Dino Sabatini non ha bisogno di molte presentazioni. Il suo talento, la sua cultura, ma soprattutto il suo rapporto con la musica lo rendono uno dei più quotati artisti nella scena elettronica internazionale. Ci ha concesso un minimo del suo tempo tra tour ed eventi live per fargli alcune domande. Enjoy friends!!
MMI: Ciao Dino, è un enorme piacere averti qui. Bando alle ciance, iniziamo subito! La prima domanda, anzi le prime domande saranno improntate sulla tua filosofia di musica e sul linguaggio sonoro che utilizzi. Il tuo sound è particolare e molto variegato. A tratti s’esprime con atmosfere cupe, tenebrose, altre volte trasporta in atmosfere trascendentali, quasi eteree. Si crea un collegamento tra passato e presente con uno sguardo al futuro. Spiegaci questa connessione temporale-musicale e se posso chiederti una rapida linea del tempo parallela sull’evoluzione degli strumenti musicali con i quali lavori (dai primi ai più recenti).
DS: Il suono, la musica e qualsiasi forma d’arte tendono quasi sempre a raccontare qualcosa di personale, rappresentazioni di vita, le emozioni dell’artista stesso e questo è quello che solitamente provo a fare io, anche se poi, ogni giorno è differente dall’altro ed in base agli avvenimenti della vita le emozioni cambiano e di conseguenza cambia anche il mio approccio con la musica ed i suoni. Forse questo è uno dei motivi per i quali si notano differenti espressioni e tensioni nelle atmosfere delle mie tracce.
Nel corso della mia vita ho vissuto differenti esperienze musicali, ho studiato e suonato per molti anni la chitarra, tramite il circuito ho avuto modo di frequentare studi di registrazione e mi sono appassionato della produzione. Così ho fatto alcuni anni di esperienza sul campo come tecnico audio; ho fatto di tutto, dalle conferenze al club, in quel periodo ho imparato a microfonare anche i secchi della spazzatura (che oggi non sarebbe neanche male come suono).
Poi ho gestito per molti anni uno studio a Roma insieme a Gianluca Meloni (a.k.a Laertes) e qui è iniziata la volata. A stenti si sopravviveva con i guadagni della sala prove, le registrazioni ed alcuni montaggi audio teatrali ed in più passavamo la notte a fare produzioni techno. Ricordo I primi LiveSet che abbiamo fatto in alcuni clubs di Roma intorno al 1999/2000, non usavamo laptops al tempo, avevamo un Akay s6000, MPC 1000, Korg MS10 ed Roland JP8080 e mixer Mackie “de coccio” sul quale attaccavo nastro di carta per ricordare su quali canali avevo le parti….e la gente incuriosita ci chiedeva cosa stavamo facendo, era fico ma anche faticoso.
Sono passato da sistemi modulari a synth digitali, ne ho avuti moltissimi e con il tempo ho imparato a riprodurne alcuni in digitale usando Reaktor, poi grazie alle magie dell’open source ho iniziato a farli in hardware, Ableton Live ha dato accesso alla produzione facile e creativa inserendo Max al suo interno, insomma la tecnologia ha fatto salti da gigante ed oggi mi ritrovo con l’imbarazzo della scelta.
MMI: Una chiara rappresentazione della connessione temporale è questo filo musicale di Arianna che trasporta da un viaggio dalla mitologia archetipa al futuro dei circuiti più tecnologici. Mi viene da chiederti, perché proprio la mitologia? Non potevi partire, che so, dal medioevo?
DS: Ritengo la mitologia colma di passione, di amore spesso contrastato dall’odio. Adoro la surrealistica immaginazione di Virgilio ed Omero, I quali hanno dato vita ad i primi supereroi della storia quali Achille oppure Ulisse, per non parlare poi delle divinità delle quali potremmo stare qui a discuterne per settimane…
MMI: Le storie mitologiche il più delle volte hanno un finale amaro, tragico. Penso alla storia di Teseo ed Arianna, alla nascita del Minotauro ai danni del re Minosse, alla storia di Persefone, l’Iliade, l’Odissea ecc. L’elenco è lungo. La verità di queste storie non è certa, sono leggende a cui diamo un significato o ci piace trovarne uno. Attraverso la tua musica racconti storie o cerchi di dare un’impronta di verità? Qual è la storia mitologica che ti appassiona di più?
