Carducci, il Vate in esilio: storia e pensiero del poeta

Foto dell'autore

Di Paolo de Jorio

Giosuè Carducci, poeta italiano che vinse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1906, fu una figura di spicco della cultura italiana neosabauda. Capace di avvertire la portata della rivoluzione sociale ed economica che si stava attraversando in quegli anni, dalla sua Cattedra di Retorica a Bologna, diede voce al progresso industriale e sociale senza mai dimenticare le origini antiche del patrimonio letterario che l’Italia da sempre porta con sé. Modernismo e Classicismo si intersecano nella sua estetica letteraria, guardare il presente con i piedi fondati sulla tradizione e lo sguardo fiso al futuro.

Il pensiero di Carducci

Giosuè Carducci in un ritratto fotografico dell'epoca
Giosuè Carducci in un ritratto fotografico dell’epoca

Il Vate già in vita risultò un profilo politico e culturale controverso. In un momento storico in cui Francesco De Sanctis era l’intellettuale di riferimento nella Penisola, insieme a Benedetto Croce, egli non ebbe il timore di contrastare apertamente le sue idee estetiche più importanti. Sostenitore vivace del Positivismo, infatti, sosteneva, Carducci, che non si potessero esprimere stime estetiche circa le opere letterarie. Egli propugnò, piuttosto, una visione di critica storica. Analisi del retroterra culturale dell’autore suffragata da una ricerca quasi scientifica con mezzi quali la filologia e la metrica. Ed è proprio la metrica che sarà oggetto di una delle sue opere più importanti: Le Odi Barbare. Opera in cui il riferimento metrico classico viene innestato nella lingua barbare dell’italiano. Il risultato, infine, può sembrare un mero gioco manierista, tuttavia nel forte legame che viene instaurato con i metri classici si riscoprirà una libertà espressiva nuova. Tuttavia, se oggi riconosciamo in Giosuè Carducci un autore fondamentale della letteratura italiana, non fu sempre così. Alcuni colleghi a lui contemporanei, infatti, mal sopportavamo che un uomo dalle scarse capacità letterarie vide l’ascesa di una fama così fulgida. Non era altro che un professore. Altre critiche mosse contro di lui furono di carattere soprattutto politico. Egli dimostrò, secondo i suoi detrattori, una impunita incoerenza di ideale. Da repubblichino a Vate del Regno di Italia. Da strenuo e feroce anticlericale a costruttore di apologie floride di citazioni bibliche.

A discapito di ciò, nel 1906, gli fu assegnato il prestigioso Premio Nobel con la seguente motivazione:

Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile e alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica

Fuori da Bologna

Il 9 Aprile del 1868 un consiglio straordinario dell’Università di Bologna, l’Alma Mater, decreta la sospensione di due mesi ai danni del professore Giosuè Carducci. Con la principale accusa di aver sottoscritto una lettera a Mazzini e Garibaldi in cui si dichiara apertamente in contrasto con principi portanti della costituzione civile. Il fervore garibaldino del poeta ancora deflagrava nel suo animo. Le altre accuse, inoltre, hanno la particolare natura di essere indizi per comprendere la personalità del Carducci. Spirito combattivo, indolente e libero, avulso da ogni costrizione che non sia a sua convenienza o che si confaccia alla sua natura. Il consiglio, infatti, lo accusa di aver professato apertamente e pubblicamente una tendenza indefessa in contrasto l’azione del Governo vigente. Inoltre, risulta che la sua condotta fosse poco adatta all’investitura di cui l’Università, e quindi il Ministero, lo aveva effigiato.

La risposta alle accuse di Carducci è chiara e puntuale. Analizza uno per uno i capi d’accusa smontandone non solo la veridicità bensì anche la validità di queste. La lettera al Mazzini e all’Eroe dei due Mondi, infatti, aveva carattere privato. Nulla poteva ledere l’ordine pubblico in virtù del fatto che fossero carteggi personali. Tenta, successivamente di chiarire che egli, nuovamente, non ha fatto pubblicità di suoi alcuni contrasti con l’azione del Governo né con la figura del Re. Circa la sua condotta,invece, Carducci si difese sul piano personale: l’uomo d’onore che dà la sua parola di condurre una vita irreprensibile da cittadino modello, di cui però, riafferma con insistente e sottile retorica, la sacralità della vita privata di un suddito, o regnicolo, del Regno di Italia.

Nonostante la prova di grande integrità morale e oratoria che il Vate tentò di paventare, il Consiglio ratificò una sospensione di 75 giorni dalla cattedra di Retorica.

Paolo de Jorio

Seguici su Google News