C’eravamo tanto amati: quattro amici e una storia che parte dalla seconda guerra mondiale fino ad arrivare alle conseguenze disastrose del post boom economico italiano. Un film dolcemente politico che ci racconta come il potere possa cambiare le persone. Inesorabilmente. E come l’amore, quello vero, può prendere mille forme, e comunque rimanere invariato nel tempo.
‘’Vincerà l’amicizia o l’amore? Sceglieremo di essere onesti o felici?’’
C’eravamo tanto amati, Ettore Scola e il cinema di osservazione
È Ettore Scola il padre di questo splendido ritratto. Lo scrive assieme ai suoi fidati collaboratori Age e Scarpelli, due tra le penne di sceneggiatura più determinanti del nostro cinema. Un racconto che, in pieno stile Scola, parte dal dettaglio. Che usa le vicissitudini dei suoi personaggi per poi analizzare, momento per momento, la realtà che cambia con il passare degli anni. Un cinema – definito così dal regista – di osservazione, tutto italiano, che affonda le radici nel Neorealismo del dopoguerra di macerie e ricostruzione di un paese distrutto dalla guerra. Determinante il commento musicale di Armando Trovajoli, che regala alla pellicola un pathos crudele e delicato allo stesso tempo; riesce ad incorniciare perfettamente la nostra realtà.
In principio fu la Resistenza
‘’Avvertenza: Gianni finirà il tuffo alla fine di questa storia, che ebbe inizio trent’anni fa.’’
In principio fu la Resistenza. La nostra storia inizia con Gianni (Vittorio Gassman), Antonio (Nino Manfredi) e Nicola (Stefano Satta Flores), tre giovani partigiani che diventano amici combattendo contro il regime durante la guerra. La vita dopo il conflitto li divide, ma saranno destinati a rincontrarsi. Tutto cambia con l’arrivo di Luciana (Stefania Sandrelli), una donna deliziosamente naïf che aspira a diventare attrice, di cui il personaggio interpretato da Manfredi si innamora perdutamente.
Passano gli anni, e la macchina da presa di Scola segue minuziosamente i cambiamenti dei nostri personaggi. Antonio, portantino all’ospedale, rimane fedele al suo credo comunista. Nicola abbandona Nocera Inferiore, suo paese d’origine, per inseguire la passione per il cinema. Gianni, aspirante avvocato, diventa voltafaccia dei suoi ideali sposando Elide (Giovanna Ralli), figlia di una ricca famiglia fascista. Si trasforma in ciò che lui e i suoi amici di una vita avevano sempre ripudiato. Il personaggio interpretato da Gassman è l’emblema della pellicola. La dimostrazione spietata di come conoscere il potere e la coercizione possa cambiare per sempre le proprie sorti.
”E io ero Sandokan”, un finale amaro
”Eravam tutti pronti a morire
Ma della morte noi mai parlavam
Parlavamo del futuro
Se il destino ci allontana
Il ricordo di quei giorni
Sempre uniti ci terrà”
”E io ero Sandokan” è il leitmotiv del film. Testo di Scola, musiche di Trovajoli, è una canzone che torna durante la pellicola a raccontarci la luce negli occhi di una gioventù che combatte per un futuro migliore. La sentiamo durante l’ultimo incontro dei quattro amici. Un momento che rivela la codardia di Gianni, che non riuscirà mai a rivelarsi ai suoi compagni. Che se ne va per sempre, senza salutare. E poi un finale amaro, in cui Antonio e Luciana – diventati marito e moglie – e Nicola, scopriranno la triste realtà.
C’eravamo tanto amati, una favola realista
”C’eravamo tanto amati” è una parabola senza tempo. La combinazione del fior fiore del cinema italiano di quel periodo, che da forma a una favola realista. Ricordandoci che il potere sa prendere forme spaventose. E che l’amicizia, quella vera, è ciò che di più prezioso può capitarci.
Caterina Frizzi