L’emergenza del Coronavirus ha chiusi i reparti e fermato i consultori. La gestione della gravidanza resta un diritto, noi BRAVE GIRLS vogliamo addentrarci un po’ nella questione.
La situazione in quarantena è questa: sono stati chiusi i reparti e respinte le donne tra consultori e ambulatori ginecologici. Può sembrare un problema secondario, ma è quantomeno superficiale ignorare le conseguenze sociali secondarie che la pandemia e le misure di lockdown in corso potrebbero portare.
Coronavirus e diritto all’aborto:
In Italia abortire è diventato molto difficile, si potrebbe dire quasi impossibile. La crisi enonomica e sociale, effetto collaterale del Covid-19, ha portato conseguenze sul piano sanitario a tutti i livelli. Ha mandato in pezzi la già fragilissima rete della legge 194.
“In tutto il Nord, gran parte dei reparti di interruzione volontaria di gravidanza sono stati chiusi per destinare i letti ai malati di Coronavirus. In altri ospedali i pochi anestesisti non obiettori sono stati destinati alle terapie intensive, spostarsi per cercare una struttura aperta è vietato dalle ordinanze, i consultori non ricevono, ogni giorno riceviamo telefonate disperate di donne che non sanno più come fare”.
A parlare è la ginecologa Silvana Agatone, presidente della Laiga, associazione storica nata per difendere la legge 194.
“E’ una tragedia nella tragedia. So di ragazze che si sono dovute spostare da Torino a Caserta per poter abortire. Donne ormai vicine alla scadenza delle dodici settimane respinte da tutti i centri. Ci sono consultori che non rilasciano più i certificati. Nonostante il ministero della Salute abbia specificato che l’interruzione volontaria di gravidanza rientri negli interventi indifferibili, molte strutture hanno invece equiparato gli aborti agli interventi di routine e fermato gli accessi”.
Una tragica testimonianza:
Abbiamo riportato qui sotto le parole di Maria, dal Nord:
“A Milano sono stata respinta da quattro ospedali. Ero vicina al termine quando finalmente mi hanno accettato alla Mangiagalli”.
E di Rosaria, dal Sud, precisamente da Salerno:
“Ho violato le ordinanze e sono andata di nascosto a Campobasso, dopo aver perso ben due settimane, dove il reparto è aperto. L’unico ospedale di Salerno che praticava le interruzioni ha chiuso e a Napoli non c’era posto. Un calvario. Ho viaggiato di notte”.
Alcune speranze nella Ru486?
In una situazione in cui soltanto il 64 per cento di ospedali in Italia ha reparti per la legge 194, dove gli obiettori di coscienza sono più del il 70 per cento di medici, anestesisti e paramedici, è bastato che in pochi iniziassero a rinunciare alle pazienti, e la situazione è velocemente degenerata.
La cosa peggiore è che in molte strutture (come a Lodi) sono stati bloccati gli aborti farmacologici (per via della necessità di occupare un posto letto dovuto al ricovero di circa tre giorni). Ciò a favore degli aborti chirurgici effettuati in day hospital, sebbene anche questi richiedano lavoro, nonchè l’utilizzo di sale operatorie.
Questo ha riaperto così la controversa questione, mai risolta, sull’uso della pillola Ru486 in Italia. Certamente una maggiore diffusione renderebbe meno grave, oggi, la crisi degli aborti negati.
L’emergenza è all’ordine del giorno:
“Riceviamo decine di telefonate ogni giorno di donne e ragazze che ci chiedono aiuto, nessuno dà informazioni precise”,
racconta Eleonora Mizzoni, da Obiezione respinta: una piattaforma creata dalle femministe di Non ora quando per mappare l’obiezione di coscienza in Italia.
“Abbiamo creato un canale Telegram e un numero dedicato proprio per questa emergenza. Le richieste d’aiuto sono triplicate. Da una parte c’è la questione sanitaria. Ma c’è anche il boicottaggio. A una ragazza, all’ospedale di Avellino, hanno risposto: “Durante la settimana santa non facciamo aborti”.
Capite? Un ospedale pubblico. Ciò che affiora è molto di più rispetto a un’emergenza sanitaria. Del resto fin dai primi giorni dell’epidemia i vari gruppi prolife italiani, a cominciare da Provita, avevano chiesto al ministro Speranza di “abolire gli aborti”.
Abolire gli aborti?
Cosa effettivamente avvenuta in Ohio e Texas, due stati ultraconfessionali della “bible belt” americana, ossia la un’associazione cristiana fondamentalista. Così, mentre sul sistema della 194 cala il lockdown, le conseguenze non mancano. Nessuno ci pensa, ma non mancano.
Parliamo di strutture prese d’assalto, come la clinica Sant’Anna di Caserta, passata in poche settimane da 120 a 160 aborti al mese. Un aumento di 40 aborti al mese, circa un incremento del +30%.
Parliamo anche dell’ospedale “Grassi” di Ostia, in cui l’unico anestesista non obiettore è stato spostato nelle terapie intensive del Coronavirus. La cosa è nobile, ma così facendo sono diventati impossibili tutti gli aborti chirurgici. Situazione simile anche nelle Marche, in Umbria, in Campania, in Puglia e in Sicilia: dove le donne sono costrette a spostarsi.
Coronavirus e le contraddizioni del sistema:
L’emergenza sanitaria è evidente e non si mette in discussione niente di tutto ciò. Quello che questo articolo delle BRAVE GIRL vuole mettere in luce non è solo la necessità di essere informati riguardo quest’altro tipo di emergenza. Si tratta di conseguenze non tanto alla diffusione o contenimento del Covid-19 quanto alle falle accumulate negli anni del sistema sanitario italiano (e non solo!). Minimizzare le conseguenze secondarie della pandemia da Coronavirus è un modo per lavarsene fondamentalmente la coscienza, piuttosto che riflettere su ciò che ha portato uno Stato a trovarsi impreparato sul contagio e su tutte gli effetti secondari che ha portato nella Società, nell’Economia e (non ultimo) nella Sanità. Forse, prima di fare una guerra legale ad associazioni come Lucha y Siesta o chiudere la Storica Casa delle Donne, sarebbe stato meglio riflettere oculatamente.
Chiudere gli occhi sugli effetti non strettamente legati all’emergenza del momento lascia spazio al perpetuarsi di ingiustizie, le cui conseguenze semplicemente non scompariranno nel nulla.
La consegna della Ru468 sarebbe un ottimo inizio per aiutare le donne con necessità mediche specifiche. Questo fa pensare anche alla tragica situazione per l’emergenza violenza domestica, che è un drastico aumento durante questo Lockdown.
Articolo di: Rae Mary
Editing di: Rae Mary
Artwork: Rae Mary
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