Darfur: perché la situazione dovrebbe interessarci

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Di Maria Paola Pizzonia

Una riflessione geopolitica sulla situazione in Darfur.

Il Darfur è una regione del Sudan che ospita una popolazione di circa sei milioni di persone, di quasi 100 diverse tribù.

Tra queste, alcuni gruppi sociali sono nomadi o semi-nomadi e si muovono percorrendo il territorio con averi e bestiame, mentre altri sono invece contadini che rimangono insediati sulla propria terra. Il territorio del Darfur è dilaniato dallo scontro che sembra non giungere ad una conclusione e coinvolge molte forze politiche, anche non locali. Vediamo come mai.

Darfur, generalità

Geograficamente il Darfur è una regione molto vasta, circa delle dimensioni della Francia. Storicamente era uno stato indipendente, prima di far parte del Sudan, quando la Gran Bretagna prese il controllo del paese nel 1916. Sotto il controllo britannico si è rallentata l’indipendenza sociale e lo sviluppo economico in Darfur. Nel 1956, quando il Sudan ottenne l’indipendenza da Gran Bretagna, il Darfur rimase come appunto una “parte” del paese. Ci sono state anche in tal senso molte tensioni regionali, in particolare perché le persone in Darfur si sono sentite trascurate ed emarginate dal governo sudanese a Khartoum, la capitale. Oltre alle tensioni interne tuttavia il paese è dilaniato da conflitti geo-politici di forze proiettate all’estero.

Dov’è il Darfur, fonte: Aljazeera

La maggior parte delle tribù in Darfur che sono nomadi o semi-nomadi e si considerano di discendenza araba (Janaweed, arabo جنجويد,  lett. “demoni a cavallo“) mentre la maggior parte delle tribù agricole si considerano di origine africana (Baggara, arabo: البَقَّارَة lett. “pastori di giovenche“). Tuttavia, nonostante osserviamo una divisione tra Janaweed e Baqqara, la maggior parte dei cittadini sono musulmani.

Le risorse della regione si concentrano nella capitale e nel centro del paese (continuando la tendenza rispetto a come erano andate le cose sotto il dominio britannico) e lì si concentra lo sviluppo. Esso è tuttavia ostacolato da un conflitta nella regione.

Il nazionalismo di Omar Al-Bashir:

Nel 1983-1984 ci fu una carestia in Darfur ad alto tasso di mortalità che aggravò le difficoltà che deve affrontare chi vive in questa zona.

Storicamente c’erano state molte tensioni tra tribù nomadi e contadine per l’acqua e pascoli, ma le controversie venivano solitamente risolte utilizzando il sistema giudiziario locale. Tuttavia nel 1989,
Il Sudan passò sotto il controllo del generale Omar Al-Bashir, che prese il controllo del paese in a
colpo di stato militare.

Il governo di Bashir ha promosso la crescita del nazionalismo arabo e ha adottato una politica di c.d. arabizzazione in Darfur, favorendo quindi gli arabi rispetto agi africani, in particolare nelle controversie sulla gestione delle terre. Tanto i governi nazionali quanto interessi geo-politici esteri spinsero le due fazioni in una spirale di violenza tutt’ora irrisolta.

Infatti, il governo di Khartoum alimentò subito il conflitto riversando molte armi nella regione. Ci sono stati attacchi contro comunità agricole africane sedentarie locali da parte di arabi nomadi. Si può dire governo Sudanese sia stato complice della “pulizia etnica” e della riduzione in schiavitù dei neri africani Baggara.

Liberazione del Sudan:

Spinti da tutte queste istanze emergono, nel 2003, due movimenti ribelli:

  • l’Esercito di Liberazione del Sudan (abbreviato SLA)
  • il movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza (abbreviato JEM).

Essi hanno iniziato ad attaccare il governo sudanese e colpire obiettivi militari (come basi aeree) distruggendo i villaggi con il supporto aereo militare, poi anche usando i miliziani Janjaweedi per attacchi, che degenerano in azioni contro la dignità umana e la vita come omicidi e stupri.

Inoltre i villaggi e i campi vengono bruciati varie volte nella stagione per impedire che la terra venga coltivata e il villaggio ripopolato.

ONU e Darfur:

L’Unamid è una missione ONU che nasce il 31 luglio 2007 con la Risoluzione 1769 del Consiglio di sicurezza. Si tratta di una missione congiunta di:

  • Unione Africana (l’Organizzazione internazionale regionale che regola i rapporti tra stati nel continente africano)
  • Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite)

L’Unamid è la prima di questo genere nella storia degli interventi di peacekeeping. Il mandato ONU non hai mai negato l’uso della forza per difendere i civili.

