Carlo Verdone è uno degli attori, registi e sceneggiatori più rilevanti del panorama italiano. L’attore ha esordito al cinema all’inizio degli anni ’80, grazie alla fiducia datagli dal suo mentore Sergio Leone. Il famoso regista era rimasto folgorato dal talento del giovane romano nel vedere un suo spettacolo a teatro. Carlo è stato da subito oltre che interprete anche regista di se stesso. Grande osservatore dei personaggi che popolano le strade della sua Roma, da ormai quarant’anni li riporta sul grande schermo con la verità tipica del Neorealismo, che però unisce sapientemente alla commedia all’italiana.
La caratteristica principale del suo cinema è infatti quella di riuscire ad esasperare tic e nevrosi di personaggi della nostra realtà popolare in modo da farli diventare comici. Verdone racconta tutte le sfaccettature dei suoi protagonisti, dalle più spensierate e divertenti alle più drammatiche, andando a scavare come un terapeuta. “Credo che ci sia un grande comune denominatore tra il mio lavoro e il vostro lavoro. Entrambi andiamo a studiare l’animo umano”, ha dichiarato il regista e attore durante un convegno di Psicopatologia rivolgendosi agli psichiatri presenti in sala.
I personaggi: una costante nel cinema di Carlo Verdone
Il suo cinema, come la società stessa che rappresenta, si è evoluto molto nel tempo. Partendo dalla commedia spensierata con il suo primo film “Un sacco bello” (1980), a fine anni ‘80 è arrivato a raggiungere maturità e impegno sociale attraverso uno sguardo cupo ma pur sempre comico sulla realtà mostrato nel suo film “Compagni di scuola”. Negli anni ’90 con il suo cinema ha provato a mettere in evidenza le ipocondrie e la dipendenza dai media della nuova società. Questi elementi sono stati poi acuiti nei film dei primi anni 2000.
Tutte queste “epoche” del cinema di Verdone hanno una cosa in comune: i personaggi, che conservano sempre delle caratteristiche comuni. Almeno fino al 2008, anno in cui è uscito il film “Grande grosso e…Verdone”, che ha segnato l’addio di Carlo ai suoi tre “tipi” preferiti incontrati durante tutta la sua carriera. Nel film del 2008 l’attore mette in scena tre personaggi chiave che ne ricalcavano le caratteristiche: Leo il Candido, Callisto il Logorroico e Moreno il Volgare. Senza dimenticare la figura del prete, che lo ha sempre divertito e che ha riproposto più volte in carriera con sfumature sempre diverse.
Leo il Candido
Leo il Candido si ispira a Leo del film “Un sacco bello” e Mimmo del film “Bianco rosso e Verdone”. Si tratta di un tipo di personaggio molto ingenuo, mammone, che parla guardando in aria e con un tono di voce molto acuto. Verdone lo rappresenta come goffo e infantile, quasi come un bambino. L’attore dice di essersi ispirato ad un suo vicino di casa per questo tipo di personaggio, “un ragazzo dotato di grande poesia”. Seppur quasi irrealistico a prima vista, in verità riporta sul grande schermo la verità di molti ragazzi o uomini adulti che troviamo ancora nell’Italia odierna.
Si tratta in realtà personaggi dotati di una saggezza fuori dal comune, perché il loro modo di essere gli permette di vedere cose che gli altri, più superficiali e presi dalle loro nevrosi, non vedono. Come quando Leo, in “Un sacco Bello”, dà una lezione ad un impiccione alla finestra. Dopo varie vicissitudini infatti il giovane Leo si ritrova ad essere quasi investito, a far rovesciare per una seconda volta la spesa e a fare i conti con il suo fallimento nel tentare di conquistare Marisol. Di fronte al commento di un impiccione alla finestra, che prova a sminuire ciò di cui si lamenta, Leo dice che è facile parlare quando non si esce fuori a vivere la propria vita.
Callisto il Logorroico
Callisto il Logorroico è invece un personaggio ispirato a Furio di “Bianco Rosso e Verdone” e Raniero di “Viaggio di nozze”. Verdone ha dichiarato di essersi ispirato ad uno zio e ad un professore latinista che frequentava il loro appartamento. Nevrotico e ipocondriaco, questo personaggio è caratterizzato da una serie di tic e una precisione da orologio svizzero. Raniero, medico sposatosi due volte, ha la fissa di programmare qualunque cosa meticolosamente, dal sesso alla locazione delle tombe alla morte sua e della moglie.
Furio è invece l’incubo della moglie Magda, che esasperata dalle sue continue domande lo lascia pronunciando l’iconica battuta “Non ce la faccio più!”. Furio è un personaggio che era antipatico a Sergio Leone, che non lo trovava divertente. Tuttavia ha avuto grande successo fra gli spettatori, tra cui spiccavano in particolare Alberto Sordi e Monica Vitti, sottoposti ad una proiezione privata in anteprima, fatta con lo scopo di ottenere una prima reazione al film e comprendere su cosa fosse ancora necessario lavorare. Probabilmente il nervosismo che Furio provocava nel maestro del western italiano significa che la caratterizzazione di Verdone funzionava davvero.
Moreno il volgare
“Il coatto inventa, la borghesia non ha inventato niente” ha dichiarato Verdone, riferendosi al suo tipo personaggio più apprezzato: il cafone romano. Carlo ne ha sempre ammirato la creatività nel cercare vie di fuga oppure originali metodi per abbordare le ragazze. Il regista e attore romano ci racconta molto spesso questo personaggio nei suoi film, collocandolo sempre in luoghi e situazioni differenti. Ad esempio quella di Moreno ed Enza in “Grosso grasso e…Verdone” è una coppia in crisi che viene inserita in un contesto sociale molto diverso dal proprio, in cui i due coatti faranno continue gaffe e sembreranno costantemente fuori luogo. Ricordano un po’ la coppia di Ivano e Jessica, cafoni arricchiti del film “Viaggio di nozze”.
I protagonisti di “Un sacco bello” e “Troppo forte”, invece, sono due coatti che fanno sorridere ma fanno anche pensare. In loro esiste una malinconia che lascia, oltre alle risate suscitate dalla loro comicità intrinseca, anche una sensazione amara. I personaggi “cafoni” delle pellicole di Verdone, a partire dal primo film, sono spacconi e con la voglia di sembrare il macho imbattibile che nessuno può buttare giù. In realtà nascondono una solitudine e un’insoddisfazione per la propria vita che cercano di compensare con questi atteggiamenti di mitomania.
Arrivato ai 70 anni, Carlo Verdone non perde l’entusiasmo dell’esplorazione. Continua infatti a portare sul grande schermo personaggi nuovi in un’indagine sociologica e psicologica dai contorni comici. Ma i suoi spettatori, mentre attendono con impazienza il suo prossimo successo in arrivo nel 2021, “Si vive una volta sola“, di cui è anche regista oltre che protagonista, non possono dimenticare i suoi vecchi personaggi. Unici, riconoscibili, divertenti, a tratti assurdi ma sempre profondamente umani.
Paola Maria D’Agnone
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