Colombia: violenza fuori controllo per le proteste contro il Governo [VIDEO]

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Di Redazione Metropolitan

Riassunta brevemente, la situazione della Colombia è quella di un popolo che protesta dal 28 aprile contro il suo Governo. In realtà le reazioni statali a questa ribellione hanno raggiunto un livello di violenza tale che per alcuni costituirebbero una vera e propria violazione dei diritti umani. Infatti a fine aprile il popolo inizia a protestare contro la riforma fiscale annunciata dal Governo Duque di centrodestra. Il 2 maggio Duque fa quindi marcia indietro ritirando un progetto che avrebbe colpito soprattutto i più poveri. Non basta. Carrasquilla, ministro dell’economia, rassegna le sue dimissioni.

A quel punto, quando tutti pensavano che le proteste si sarebbero fermate, si sono estese a macchia d’olio ed aggravate, trasformandosi in una profonda critica al Governo e alla gestione della pandemia. La Colombia è nel pieno della terza ondata Covid. Le terapie intensive del Paese sono al collasso. «Quando il popolo scende in piazza durante una pandemia, vuol dire che il governo è più pericoloso del virus», scrivono i manifestanti su un cartello. Lo slogan è tristemente ovvio nel suo significato. Così, nel giro di pochi giorni, la reazione delle forze dell’ordine è precipitata in pura brutalità. A tutt’oggi i militari e la Polizia uccidono la gente per strada o sparando dagli elicotteri.

Gli scontri

Il bilancio degli scontri è grave. Almeno 60 le persone uccise e più di ottocento i feriti. La decisione dell’esecutivo di militarizzare la repressione ha sollevato polemiche. Infatti l’invio dell’esercito contro i manifestanti è stato condannato da parte della comunità internazionale, delle Nazioni Unite e di alcune ONG, come Human rights watch e Amnesty international. Nei primi giorni di scontro, a Cali, un poliziotto ha sparato a Marcelo Agredo Inchima, un ragazzo di 17 anni che stava partecipando alla protesta contro la riforma fiscale. La notte del 2 maggio un altro agente ha sparato alla testa a Nicolás Guerrero, un giovane di 22 anni che filmava gli scontri tra manifestanti e forze statali nel nord della città. «Ho sentito gli spari – ha poi raccontato País Juan David Gómez, un avvocato presente sul posto – Il ragazzo è morto ai nostri piedi. Lo abbiamo visto agonizzare». Anche Bogotà è stata messa a ferro e fuoco. Il 4 maggio infatti notte di violenza per la capitale, con stazioni di polizia incendiate ed un bilancio di circa 50 feriti tra civili e agenti. La sindaca Claudia López ha rivolto una preghiera ai concittadini: «Chiedo alla città e al Paese di fermarci e dialogare».

Comunicazioni via social

Un giovane commenta su Twitter «Abbiamo bisogno dell’aiuto del mondo. Anonymous ci aiuta ma non è abbastanza». Alla domanda su come il mondo possa aiutarli risponde: «Condividete il nostro messaggio, internet è censurato». Infatti lui puoi scrivere solo grazie alla VPN. «A Cali la SWAT e la polizia hanno ucciso più di 60 civili. Nella mia citta, Ibagué, ieri hanno sparato ad un ragazzino di 17 anni». Video e immagini dell’uso abnorme di forza da parte di Polizia ed esercito sono stati diffusi sui social network. I movimenti sociali e gli organizzatori della protesta, dunque, non si sono fermati ed hanno convocato nuove manifestazioni per i prossimi giorni. Con loro ha avviato una strategia di dialogo il Governo Duque, che al momento vede sfumare la possibilità di essere rieletto nel 2022. Secondo il giornalista e politologo colombiano Ariel Ávila, direttore della fondazione Paz y reconciliación, sapremo solo tra qualche giorno chi uscirà vittorioso da questo braccio di ferro. Per il momento, infatti, l’unica certezza è l’incapacità del Governo Duque di affrontare la realtà. Infatti la povertà del popolo colombiano è in aumento e la sua disoccupazione è al 15 per cento. Con queste premesse, inviare l’esercito da un lato e affermare che le proteste sono infiltrate da criminali e terroristi è sintomo di inadeguatezza governativa.

di Serena Reda