Death Note, cosa ha combinato Netflix?

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Di Redazione Metropolitan

Locandina del film.

Il film “Death Note: il quaderno della morte” dopo una lunga attesa è finalmente arrivato sul catalogo Netflix. I fan lo hanno aspettato con impazienza, ed è giunto il momento di parlarne.
L’ articolo conterrà spoiler vari al fine di riportare al meglio le mie impressioni su questo prodotto.
Pubblicato il 25 Agosto scorso, Death Note nasce come adattamento statunitense dell’ omonimo manga scritto e ideato da Tsugumi Ōba, e ciò porta alla prima (e spero ultima) premessa di questo articolo: dovete partire dal presupposto che questo film è una sorta di lettura in chiave alternativa data dal “whitewashing”. Quest’ ultima è una pratica dell’industria cinematografica in cui un attore bianco ottiene il ruolo di un personaggio storicamente di un’altra etnia col fine di renderlo più appetibile al grande pubblico. Death Note subisce uno “sbiancamento” completo del cast, lasciando dietro di se una serie di differenze (anche sostanziali) col fumetto. Quindi adesso parleremo del film come unicum e, successivamente, delle incongruenze col fumetto.

La trama ci viene presentata come un teen-drama dalla voce un po’ rauca, poco convincente e frettolosa: in due minuti ti ha già mostrato come il protagonista vive passivamente la vita di vittima di una società ingiusta, entra in contatto con questo quaderno che, senza indugi, viene raccolto dal nostro Light (Nat Wolff). Da lì a poco conosceremo gli altri personaggi, come Mia (Margaret Qualley), il padre di Light  James Turner (Shea Whigham), il dio della morte Ryuk (Jason Liles e Willem Dafoe) e l’ investigatore privato Elle (Lakeith Stanfield). Sin dal primo minuto in cui Light incontra Ryuk il rapporto “spavento-conseguenza” sembra non essere rispettato, in pochi attimi  passa dalle urla causate dalla visione orrorifica del demone al pensiero vendicativo verso il bullo della scuola, innescato dallo stesso dio della morte. Il bullo viene decapitato davanti agli occhi del giovane, ma ciò non sembra turbarlo. Fatto questo Light si convince del potere del manufatto e, dopo una serie di vendette personali, Mia gli si avvicina incuriosita dall’ aura di mistero che il ragazzo lascia intorno a se, e dopo un altro paio di minuti Light sta già mostrando il potere del quaderno alla ragazza che, alla fine, si impone come partner e propone di utilizzare il Death note per portare giustizia in un mondo altrimenti ingiusto sotto lo pseudonimo “Kira”. Non appena Kira inizia ad acquisire una certa fama, entra in scena Elle e si fa più spazio a James, padre di Light, al quale viene assegnato il caso di scoprire chi sia Kira, quale sia lo strumento e lo scopo.

Willem Dafoe nei panni di Ryuk.

Da qui in poi una serie di vicessitudini che porteranno ovviamente ad uno scontro tra i due ragazzi, per poi concludersi con una fuga rocambolesca e unico momento in tutto il film in cui Light non viene meno al titolo di “ragazzo brillante” che padre, preside e Elle stesso gli riservano. Dal finale aperto, il regista Adam Wingard parla già di un possibile sequel.
Il film nel complesso risulta guardabile, sicuramente non eccelso e con parecchie lacune, ma non è tutto tutto da buttare. Segue una strada tutta sua rispetto al manga e va bene così: se avete intenzione di guardare il film aspettandovi il manga in live action non guardatelo perché c’è solo da rimanerne delusi.

Passiamo ora alle incongruenze più evidenti tra manga e film!
1) L’ entrata in scena
Ricordo ancora quella scena: il quaderno che cade dal cielo senza saette ne nuvoloni, nell’ indifferenza di tutti. Il quaderno atterra al suolo e viene ignorato. Nel film, invece, pare che Light sia stato già scelto da Ryuk e non che sia stato un caso
2) E’ Turner, non Yagami
Nerd impacciato con chiari problemi familiari, madre assassinata e vittima di bullismo contro studente modello, rispettato e benestante senza apparenti problemi. Lo studente brillante sì, ma tra i due c’è un abisso che non puoi colmare solo con la scena finale.
3) Non c’è spazio per le emozioni
Sappiamo bene perché L Lawliet, Sherlock Holmes e Gregory House, perché la loro mente è puramente logica e non lascia spazio alle emozioni se non in casi davvero estremi che danno ancora più spessore al personaggio che non sa come comportarsi di fronte all’ amore e all’ affetto. Questo Elle, invece, sembra essere sin troppo coinvolto sentimentalmente, e ciò gli costerà l’ intero ruolo che, già poco dopo dalla prima apparizione sulla pellicola, perderà di credibilità.
4) Final Destination
Non accade troppo spesso, per carità, ma la componente splatter non risulta troppo gradevole, quando nel fumetto invece si lasciava molto più spazio al risaltare la componente psicologica dei protagonisti, cosa dove il film pecca.
5) Lo shinigami
Una differenza che ho trovato gradevole, invece, è la rappresentazione di Ryuk nelle scene. Il CGI non è particolarmente lodabile, ma le maestose interpretazioni della faccia e della voce di Willem Dafoe e le movenze di Jason Liles riescono a fare il loro lavoro. Il dio della morte è sempre nell’ oscurità, in penombra, sfuocato, e ciò si discosta molto dalla visione sempre chiara e mai ambigua del manga.

Elle e Light in una scena del film.

Se siete curiosi, concludo con la lista dei “Whitewashing” più famosi nella storia del cinema! https://en.wikipedia.org/wiki/Whitewashing_in_film#List_of_films