Contrastare obesità e sovrappeso con la psicoterapia

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Di Redazione Metropolitan

Causate da un eccesso di alimentazione, l’obesità e il sovrappeso possono essere considerate una malattia sociale dei nostri giorni, diffuse in modo particolare nei Paesi occidentali. Quando il piacere del cibo diventa un’abitudine, c’è il rischio che questa si trasformi in una vera e propria dipendenza. Succede che il cibo non sia solo fonte di gratificazione, ma venga assunto anche per anestetizzarsi rispetto a situazioni di difficoltà, come per esempio la depressione o l’isolamento con cui abbiamo dovuto fare i conti nel corso dell’ultimo anno e mezzo. In effetti per tante persone la dipendenza dal cibo in questo periodo è cresciuta.

L’ipnosi e la psicoterapia

La psicoterapia che si fonda sull’ipnosi è il passo iniziale da intraprendere in genere nel momento in cui il cibo viene associato a una dipendenza che, però, deve essere interrotta. Si procede allora con una prima seduta di ipnosi nel corso della quale al paziente viene insegnata l’auto-ipnosi. In sostanza la persona ha la possibilità di sperimentare come funziona l’ipnosi e di comprendere che stato di coscienza viene a crearsi nel corso di questo trattamento. A quel punto il paziente impara a replicare da solo un identico stato di coscienza.

A che cosa serve l’auto-ipnosi

Imparare a mettere in pratica l’auto-ipnosi non è un esercizio fine a sé stesso, dal momento che questa attività è necessaria quando si tende a perdere il controllo pur avendo intenzione di seguire una dieta finalizzata alla perdita di peso. Se non si è in grado di controllarsi, ci si ritrova ad aprire il frigo e a mangiare più del dovuto, senza limiti. Ecco perché l’auto-ipnosi è un valido supporto per coloro che desiderano perdere peso e che vogliono imparare a non aprire il frigo.

Gli altri effetti benefici dell’ipnosi

Ma gli altri vantaggi offerti dall’ipnosi sono ancora più importanti. Per mezzo di questo trattamento, infatti, il paziente ha l’opportunità di visualizzare sé stesso in una versione diversa, cioè dimagrita: in pratica nello stato di forma di cui potrà godere una volta che avrà raggiunto il traguardo a cui ambisce seguendo la dieta. Con tale meccanismo cresce la motivazione a rispettare la dieta e a evitare gli sgarri, dal momento che si mostra al paziente il risultato a cui potrà arrivare. Lo studio di un paziente obeso presuppone che venga valutata la presenza di un disturbo mentale; è necessario, inoltre, codificare le caratteristiche di personalità ed effettuare una valutazione della comorbilità organica o psichica, ma anche valutare il soggetto in relazione agli avvenimenti stressanti della sua vita e alla sua funzionalità globale.

L’obesità vista dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

L’obesità viene indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una condizione medica generale, classificata attraverso la codifica E66 tra le malattie endocrine, metaboliche e nutrizionali. Per la sua valutazione è necessario far riferimento alla sua complessità tenendo conto anche dei fattori psicologici e psicopatologici che la riguardano, così che si possa individuare un adeguato approccio terapeutico, secondo le indicazioni fornite dall’American Psychiatric Association.

I disturbi dello spettro ansioso

In molti casi l’obesità è associata a vari disturbi dello spettro ansioso: per esempio il disturbo ossessivo compulsivo, ma anche il panico e l’ansia generalizzata. Si possono manifestare, inoltre, quadri depressivi in numerose manifestazioni cliniche differenti, e a volte si ha a che fare anche con i disturbi della nutrizione, fra i quali il disturbo da binge eating. Disturbi che, per altro, rischiano di influenzare la gestione del soggetto obeso, anche perché necessitano di un trattamento ad hoc. Qualora tali disturbi non dovessero venire riconosciuti, a esserne condizionata sarebbe anche la gestione globale della compliance terapeutica e diagnostica del paziente obeso, con la probabilità – da non escludere – che i sintomi evolvano in quadri clinici che, rivelandosi più complessi, richiederebbero una gestione ancora più impegnativa.

Le abbuffate e il disturbo da alimentazione incontrollata

Nelle persone obese nel corso degli anni più recenti è stata registrata la crescita di casi di disturbo da alimentazione incontrollata, che si caratterizza per numerosi episodi di abbuffate. Tali abbuffate, per altro, sono fonte di disagio, anche se il paziente non mette in atto dei comportamenti compensatori quali l’abuso di lassativi e il vomito autoindotto, che sono tipici della bulimia nervosa. Le abbuffate sono contraddistinte dalla sensazione di non potersi arrestare o di non essere capaci di controllare quello che si mangia. Sono coinvolti problemi di discontrollo cognitivo in relazione ad attività rischiose o che comportano una gratificazione istantanea: proprio ciò che avviene quando non si può avere il controllo totale del proprio comportamento.