In occasione del Carnevale, nel consueto appuntamento dello spazio dedicato alla Letteratura per l’Infanzia, ecco tre bellissime poesie d’autore della letteratura italiana da recitare insieme a più piccoli.
Le poesie di Carnevale, Il vestito di Arlecchino di Gianni Rodari
Come nasce il vestito di Arlecchino? Arlecchino è una delle maschere italiane più note e Gianni Rodari, maestro, pedagogista e scrittore per bambini, lo spiega in questa divertente poesia adatta al periodo di Carnevale:
Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un’altra Pulcinella,
una Gianduja, una Brighella.Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano
qualche macchia di vino toscano.Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stava un tantino perplesso.Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
“Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene li mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l’altro bolletta!”.
Gianni Rodari descrive la nascita di una delle maschere più rappresentative e classiche del Carnevale italiano seguendo la leggenda secondo cui Arlecchino, bambino molto povero, doveva partecipare a una festa in maschera. A causa della sua impossibilità, per aiutarlo, ogni famiglia dona un lembo di stoffa avanzato. La madre di Arlecchino cuce insieme gli stralci di tessuto creando un costume e riuscendo a farlo partecipare alla sfilata. Arlecchino, addirittura, vincerà come maschera più bella. In questa filastrocca, Rodari inserisce altre maschere classiche del Carnevale italiano poetizzando ancor di più la nota leggenda.
La stagione del Carnevale di Carlo Goldoni
Carlo Goldoni, scrittore veneziano e padre della commedia moderna, nel componimento La stagione del Carnevale descrive il periodo più variopinto e colorato dell’anno.
La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s’impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.Par che ognuno di Carnevale
a suo modo possa far,
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.Viva dunque il Carnevale
che diletti ci suol dar.
Carneval che tutto vale,
che fa i cuori giubilar.
Questa poesia è nota soprattutto con il titolo di Viva Carnevale ed è tratta dal dramma comico La mascherata (1751) ambientato a Milano proprio durante il periodo carnevalesco. Il testo, tratto dalla prima scena dell’atto secondo del dramma comico, si svolge in una piazza molto ampia che attende la sfilata delle maschere. Arrivano in scena i vari personaggi su di un carro; questi iniziano a cantare quello che Goldoni chiama Baccanale, ovvero la poesia Viva Carnevale composta da cinque strofe in rima alternata. Il componimento delinea le caratteristiche principali del Carnevale sottolineando l’allegria e la spensieratezza che questa celebrazione reca.
Poesie in festa, Carnevale vecchio e pazzo: il componimento attribuito a Gabriele D’Annunzio
Carnevale vecchio e pazzo è probabilmente una delle poesie più note, relative a questa festa; tuttavia, nonostante sia attribuita a Gabriele D’Annunzio non si hanno evidenze letterarie certe a riguardo.
Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia a un pallone.Beve e beve e all’improvviso
gli diventa rosso il viso,
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia…Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale,
dalla polvere era nato
ed in polvere è tornato.
La poesia illustra gli aspetti tipici del Carnevale: l’abbondanza di cibo, i dolciumi, gli eccessi. Il protagonista del testo, quindi Carnevale, è talmente ingordo e folle da continuare a rimpinzarsi anche dopo che la sua pancia è esplosa. Questa divertente filastrocca, fra le più note poesie del periodo, ricorda anche la tipica tradizione di bruciare un fantoccio alla fine dell’ultimo giorno di Carnevale, usanza tutt’ora seguita. Gli ultimi versi, poi, ricordano il rito del Mercoledì delle Ceneri che segna anche l’inizio della Quaresima.
Stella Grillo
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