGBTQIA. Solo nel corso della campagna elettorale, e nell’ultimo mese, Jair Bolsonaro è stato inoltre accusato di pedofilia per aver utilizzato parole sconvenienti nei confronti di due minorenni.

Lula (Brasile) - Photo Credits: web
Lula (Brasile) – Photo Credits: web

Chi è Luís Inacio Lula da Silva?

Lula (come lui stesso ha deciso di chiamarsi dal 1982) è stato presidente per due mandati, tra il 2003 il 2011. La sua politica e i suoi valori possono essere facilmente considerati all’opposto di quelli di Bolsonaro. Il suo percorso venne però interrotto da una condanna, l’arresto e l’incarcerazione per corruzione. Scagionato perché il processo non era stato imparziale, Lula è tornato in politica.

La storia di Lula è quella di un uomo partito dal basso, che ha lasciato la scuola in quarta elementare per lavorare come lustrascarpe e poi in fabbrica. Si è interessato all’attività dei sindacati, arrivando a fare carriera al suo interno. Mentre il mondo fronteggiava la Guerra Fredda, il Brasile viveva diversi passaggi politici travolgenti. Nel 1964 i mezzi militari dell’esercito si diressero verso Brasilia e Rio de Janeiro. Il presidente venne deposto e il 15 aprile il maresciallo Humberto de Alencar Castelo Branco divenne presidente del Brasile. Era l’inizio della dittatura militare. Fu in quel momento che la sinistra si riorganizzò e fondò il Partito dei lavoratori, al cui interno vi era proprio Lula.

Come presidente Lula si impegnò a ridurre la deforestazione e a portare avanti programmi sociali. Purtroppo molte riforme promesse non vennero portate a termine. Il “lulismo” non è riuscito a mettere in discussione le strutture che permettevano tali disuguaglianze (elite industriali e finanziarie). Allo stesso tempo per il Brasile è stato un momento di crescita e possibilità.

Due idee di futuro, soprattutto sull’ambiente

In questo brevissimo riassunto ci sono le posizioni dei due politici che si scontreranno al ballottaggio del 30 ottobre 2022. Due visioni opposte dello stesso Brasile. Da una parte un ex capitano dell’esercito nostalgico della dittatura e dall’altra un sindacalista che ha messo al centro della campagna elettorale la lotta alla povertà. Da una parte chi si muove verso la riduzione delle libertà, dall’altra chi è pronto a riconoscere i diritti di tutti.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.