DS: Sinceramente io non ho mai creduto molto alle storie tipo “e vissero tutti felici e contenti”, penso invece che sia comodo per distrarci e darci speranza che i problemi prima o poi finiranno, non date retta…. È nella natura dell’essere umano evolversi e questo avviene risolvendo problemi giornalieri, è solo una comoda illusione pensare che questi finiranno…almeno fino a quando saremo in vita, ma ciò non toglie che dovremmo rinunciare alla felicità e alla stupenda esperienza di vivere.
Mentre fai musica ti rendi conto che emerge un’altra parte di te stesso, senti quasi toccare con mano la tua intimità (cosa che a me personalmente non riesce quasi mai in altre occasioni) e questo inevitabilmente si trasferisce sulla mia musica dando un tocco di verità mescolato alla mia storia. Tra la mitologia ci sono molte parti delle quali sono appassionato, tra le mie preferite: “l’isola del ciclope”.
MMI: “Outis”, il nome della tua etichetta e specifico è una parola greca che significa Nessuno, è l’immagine di tutto quello che ci siamo detti finora. Come nasce l’idea di attribuirgli questo nominativo? Hai mai pensato di non dargli un volto in questo modo?
DS: Ovviamente riconosco che il nome stesso crea un senso di drammaturgia. L’anonimato è un pensiero completamente inverso all’apparire ma allo stesso modo raffigura l’essere, ed in un mondo nel quale la parola d’ordine è proprio “apparire” ho ritenuto Outis un nome di forte contrasto.
MMI: Ora risiedi a Berlino, muovendoti in giro per il mondo tra serate, eventi, produzioni. Che impatto ha avuto Berlino e soprattutto l’Italia sulla tua musica?
DS: Berlino è una città che offre molto in termini di ricerca musicale specialmente riguardo l’elettronica. Qui ho conosciuto professionisti internazionali con i quali mi sono misurato e dai quali ho anche appreso molto. La cosa incredibile è che a Berlino ti accorgi che molti italiani, soprattutto giovanissimi, ricoprono cariche importanti nelle migliori società di sviluppo tecnologico musicale come ad esempio Native Instruments o Ableton e questo fa pensare…
In Italia ho avuto esperienze diverse ed ho conosciuto artisti di valore infinito e non parlo solo di musica Techno od elettronica. In questa nazione ho appreso tutto quello che potevo ma ho avuto poi la necessità di ampliare le mie conoscenze, fare nuove esperienze e confrontarmi con nuove persone,
MMI: Ti chiedo di dirmi tre artisti del passato che hanno influenzato la tua passione e tre artisti del momento che spiccano su altri. Puoi includerti naturalmente!!
DS: Credo sia impossibile rispondere a questa domanda, non riesco a trovarne perché son troppi!!!
MMI: Chi è Dino Sabatini quando non suona? Come ti piace passare il tempo?
DS: Quando non suono sono sempre Dino, mi alzo al mattino, mangio e come tutti vado al bagno (regolarmente grazie a Dio!). Mi piace passare il tempo con mia moglie, uscire a mangiare in qualche ristorante o vedere un film a casa, se invece mi trovo da solo costruisco synth o controllers o riparo qualcosa, non riesco a stare senza far nulla neanche un minuto.
MMI: Nel 2016 esce “Omonimo” in collaborazione con Antonello Salis, nel 2017 esce “Manticora” con Luigi Tozzi, per non parlare del duo “Modern Heads” con Laertes (Gianluca Meloni). Se mi permetti tre collaborazioni differenti, con stili differenti, con ambizioni differenti. Questa sperimentazione del suono in ambiti diversi è un chiaro esempio di non dare un volto univoco a Dino Sabatini? E se c’è un lavoro che ti ha dato più soddisfazione di altri.
