Il Marchese De Sade, un pornografo morale

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Di Redazione Metropolitan

Nato a Parigi  il 2 Giugno del 1740 dalla famiglia più aristocratica della Provenza, DonatienAlfphonse-Francoise De Sade fu in realtà un politico rivoluzionario prima che uno scrittore, filosofo, poeta, drammaturgo e saggista. Per il contenuto trasgressivo delle sue opere, contenuto che sempre sfocia in una sessualità violenta, deviata, a lui dobbiamo il termine “Sadismo”.

Bambino dall’aria angelica, biondo, esile, unico erede della famiglia, essendo assenti sia il padre che la madre, conteso dalle zie materne, fu invece educato da uno zio paterno: Abate di Sade. Zio eccentrico del quale assorbì lo spirito e quel pensiero che lo ha fatto diventare il massimo esponente del libertinismo, dell’illuminismo più radicale: quello ateo, materialista e anticlericale. A soli quattordici anni viene iscritto alla più prestigiosa e rigorosa scuola militare. A quindici è nominato sottotenente e partecipa alla guerra dei sette anni.

Tutti i principi morali universali sono oziose fantasie

Il teatro della crudeltà. roberto Ferri- fonte web
Il teatro della crudeltà. roberto Ferri- fonte web

Coraggioso, valoroso, viene congedato col grado di capitano. Inizia così la sua vita da civile intellettuale dissoluto che gli varrà la fama di criminale e, sommati, ben ventisette anni di carcere. La sua dissolutezza, il suo essere promiscuo, il suo avvalersi dei favori di prostitute e attricette non si placa nemmeno col matrimonio.

Grazie a un contratto stipulato dal padre infatti, preoccupato per sua licenziosa e dispendiosa condotta, sposerà la figlia di un ricco magistrato. Destino vuole che egli trovi nella moglie una “viziosa” alleata, capace di organizzare orge con lui e per lui, e di sottostare a tutte quelle perversioni che altro non sono che libertà fuori dagli schemi e dalle ipocrisie del tempo.

Le sue prigioni

Viene incarcerato e condannato per il caso Arcueil prima e per L’Affare di Marsiglia dopo; per quelle che ancora oggi sarebbero accuse per rapimento, violenza privata, torture. Accuse da lui sempre smentite adducendo la consensualità di tutte le parti in causa. La sua stanza delle torture ci riporta alla mente un romanzo divenuto famoso ai nostri giorni che confrontato con gli  scritti di De Sade ci appare in realtà una storiella per educande. In carcere scrive le sue opere più famose: Justine, I crimini dell’amore, Le 120 giornate di Sodoma; quest’ultimo portato a termine durante la presa della Bastiglia e reso immortale dalla trasposizione cinematografica di Pasolini.

le 120 giornale di Sodoma-film- Pasolin- fonte web
le 120 giornale di Sodoma-film- Pasolin- fonte web

La spinta verso l’amore, portata all’estremo, è una spinta verso la morte

Scandaloso, blasfemo secondo la morale del suo tempo, eretico, ateo, criminale impenitente, viene più volte condannato a morte. Evade, evita la ghigliottina come non succederà a Robespierre qualche anno più tardi. Fugge in Italia, viene arrestato nuovamente e riportato in patria di nuovo condannato a morte, stavolta in via definitiva.

Tutto questo nonostante il fiancheggiamento al nuovo governo repubblicano. Per un errore burocratico viene però dimenticato nella sua cella e liberato l’anno dopo. Perseguitato dalla stampa morirà in manicomio da solo e malato all’età di 74 anni.

De Sade-disegno- fonte web
De Sade-disegno- fonte web

Lo spirito più libero mai esistito

Pur appartenendo alla nobiltà De Sade nei suoi scritti la condanna al pari del potere, dello stato, della morale sessuale e familiare che imponeva alle donne di vivere il sesso con pudore e consentiva “libertà di piacere” agli uomini. Si professa repubblicano, individualista e socialista. Viene accostato a Freud per il suo far scaturire ogni azione umana dalla sessualità. Considerato ora un precursore dell’esistenzialismo, ora un precorritore del nichilismo, verrà resuscitato e valorizzato dai surrealisti.

Predicare e non mettere in pratica equivale a costruire una barca e poi abbandonarla a riva.

Nei  suoi scritti scabrosi, le donne e gli uomini impersonano lo stesso ruolo ora attivo ora passivo, ora di vittime ora di carnefici, in un gioco perverso, crudele e violento oltre ogni dire. Gioco che lui non separa mai dalla passione se non addirittura dall’amore. Un modo di intendere l’amore come mai esclusivo e mai separato dalla carnalità.

A questo proposito però, ci fa sorridere il fatto che la sua storia d’amore più importante, vissuta dopo l’abbandono della moglie, poco o nulla aveva a che vedere con il sesso; e fu da lui descritta come platonica, di cuore e cervello. L’amore più perverso che abbia mai vissuto.

Cristina Di Maggio

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