L’unamid si componeva di varie operazioni, tra cui alcune umanitarie. Ha inoltre previsto il dispiegamento di 26mila uomini, 20mila circa dei quali erano militari e quasi tutti i restanti forze di polizia.

La fine della missione è stata sancita all’unanimità il 22 dicembre 2020 da un’altra risoluzione del Consiglio di sicurezza, la risoluzione 2559, con un periodo di sei mesi per completare il ritiro delle truppe e la chiusura. Altrimenti la consegna alle autorità sudanesi competenti, delle basi rimaste.

Tuttavia senza la presenza, per quanto criticabile, dei Caschi Blu, la situazione nel territorio è destinata certamente a degenerare.

e la giustizia internazionale?

La Corte Penale Internazionale sta attualmente indagando sui crimini commessi in Darfur a partire dal 1° luglio 2002. Le indagini erano state aperte a giugno del 2005 e hanno prodotto risultati preoccupanti. Sono diversi i casi che coinvolgono ufficiali del governo sudanese tanto quanto i leader delle milizie/Janjaweed. Si parla di:

  • genocidio: Sia per uccisione sia parlando di genocidio per aver causato gravi danni fisici o mentali; genocidio per aver deliberatamente inflitto a ciascun gruppo bersaglio condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione fisica;
  • crimini di guerra: crimini che comprendono l’omicidio; gli attacchi contro la popolazione civile; la distruzione di proprietà; lo stupro; il saccheggio; oltraggio alla dignità personale; violenza alla vita e alla persona; quanto anche il dirigere e programmare attacchi contro persone, installazioni, materiale, unità o veicoli coinvolti in una missione di pace; 
  • crimini contro l’umanità: comprendenti omicidio; persecuzione; trasferimento forzato di popolazione; stupro; atti inumani di vario ordine come imprigionamento o grave privazione della libertà, tortura, sterminio.

Ad aggravare la situazione, c’è la notizia che il WFP, quindi il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, ha sospeso le operazioni in tutto il Nord Darfur. Ciò è avvenuto a seguito del saccheggio di tre dei suoi magazzini, avvenuto lo scorso 24-25 dicembre nella capitale dello stato del Nord Darfur, El-Fasher.

L’ONU è stata presente sul territorio tramite forze di peacekeeping per gestire la situazione, favorendo tuttavia in questo modo il ri-acutizzarsi delle tensioni da parte delle milizie ancora attive in alcune zone. In particolare nel Jebel Marra, un’area montuosa usata come roccaforte da una fazione dell’opposizione armata, il Movimento di liberazione del Sudan di Abdel Wahid al-Nur (Slm-AW).

Ricapitolando sul Darfur:

Questo conflitto è quindi tra:

  • i contadini Baggara dell’Africa nera (alcuni dei quali appartengono i movimenti SLA e JEM)
  • le milizie di Janjaweedi, a cui hanno aderito tribù nomadi arabe

Il governo Bashir si serve del conflitto civile-etnico per i propri scopi. Infatti sta cercando di distruggere i contadini africani – quindi i ribelli – e ha fornito supporto aereo, elicotteri e armi da fuoco ai Janjaweedi con l’incentivo della promessa della terra agli arabi per entrare nelle milizie.

Sponsorizzati dal governo, i Janjaweed hanno continuato a prendere di mira gli africani in Darfur durante gli ultimi 12 anni.

© WFP/Leni Kinzli Donne in fila per la distribuzione di assistenza in denaro del WFP in un campo profughi nel Darfur meridionale, in Sudan.

Le Nazioni Unite, che hanno intervenuto con la missione UNAMID, hanno descritto la situazione come

“una delle peggiori al mondo tra le crisi umanitarie”

Oltre 2,7 milioni di persone sono state sfollate e vivono nei campi di tutto il mondo Darfur. Circa 300.000 rifugiati del Darfur vivono ora nel vicino Ciad.

L’ONU lo stima circa 4,7 milioni di persone sono ancora colpite dalla situazione; in cui sono negati i diritti umani fondamentali e si ricerca disperatamente affidamento per aiuti umanitari.

In Darfur ci sono state le truppe Wagner

Una delle maggiori difficoltà che dobbiamo affrontare, la comunità internazionale, è come possiamo effettivamente esercitare pressioni in questa complessa situazione geopolitica internazionale.

Nonostante le accuse a Bashir e ad altre figure di spicco del regime, essi hanno resistito a qualsiasi
pressione esterna, in quanto hanno i vantaggi del sostegno della Cina e delle fonti di petrolio sotto il
terra del loro vasto paese. Ma non è questo l’unico collegamento che questo conflitto, che potrebbe apparire limitato ad una specifica regione, proietta all’estero. Veniamo all’invasione Russa in Ucraina e al suo rapporto col Darfur.