DS: Purtroppo non riesco nemmeno a pensare a quanto sarebbe noioso proporre lo stesso stile per anni in ogni produzione. Lo so, ci sono molte persone che lo fanno e spesso con ottimi risultati e li rispetto per la loro scelta, ma io sento il bisogno di fare o almeno provare a fare qualcosa che non ripeta me stesso in ogni produzione anche se poi di base il tuo stile è lì presente. Nelle produzioni Outis ogni esperienza è diversa, con Antonello è stato un periodo bellissimo ed anche molto difficile vista in chiave musicale, Antonello non ha limiti tecnici e stargli dietro o riuscire ad inserirlo in contesti elettronici è dura ma è stata per me una bella sfida.
Con Gianluca è come giocare in casa, sintonia perfetta, come sempre.
Con Luigi a volte è anche imbarazzante, lui ha una velocità di apprendimento incredibile ed ha un gusto pazzesco e sono sicuro che tra poco raggiungerà un grande livello tecnico ed una personalità musicale distinta.
MMI: Preferisci suonare dal vivo in pubblico o in studio?
DS: Suonare dal vivo è sempre una esperienza fantastica che riesce a fonderti con il pubblico in una unica identità e questi sono dei momenti stupendi dei quali poi non riesci a farne a meno. Tra l’altro, non essendo io molto comunicativo ritengo questo un modo per esprimere i miei sentimenti senza il bisogno del parlare.
MMI: Ora ti metto in difficoltà. Insieme a Donato Dozzy siete considerati i maestri, i pionieri, i capostipiti, scegli il termine più adatto della scena techno italiana. A chi va lo scettro?
DS: Beh, sono onorato del fatto che pensiate questo, in tutto ciò io ho solo dato la mia parte senza mai pensare a ricevere uno scettro, non ho bisogno di questo tipo di cose, se poi ci aggiungi Donato mi fai ricordare le telenovelas che guardava mia madre nei primi anni 90. Donato sta facendo benissimo e merita tutto il mio rispetto, è un ottimo manager di se stesso ed ha una cultura musicale spaventosa, inoltre è fornito di gusto e grande talento, stop!
MMI: Chiudo l’intervista con una domanda ad effetto. Non so se hai mai sentito parlare di un tale chiamato Rudolf Steiner. Bene, recentemente ho scoperto dell’esistenza di una sua teoria in cui ammetteva che la musica proviene da una dimensione astratta, sognante, e raggiungeva l’artista solo in uno stato d’incoscienza, ovvero quella del sogno, che poi quest’ultimo (l’artista) riproduceva nel mondo fisico. In pratica dichiarava che l’artista non fosse l’autore delle sue opere, non le creava, ma le acquisiva e le riproduceva. Che faresti se sapessi che le tue produzioni non fossero effettivamente le tue? Pensi che amplificherebbe questo stato senza volto?
DS: Prima di tutto se fossi Rudolf cercherei un altro pusher…(AHAHAH). Credo tutti gli artisti siano condizionati dal proprio subconscio, difficile gestirlo ovvio ma forse è proprio questo quello che l’artista riesce a vedere a differenza di altri. Solitamente quando non si raggiunge questa connessione,( in sogno per alcuni ed in differenti condizioni per altri) quasi mai si percepisce la vera identità dell’artista. Nel calderone del subconscio puoi trovare di tutto, è lì ma non lo vedi ma c’è ed è parte integrante di te, perché dunque le opere non dovrebbero essere le tue? Come musicisti passiamo la vita ad ascoltare facendo background di tutto quello che più ci emoziona.
Molte volte penso che sarebbe utile ricordare al le persone che se oggi siamo in grado di fare determinate cose è per merito dei nostri predecessori, le loro esperienze dalle quali tutti abbiamo appreso per poi migliorarle dovrebbe essere questo lo scopo dell’essere umano no?
Grazie a DINO SABATINI.
MATTIA GARGIULO
ENGLISH VERSION
Dino Sabatini does not need many presentations. His talent, his culture, but above all his relationship with music make him one of the most quoted artists in the international electronic scene. He gave us a minimum of his time between tours and live events to ask him some questions. Enjoy friends !!
