Quando padre Mariano fu chiamato in Rai, era il 1953. Un frate in tv non si era mai visto. La tv aveva iniziato a trasmettere da pochi mesi. Con quale ansia, timore e preoccupazione P. Mariano intraprese questa avventura, verrebbe da pensare. Ebbene, fu un impatto sicuramente positivo: le prime sperimentazioni delle trasmissioni televisive libere videro subito che il padre cappuccino era la figura giusta per entrare nelle case degli italiani. Quel frate cappuccino si muoveva davanti alle telecamere con una grande naturalezza, parlava in modo semplice, efficace e coinvolgente.
Regista era il grande Turchetti; lo stesso di studio uno e degli sketch di Alighiero Noschese. P. Mariano decise la scenografia e le inquadrature. “Ci capimmo subito” dichiarò il regista, perché il frate già al naturale era telegenico e raccontava quello che realmente sentiva e viveva. Fu sempre il frate a decidere i titoli delle trasmissioni, da “Chi è Gesù” a “La posta di Padre Mariano”. Ogni volta si preparava con rigore, con le riprese da una sola telecamera (ricordate i Tg del tempo?), per cui non c’era possibilità di movimenti ma solo primi piani, e il frate sviluppava il tema con grande efficacia. Milioni di italiani aspettavano il martedì per sentire il frate della tv. Padre Mariano veniva dal mondo della scuola e riusciva sempre a captare l’attenzione dei telespettatori. Gli capitò anche di trattare temi difficili e controversi. Il frate si preparava accuratamente per tutta la settimana, per esser capito anche da spettatori di una modesta preparazione culturale, dimostrandosi ogni volta competente e onesto verso chi la pensava diversamente.
Chi era Padre Mariano
Paolo Roasenda, nato in una distinta famiglia torinese il 22 maggio 1906, ebbe un brillante percorso di studi al ginnasio liceo “Camillo Benso di Cavour” del capoluogo piemontese e all’università. «Mi laureai, partecipai ad un concorso e a 21 anni insegnavo greco e latino in un liceo: quello di Tolmino – scriveva padre Mariano –. Le tappe dopo Tolmino furono Pinerolo, Alatri, Roma. Per dodici anni, con entusiasmo mai spento e con competenza solo lentamente acquistata, cercai di spiegare e commentare a migliaia di giovani Livio e Cicerone, Orazio e Virgilio, Omero, Eschilo, Platone». Fu un insegnante preparatissimo ed esigente, come ricordava una sua ex-allieva pinerolese scomparsa qualche anno fa, Maria Lina Tarabla: «Voleva che imparassimo anche a parlare scioltamente in latino e greco».
Ugualmente intenso e sentito era intanto il suo cammino di fede. Ebbe una giovinezza limpida, illuminata da un sincero affetto filiale per la Madonna. Fu membro convinto del Circolo dell’Immacolata aperto dai gesuiti di Torino. Poi s’impegnò nell’Azione Cattolica, ricoprendo al suo interno importanti incarichi durante gli anni difficili del periodo fascista. In una lettera del 1928 alla zia Costanza scriveva: «Sempre rinnoviamo il proposito di vivere per il Signore, per Lui solo. Credi pure che la santità è alla portata di tutti: bisogna solo amare molto e volere molto». Egli attribuì all’azione di Maria lo sbocciare della sua vocazione, perciò da religioso volle chiamarsi «Mariano».
Il 22 dicembre 1940 entrò nel noviziato dei cappuccini a Fiuggi, con l’intento di «vivere una vita tutta per Gesù e per le anime». Il 29 luglio 1945 padre Mariano fu ordinato sacerdote. Continuò a scrivere articoli e testi di carattere religioso. La raccolta completa delle sue opere al momento comprende sette volumi.
Padre Mariano si dedicò alla predicazione e all’assistenza dei malati. Fu conferenziere ricercatissimo e cappellano in diversi ospedali romani. Fece numerosi interventi alla radio italiana e vaticana e dal 1955 fino alla morte portò avanti quel fecondissimo apostolato in televisione che lo fece amare in tutta Italia.