Reduci dagli spiriti incontrati nel cielo di Venere, Dante e Beatrice ascendono al quarto cielo, il cielo del Sole (“lo maggior ministro della natura”). Al principio di questo decimo canto del Paradiso, Dante si perde nella contemplazione dell’ordine perfetto con cui Dio ha creato i cieli; il Sole, misura del tempo che irradia la Terra con la sua influenza benefica, si trova giusto nel punto equinoziale. Il poeta, incantato dallo spettacolo celeste, non si accorge della salita sotto la guida della sua Beatrice che conduce Dante al nuovo cielo tanto rapidamente che pare l’atto sia già compiuto.
Nella luminosità abbagliante del Sole danzano altre luci. Sono il quarto gruppo di beati (“la quarta famiglia de l’Alto Padre”) formato dai grandi spiriti sapienti saziati nella conoscenza dal Dio vivente di cui contemplano il mistero della Trinità. Gli spiriti ballano e cantano per tre giri, finché non si fermano come danzatrici in attesa che riparta la musica.
San Tommaso d’Aquino e la corona dei dodici sapienti
All’improvviso, una delle luci più splendenti del Sole si rivolge a Dante. Riconosce nel poeta la grazia divina che gli ha concesso di ascendere all’altezza del Paradiso; negarsi di placare la sua sete di conoscenza sarebbe come impedire all’acqua di non scendere verso il mare, e perciò contrario alla natura dei beati che nel cielo del Sole risplendono proprio per la loro giusta sete di conoscere Dio. A parlare è lo spirito di san Tommaso d’Aquino, lume dell’ordine domenicano (“fui de li agni de la santa greggia che Domenico mena per cammino”).
Il santo indica le altre anime contornate dalla luce, a partire dal suo maestro Alberto Magno. Vengono poi il padre del diritto canonico Graziano, Pietro Lombardo, autore delle “Sentenze”, e il re biblico Salomone. Seguono Dionigi l’Areopagita, che spiegò la natura degli angeli, l’allievo di sant’Agostino Paolo Orosio, il filosofo Severino Boezio e i grandi teologi Isidoro di Siviglia, Beda il Venerabile e Riccardo di San Vittore. Per ultimo, alla sinistra, risplende l’anima di Sigieri di Brabante, filosofo radicale che “silogizzò invidiosi veri”. Allora la corona dei dodici lumi, tintinnando come il meccanismo di un orologio, riprende il suo moto e gli spiriti sapienti tornano a cantare con una tale dolcezza che solo in Paradiso si può intendere (“ch’esser non pò nota se non colà dove gioir s’insempra”).
Davide Cossu
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