MMI: Hi Dino, first of all thank you for accepting the invitation to release an interview for the Posidonia column. We’ll start immediately! The first question, even the first questions will be based on your philosophy of music and the sound language you use. Your sound is very special and very varied. Sometimes it expresses itself with dark, gloomy atmospheres, other times it transports in transcendental, almost ethereal atmospheres. It seems to me that a link is created between the past, the present with a look to the future. Explain this temporal-musical connection and if I can ask you a quick time line parallel to this on the evolution of musical instruments with which you work (from the first to the most recent).
DS: The sound, the music and any form of art almost always tend to tell something personal, representations of life, the emotions of the artist himself and this is what I usually try to do even if every day is different from the other and according to the events of life, emotions change and consequently my approach to music and sounds changes, and perhaps this is one of the reasons why we see different expressions and tensions in the atmospheres of my tracks. Over the course of my life I have lived different musical experiences.
I have studied and played guitar for many years, through the circuit I have been able to attend recording studios and I am passionate about the production so I made some years of experience in the field as an audio technician I did everything from conferences to the club, at that time I learned to microtise the garbage cans (which today would not be bad as sound).
Then I managed a studio in Rome with Gianluca Meloni (a.k.a Laertes) for many years and the sprint started here, trying to survive with the gains of the rehearsal room, the recordings and some theatrical audio montages and then we spent the night doing techno productions. I remember the first LiveSets we did in some clubs in Rome around 1999/2000, we did not use laptops at the time, we had an Akay s6000, MPC 1000, Korg MS10 and Roland JP8080 and Mackie “de coccio” mixers on which I attached paper tape to remember which channels I had the parts … .and the curious people asked us what we were doing, it was cool but also difficult.
I went from modular systems to digital synths, I had a lot of them and with the time I learned to play some digital using Reaktor, then thanks to the magic of open source I started to make them in hardware, Ableton Live gave access to the production easy and creative inserting Max inside, in short, the technology has made giant leaps and today I find myself spoiled for choice.
MMI: A clear representation of this temporal connection is this musical thread by Arianna (as I referred to in my recent article) that transports from a journey from archetypal mythology to the future of the most technological circuits. I have to ask you, why the mythology? You could not leave, I know, from the Middle Ages?
DS: I consider the mythology full of passion, of love which is often opposed by hatred, I adore the surrealistic imagination of Virgil and Homer I who gave life to the first superheroes of history such as Achilles or Ulysses, not to mention the deities for whom we could stay here to discuss it for weeks …
MMI: Mythological stories more often than not, have a bitter, tragic end. I am thinking of the story of Theseus and Ariadne, at the very birth of the Minotaur against King Minos, to the story of Persephone, Iliad, Odyssey, etc. The list is long. The truth of these stories is not certain, they are legends to which we give meaning or we like to find one. Do you tell stories or try to give an impression of truth through your music? What is the mythological story that you are most passionate about?
DS: Honestly, I have never really believed in such stories “and they all lived happily ever after”, but I think that this is convenient for distracting us and giving us hope that the problems will end sooner or later, do not pay attention …. It is in the nature of the human being to evolve and this happens by solving daily problems, it is only a comfortable illusion to think that these will end … at least until we are alive but it does not mean that we should give up the happiness and the wonderful experience of living. As you make music you realize that another part of yourself emerges, you almost feel to touch your intimacy (something that to me personally almost never fails on other occasions) and this inevitably moves on my music. Among the mythology there are many parts of which I am passionate, however, among my favorites, the island of the Cyclops.
MMI: “Outis”, the name of your label and specific is a Greek word that means No, it is the image of everything we have said so far. How was the idea of attributing this name to him? Have you ever thought not to give it a face this way?
DS: Obviously I recognize that the name itself creates a sense of dramaturgy, anonymity, a thought completely inverse to ‘appearance but in the same way depicting the being, and in a world in which the watchword is just “appear” I considered Outis a name of strong contrast.
MMI: Now you live in Berlin, moving around the world between evenings, events, productions. What impact did Berlin and especially Italy have on your music?
