Basket

Chris Bosh, il lungo dal futuro

In occasione del trentaseiesimo compleanno di Chris Bosh, Metropolitan Magazine gli rende omaggio ripercorrendo la sua carriera ricca di successo ma terminata anzitempo a causa della malattia.

L’approdo in NBA di Chris Bosh

Bosh con la maglia dei Raptors
(photo credits: Issac Baldizon/Getty Images)

Dopo aver condotto la Lincoln High school a un record stagionale di 40-0 Bosh sceglie l’università di Georgia Tech dove rimane solo un anno, rendendosi eleggibile al draft del 2003. I Toronto Raptors lo pescano con la quarta chiamata assoluta e in Canada rimarrà per 7 stagioni. Dopo una buona annata da rookie coronata dall’inserimento nel primo quintetto delle matricole, nella sua seconda stagione Bosh diventa il leader dei Raptors dato che Vince Carter, l’allora stella della squadra, viene scambiato ai New Jersey Nets. La franchigia, però, negli anni di permanenza di Chris cambia 5 General Manager e 3 allenatori e i risultati non sono di certo eclatanti. Nei suoi anni a Toronto raggiunge la post-season solamente in due occasioni senza riuscire mai a superare il primo turno. Nel 2007 i Raptors vengono eliminati in 6 gare dai New Jersey Nets dell’ex Vince Carter, mentre l’anno seguente perdono 4-1 contro gli Orlando Magic. Chiude l’esperienza con i Raptors a oltre 20 punti di media e 9.4 rimbalzi.

L’era dei Big Three

I Big Three a colloquio
(photo credits: Glenn James/Getty Images)

Nell’estate del 2010 si trasferisce a Miami per formare insieme a Wade e James uno dei terzetti più forti di sempre. In questo contesto Bosh ovviamente deve rinunciare a diversi possessi offensivi in favore delle altre due superstar ma diventa il perno della difesa, punto di forza di questi Heat. Chris gioca da 5 in un quintetto piccolo, in grado di creare spaziature per le penetrazioni di “Flash” e Lebron nella metà campo offensiva e di cambiare in ogni situazione in difesa. La mobilità laterale e la rapidità dell’ex-Raptors gli consentono di marcare anche avversari molto più piccoli di lui. Nei primi 4 anni gli Heat arrivano sempre alle Finals e vincono due anelli consecutivi nel 2012 e nel 2013. Proprio in quest’ultimo è celebre il rimbalzo offensivo catturato da Bosh trasformato in assist per lo step-back di Ray Allen che manda gara 6 al supplementare, in cui il lungo mancino farà anche 2 stoppate decisive.

Il post Lebron e la malattia

Chris Bosh con la maglia degli Heat
(photo credits: Mark J. Rebilas-USA TODAY Sports)

Nell’estate del 2014 Lebron torna a Cleveland per compiere la sua missione e Bosh dopo aver rifirmato diventa il fulcro dell’attacco insieme a Wade. L’undici volte All Star gioca metà stagione a 21,1 punti di media (massimo con la casacca rossonera) prima che gli vengono trovati dei coaguli di sangue nei polmoni e dovendo così saltare il resto della regular season. La stagione successiva è pressoché simile poiché dopo aver giocato poco più di 50 partite gli viene trovato un altro coagulo di sangue, questa volta nel polpaccio. Dopo la seconda stagione consecutiva conclusa anzitempo il nativo di Dallas non demorde e vuole tornare in campo ma non ottiene il permesso dai medici essendo costretto a un ritiro forzato all’età di 32 anni. In realtà il giocatore si ritira ufficialmente il 26 marzo 2019 in occasione della cerimonia in cui i Miami Heat ritirano la sua maglia numero 1.
Il giocatore quest’anno è stato escluso dalla Hall of Fame e se non riuscisse ad entrare nei prossimi anni sarebbe il primo con una media di almeno 19 punti e 8,5 rimbalzi.
I suoi “come on” con cui aizzava la folla durante le partite purtroppo hanno smesso di rimbombare nelle arene molto prima del dovuto, ma CB rimarrà per sempre nel cuore di ogni appassionato della NBA.

Lorenzo Mundi

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