Non ci si può togliere dalla mente il ricordo di Pino Daniele, straordinario cantautore del panorama italiano, morto sette anni fa, nel 2015, a causa di un infarto che l’ha colpito mentre si trovava nella sua casa in Toscana. Un malore fatale, che il suo cardiologo di fiducia, il dottore Achille Gaspardone, Direttore UOC di Cardiologia presso l’ospedale “Sant’Eugenio” di Roma aveva definito in questi termini su “La Stampa”: “Pino aveva una gravissima malattia alle coronarie da 27 anni, una patologia che era stata trattata e che si era potuto portare avanti grazie a interventi di angioplastica. La sua vita era appesa a un filo e lui lo sapeva bene. Ogni giorno era un giorno di vita in più guadagnato”. «Pino Daniele non è morto a causa del destino ma di gravi negligenze», denuncia Luisa Regimenti, presidente nazionale dell’Associazione Medicina Legale Contemporanea e consulente della vedova del musicista, Fabiola Sciabbarrasi: «Ho la sensazione che nessuno abbia voluto e voglia andare a fondo sulla morte di Pino Daniele. Su un omicidio colposo non si può dire la parola fine senza essere consapevoli che ci sono state gravi negligenze che hanno causato la morte di Pino».
A riaprire il caso è stato il settimanale «Giallo» rivelando che, secondo la perizia medico-legale disposta dal Tribunale di Roma, a provocare il decesso fu «lo shock cardiogeno in soggetto affetto da cardiomiopatia dilatativa post-ischemica, coronaropatico e sottoposto a intervento di by-pass aortocoronarico, iperteso». Insomma, per il pool di esperti che ha esaminato il caso, «la scelta di ricorrere alle cure dell’ospedale Sant’Eugenio in Roma ha privato il Daniele della possibilità di giovarsi di opportunità terapeutiche in modo tempestivo (considerando una latenza temporale di circa un’ora in merito all’effettività di inizio terapia)». Si riapre così la polemica tra la Sciabbarrasi e Amanda Bonini, all’epoca nuova compagna del musicista ed al suo fianco nella folle corsa dalla villa di Magliano all’ospedale romano, dove il Nero a Metà arrivò morto. Secondo la perizia a peggiorare il quadro fu anche il trasporto in auto da seduto anziché sdraiato: ciò avrebbe provocato un accumulo di sangue nelle «zone declivi» del corpo determinando un’ulteriore diminuzione della distribuzione del sangue agli organi disposti più in alto, in particolare cuore e cervello.
«Se tali negligenze sono state compiute nella più completa buona fede o in una situazione di emergenza che non ha dato modo di riflettere, non sta a me valutarlo», spiega la Regenti (che rappresenta solo una parte della famiglia, non i primi due figli, Cristina e Alessandro), «ma, come affermano i periti del pubblico ministero, per salvare Daniele bastava andare al più vicino ospedale di Grosseto la cui ambulanza si trovava fuori dalla porta della villa pochi minuti dopo la partenza della signora Amanda Bonini che, con il cantautore in stato di incoscienza e quindi caricato a bordo di peso, ha guidato, invece, verso Roma per raggiungere il reparto del dottor Gaspardone nel’ospedale Sant’Eugenio dove Gaspardone, però, non c’era, trovandosi in quei giorni in vacanza in montagna».
Per questo, gli esperti ritenevano che la scelta di affidarsi all’ospedale Sant’Eugenio di Roma avesse tolto al cantante la possibilità di essere tempestivamente soccorso. Risvolti che infiammarono lo scontro tra la vedova di Pino Daniele e Amanda Bonini, all’epoca nuova compagna del musicista e al suo fianco al momento del malore. Inoltre, la perizia evidenziò che il trasporto in auto da seduto, anziché da sdraiato, avrebbe peggiorato le cose, perché avrebbe causato un accumulo di sangue nelle “zone declivi” del corpo, generando un’ulteriore diminuzione della distribuzione del sangue in particolare a cuore e cervello
«Al momento della morte», ricorda la dottoressa, «la famiglia non aveva in mente alcuna ipotesi di reato. Io ho assistito all’autopsia in qualità di consulente di Fabiola Sciabbarrasi e dei suoi figli. Ora purtroppo questo omicidio colposo ha assunto i connotati di una guerra fra due donne: bisognerebbe allontanare questo scenario. Ma è senza dubbio inspiegabile che un’ambulanza viene chiamata, arriva davanti alla porta della villa di Pino che nel frattempo viene trasportato in macchina a due ore di distanza e muore durante il tragitto. Resta da capire chi ha preso questa decisione, perché questa decisione ha causato la morte di Pino. E questo lo dicono anche i consulenti del pm».
Ma il caso Pino Daniele era stato chiuso dalla magistratura, vedremo se sarà riaperto.