DS: Berlin is a city that offers a lot in terms of musical research especially about electronics, here I met international professionals with whom I measured myself and from whom I also learned a lot. The amazing thing is that in Berlin you realize that many Italians, especially very young, hold important positions in the best music technology development companies such as Native Instruments or Ableton and this makes you think … In Italy I have had different experiences and I have known artists of infinite value and I do not speak only of Techno or electronic music. In this country I learned all I could but then I had the need to expand my knowledge, make new experiences and compare myself with new people.
MMI: I ask you to tell me three artists of the past that have influenced your passion and three artists of the moment that stand out on others. You can include yourself naturally !!
DS: I think it is impossible to answer this question, I can not find because they are too many!!
MMI: Who is Dino Sabatini when he does not play? How do you like spending time?
DS: Well, when I do not play I’m always Dino, I get up in the morning, I eat and like everyone I go to the bathroom (thanks regularly to God), I like spending time with my wife, going out to eat in some restaurant or watching a movie at home, if instead I find myself I build synths or controllers or fix something, I can not stay without doing anything even a minute.
MMI: In 2016 Omonimo comes out “in collaboration with Antonello Salis, in 2017 he released” Manticora “with Luigi Tozzi, not to mention the duo” Modern Heads “with Laertes (Gianluca Meloni). If you allow me three different collaborations, with different styles, with different ambitions. Is this experimentation of sound in different fields a clear example of not giving Dino Sabatini an unequivocal face? And if there is a job that has given you more satisfaction than others.
DS: Unfortunately I can not even think about how it would be boring to propose the same style for years in every production, I know there are many people who do it and often with excellent results and respect for their choice but I feel the need to do or at least try to do something that does not repeat myself in every production even if then your style is present there. In Outis productions every experience is different, with Antonello it was a beautiful and also very difficult period seen in musical terms, Antonello has no technical limits and keeping up with him or being able to insert it in electronic contexts is hard but it has been a great challenge for me. With Gianluca it’s like playing at home, perfect harmony, as always. With Luigi sometimes also embarrassing, he has an incredible learning speed and has a crazy taste and I am sure that soon he will reach a great technical level and a distinct musical personality.
MMI: Do you prefer to play live in public or in the studio?
DS: Playing live is always a fantastic experience that manages to merge with the public in a single identity and these are wonderful moments of which then you can not do without it, by the way not being very communicative I think this is a way to expressing my feelings without the need for speaking.
MMI: Now I put you in trouble. Together with Donato Dozzy you are considered the masters, the pioneers, the progenitors, choose the most suitable term of the Italian techno scene. Who is the scepter?
DS: Well, I’m honored that you think this, in all this I have only given my share without ever thinking about receiving a scepter, I do not need this kind of thing, if you add Donato then you remind me of the telenovelas that looked at my mother in the early 90s. Donato is doing very well and deserves all my respect, is a very good manager of himself and has a scary music culture, moreover he is gifted with taste and great talent, stop!
MMI: I close the interview with an effective question. I do not know if you’ve ever heard of a man named Rudolf Steiner. Well, I recently discovered the existence of a theory in which he admits that music comes from an abstract, dreamy dimension, and reached the artist only in a state of unconsciousness, that of the dream, which then the latter ( the artist) reproduced in the physical world. In practice he declared that the artist was not the author of his works, he did not create them, but acquired them and reproduced them. What would you do if you knew that your productions were not actually yours? Do you think that would amplify this faceless state?
DS: First of all if I were Rudolf I would look for another pusher … I think all artists are conditioned by their own subconscious, difficult to manage it obvious, but perhaps this is precisely what the artist can see unlike others. Usually when this connection is not reached, (in a dream for some and in different conditions for others) the true identity of the artist is almost never perceived. In the cauldron of the subconscious you can find everything, it’s there but you do not see it but it’s there and it’s an integral part of you, so why should not the works be yours? As a musicicst we spend our lives listening to the background of everything that most excites us. Many times I think it would be useful to remind people that if today we are able to do certain things it is thanks to our predecessors, their experiences from which we have all learned and then improve them should be the purpose of the human being not?
THANKS TO DINO SABATINI!
MATTIA GARGIULO