“Cervus” | La nostra intervista

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Di Redazione Metropolitan

Abbiamo intercettato quelli di Lumik Teatro, ovvero Ludovica Apollonj Ghetti e Michele Demaria, mentre provavano il loro spettacolo al Teatro Studio Uno. Debutteranno al Teatro Quarticciolo sabato con Cervus, un lavoro tutto nuovo.

Lumik Teatro, Cervus
Da Cervus, Lumik Teatro
Foto di: Luisa Fabriziani

MMI: Anzitutto: perché avete scelto questo testo?

L: Il nostro obiettivo principale al momento è raccontare storie che possano interessare al pubblico. C’è bisogno di storie: storie che possano coinvolgere, far ridere ma anche turbare. Nella drammaturgia americana contemporanea stiamo trovando tutto questo (e tra l’altro corrisponde a quello che è possibile trovare su netflix o al cinema).

M: Aaron Mark l’abbiamo trovato, leggendo, un po’ alla cieca, tra i  numerosi autori anglofoni che ancora non sono approdati in Italia. Già in prima lettura Cervus ci è parso un testo sorprendente, capace di spiazzare e di divertire al medesimo tempo. Rispecchia ciò che vogliamo raggiungere: offrire allo spettatore una drammaturgia solida, con temi universali e trasversali in cui chiunque si può riconoscere e condurlo, tra un sorriso ed una risata, ad un turbamento, ad una possibilità di riflessione su quello che per noi è IL TEMA che il teatro deve indagare: la natura dell’uomo. 

MMI: Le atmosfere sono profondamente americane, eppure vedendo la pillola di Cervus si ha l’impressione di essere in qualche landa desolata del nord Italia. è un effetto che desiderate? Ovvero: c’è una connotazione geografica nel lavoro oppure no? E quanto è importante lo spazio -per così dire- reale nel teatro contemporaneo?

M Bella domanda! Sono d’accordo, le atmosfere sono molto americane, mi incuriosisce il fatto che si possa leggere una connotazione geografica nord italica, cosa che però non è stata un nostro punto di partenza. In realtà più che una connotazione geografica a noi interessa una connotazione culturale. Cerco di spiegarmi: un certo tipo di scrittura è strettamente legato alla cultura americana, deriva dalla loro storia, dal loro modo di intendere l’arte e di intendere l’intrattenimento. Questa “qualità americana” è ormai però ampiamente sdoganata nel resto del mondo grazie soprattutto al cinema e alle produzioni televisive. Tendenzialmente potrei banalizzare dicendo che la drammaturgia americana funziona perché si assume la responsabilità di parlare ad un pubblico estremamente vasto.  Questo è il lato che più mi interessa di questa drammaturgia. Noi non siamo americani, la nostra storia è diversa, il nostro linguaggio è diverso. C’è quindi, a mio vedere, una diversità di approccio: quello che vorremmo è semplicemente prendere una drammaturgia solida ed efficace e proporla al pubblico italiano, al pubblico che vede Netflix ma ha letto Montale e Pirandello a scuola. Cerchiamo di parlare del’Uomo con un testo americano ed una cultura europea. Se poi qualcuno di Vigevano o di Mazzarino ci dice “sembra la nostra campagna” noi non posiamo che esserne contenti. 

L: Esatto! Le storie che raccontiamo sono in qualche modo universali: i protagonisti di Cervus sono persone normali che si trovano a fare i conti con degli avvenimenti extra-ordinari e credo possa risultare facile riconoscersi in essi. Non abbiamo scelto di connotare geograficamente il testo in un altrove italiano (pur volendo, stringenti clausole del contratto con l’autore ce lo impedirebbero), ma una coppia che sceglie di trascorrere il weekend fuori credo che si possa trovare da noi, negli Stati Uniti o in Australia e quindi lo spettatore interpreta ciò che vede in base alla propria esperienza. 

Cervus, Lumik Teatro
da Cervus, Lumik Teatro
Foto di: Luisa Fabriziani

MMI: Che tipo di lavoro attoriale c’è in Cervus?

L: Ohibò! Posso lasciar parlare il regista? A parte gli scherzi, Michele come prima cosa costruisce una griglia che se inizialmente può sembrare stringente, poi dà invece una grandissima libertà interpretativa perché l’attore sa esattamente dove è, perché è lì e cosa sta facendo e non deve più preoccuparsi di nulla.