ISPI, CSIS, per approfondimenti leggere qui.

Nell’intervista a The Insider, Strelkov ha affermato che i mercenari della Wagner erano presenti anche in Sudan del Sud e forse in Libia. I rapporti tra le forza hanno quindi radici profonde.

Diversi giorni prima della pubblicazione dell’intervista, egli sostenne che i mercenari della Wagner si stessero preparando all’invio dalla Siria. Ciò a seguito della dichiarazione del Presidente Omar al-Bashir al presidente russo Putin sulla necessità per il suo paese di protezione.

“Protezione dalle azioni aggressive degli Stati Uniti “.

Strelkov

Da anni in Sudan imperversano due conflitti interni di cui uno è quello nella regione del Darfur (l’altro negli stati del Kordofan meridionale e del Nilo Azzurro), mentre contemporaneamente in Sud Sudan dal 2013 è in corso una guerra civile. La situazione è complessa ed è importante notare la presenza di forze esterne sul territorio, forze come quelle, appunto, Russe (Wagner).

Il Gruppo Wagner è una compagnia militare privata e un gruppo di mercenari paramilitare facente parte della Federazione Russa. Il gruppo è di proprietà di Evgenij Prigožin, un uomo d’affari con stretti legami con il presidente russo Vladimir Putin.

Nel 2018 un numero non indifferente, ovvero 500 mercenari, sarebbero stati inviati nella regione sudanese del Darfur per addestramento militare, forse lontano da “occhi indiscreti” dei più prossimi paesi in Europa.

Rapporti tra Darfur e conflitto Russo-Ucraino:

Dopo il colpo di Stato sudanese svoltosi tra Ottobre e Novembre del 2021, il sostegno russo all’amministrazione militare istituita in Sudan è diventato più aperto. Emergono quindi i legami russo-sudanesi, insieme alle attività Wagner. Queste hanno continuato ad espandersi anche dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, portando a condanna da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Norvegia.

Il gruppo Wagner ha ottenuto concessioni minerarie molto redditizie a 16 km dalla città di Abidiya, ubicata in una zona molto ricca d’oro nella parte nord-orientale del Sudan. Qui è stata allestita una miniera d’oro gestita dalla Russia e si pensava che sarebbe potuta essere un avamposto del gruppo Wagner. Indagini sono in corso al momento rispetto a questo.

Più a est, Wagner utilizzava anche la regione del Darfur nel Sudan occidentale come punto di sosta per le sue operazioni in altri paesi vicini (come la Repubblica Centrafricana o la Libia). I geologi della compagnia “Meroe Gold” che citiamo perché collegata a Wagner hanno visitato il Darfur per valutare il suo potenziale di uranio

Le violenze in Darfur per via del conflitto:

Lo scorso anno l’ordine degli avvocati del Darfur ha accusato i contractor di aver ucciso un gruppo di minatori artigianali nella località di Um Dafuq.

Con un ampia documentazione, corredata anche da fotografie, reperibile anche grazie ad African Express, che cito:

l’associazione degli avvocati conferma di aver individuato i contractor russi mentre bivaccavano nei bar e passeggiavano nelle strade di Um Dafuq. La loro presenza era stata registrata nella regione già oltre un anno fa. I miliziani sono stati visti anche nelle vallate del Sud Darfur al confine con la Repubblica Centrafricana e l’ordine degli avvocati ha anche raccolto testimonianze di familiari dei lavoratori uccisi.

African Espress, leggi qui

Il governo militare al potere in Sudan continua a negare la presenza dei mercenari russi nel Paese, ma la faccenda non è altro che un segreto di pulcinella: i soldati di ventura sono arrivati già ai tempi dell’ex dittatore Omar al Bashir, Come Africa ExPress ha documentato più volte (potete visionare qui).

Darfur ora:

Il conflitto in Darfrur, iniziato nel 2003, è ancora in corso. Karim Khan, procuratore della Corte penale internazionale, sostiene:

“In effetti, è mio sfortunato dovere dire che la cooperazione è peggiorata, non migliorata, dal mio ultimo briefing”

Karim Khan, Corte Penale Internazionale

Nonostante gli impegni, l’accesso al Paese è diventato più difficile a causa di “nuovi ostacoli amministrativi” e “sono necessari sforzi di Sisifo per ottenere semplicemente un visto per ingresso singolo”.

La questione è all’attenzione dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati come visionabile in questo rapporto dell’anno corrente 2023. Di seguito un video di Aljazeera sulla situazione attuale.

Articolo di Maria Paola Pizzonia

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