M: Avendo fatto l’attore per tutta la vita conosco bene la frustrazione dell’interprete che dopo giorni o settimane a tavolino si chiede: “…Cioè… quindi… che devo fare?” Questo tipo di frustrazione non è, secondo me, costruttiva. Cerco quindi di superarla creando come prima cosa un disegno scenico il più articolato possibile. Si tratta di un lavoro squisitamente compositivo atto a creare una struttura che abbia di per sé un’immediata leggibilità per lo spettatore, un disegno rigoroso che vincola l’attore ad una forma nella quale possa sentirsi libero di comunicare. Il vincolo come strumento per la comunicazione, o come dice uno dei miei maestri “danzare in catene”. Una volta capito cosa fare ci dedichiamo a farlo con un’unica stringente linea guida: mai abbandonare il racconto. Questo è, per noi, il vero lavoro dell’attore: aderire senza tregua al racconto per consegnarlo allo spettatore.

 MMI: Le musiche di Giorgio Mirto sono originali. Che processo creativo c’è stato?

L: Avere una drammaturgia musicale in uno spettacolo credo che sia un grandissimo valore aggiunto. 

Giorgio è un compositore e musicista pazzesco e lo spettacolo, grazie alle sue note e la sua sensibilità, acquista secondo me valore esponenziale. In fase di lavorazione tra Giorgio e Michele c’è uno scambio continuo e noi ascoltiamo ormai le sue proposte mentre mangiamo, sotto la doccia, prima di andare a dormire e, ovviamente, durante le 8 ore giornaliere di prova!

M: Giorgio è un compositore straordinario. Punto. Questa è la seconda volta che collaboriamo, e se all’inizio c’è voluto un po’ di tempo per creare un linguaggio comune, questa volta è stato quanto di più semplice si possa immaginare: gli davo una suggestione, capiva al volo, dopo poche ore mi proponeva una traccia.

Studiando per Cervus abbiamo scoperto la presenza del Dio cervo in svariate declinazioni sin dal mesolitico e dal neolitico in moltissime culture, dalla classica alla nordica. Cernunno, il Dio cornuto della natura selvaggia e del potere generativo, il dio psicopompo che può governare il tempo, il dio sul quale la mitologia cristiana plasmerà la maschera del diavolo.

Pilastro della drammaturgia musicale di Cervus è diventato quindi il tritono (Diavolo/Diabolus), ovvero l’intervallo proibito di quarta eccedente, bandito dai manuali d’armonia sin dal medioevo.

Cervus, Lumik Teatro
da Cervus, Lumik Teatro
Foto di: Luisa Fabriziani

MMI: Come si colloca Cervus nel vostro percorso artistico? E quali sono i programmi per questo spettacolo?

M: Questo è il secondo spettacolo della neonata compagnia Lumik Teatro. Come Ciccioni con la Gonna di Nicky Silve, Cervus è il nostro figlio strambo, ci fa paura ma gli vogliamo bene e gli auguriamo mille repliche.

L: Siamo nati da poco! siamo partiti lavorando senza chiederci cosa fossimo, come chiamarci o come presentarci: abbiamo scelto il nome della compagnia in occasione del Bando #pillole2019!

 Con il nostro primo spettacolo, Ciccioni con la gonna, abbiamo vinto il premio Inventaria 2019 e per entrambe le nostre creature non possiamo che augurarci una lunga vita.  

MMI: Diteci qualcosa sul pupazzo, ve ne prego.

M: La nostra piccola Doe… Ci ha fatto penare, ma lascio la parola a Ludovica.

L: Si chiama Doe ed è pesantissima! Dentro ci sono svariati kg di sabbia, giornali, kapok e qualsiasi cosa trovassimo per casa. Fino ad un paio di settimane fa conteneva anche lana di vetro, ma essendosi rivelata estremamente urticante, Doe è stata sottoposta ad un’operazione di sventramento e imbottita nuovamente.

È piena di difetti, ogni tanto si buca e perde sabbia, ma ci siamo affezionati a lei. D’altronde è la protagonista dello spettacolo.

INFO SPETTACOLO:

Cervus – Sabato 5 ore 21,00 e domenica 6 ottobre ore 18,00 

Teatro Biblioteca Quarticciolo Via Ostuni, 8 Roma 

Biglietti Intero 12€ – Ridotto 10€ 

(over 65, under 24, possessori di Bibliocard) 

Per info: 06 69426 222 – 06 69426 277 promozione@teatrobibliotecaquarticciolo.it