Dylan Dog, come visto nelle precedenti analisi, è tornato prepotentemente grazie al reboot ad opera di Roberto Recchioni, il quale ha dato un’impronta ed una caratterizzazione decisamente più contemporanee dell’Old Boy.
Questo, unito a storie che riportano ai vecchi fasti del personaggio, ha premesso al rilancio di ricevere apprezzamento sia da fan che da critica.
Eppure, non mancano le note dolenti, qui rappresentate da storie autoconclusive, o one-shot, che tra una saga e l’altra vengono proposte al lettore.
Ma cosa esattamente non funziona e cosa va migliorato? Cerchiamo di scoprirlo in questa analisi.
Dylan Dog: Un personaggio sempre fresco?
La caratteristica principale delle storie di Dylan Dog , prima dell’avvio della Fase 2 di Recchioni, era la mancanza di una continuità. Ogni storia era a sé, e difficilmente certi personaggi, salvo coloro a cui il protagonista chiedeva aiuto, tornavano subito dopo qualche numero.
Non che non ci fossero storie divise in due parti, ma spesso le trame venivano lasciate in sospeso, e ci volevano anni prima che venissero riprese dagli stessi autori o da altri, aggiungendo qualcosa in più o concludendo ciò che un tempo non era stato completato.
Il tutto era pensato per far sì che fosse un personaggio sempre fresco, che ogni albo potesse introdurre al mondo da incubi del protagonista il lettore, il quale poi non si sarebbe dovuto preoccupare di recuperare i primi numeri per capirlo.
Anche troppo
Il problema di queste trame verticali è che non davano uno sviluppo dei personaggi, che rimanevano sempre gli stessi anche a distanza di anni, e ciò è stata una delle cause del calo delle vendite degli albi, che proponevano sempre la stessa formula dal 1989.
Recchioni, prendendo in mano le redini dell’Indagatore dell’Incubo, ha deciso di proporre una trama orizzontale, con vicende e sottotrame che poco a poco si sono risolte nel Ciclo della Meteora, con risultati misti.
E il nuovo Dylan Dog?
Nel ciclo 666 e di Mana Cerace, si sono viste le potenzialità e i pregi dell’estendere una storia per due o più numeri, con la caratterizzazione sia dei protagonisti che dei comprimari che via via si sviluppa col proseguire della storia, permettendo anche di ideare storie più ampie e complesse.
Tra queste sue saghe, e nelle ultime uscite, sono state riproposte le storie vecchio stile, mescolate con la direzione presa dall’avvio della Fase 2.
Le storie quindi riprendono tematiche sociali e luoghi comuni attuali, basti pensare agli albi 407, 408 e 412, L’Entità, Scrutando nell’Abisso e Una pessima annata.
Analisi
Il 407, che mescola assieme storie di film come L’Esorcista (William Friedkin,1973), Cannibal Holocaust (Ruggero Deodato, 1980) e il più recente The Green Inferno (Eli Roth, 2013) tratta di temi quali la violenza sulle donne, figure genitoriali opprimenti, mescolandoli al paranormale e l’ineluttabilità del destino.
Il 408 parodizza lo stereotipo dei vecchi che osservano i cantieri senza un apparente motivo, in una storia puramente lovecraftiana, come appare chiaramente dalla copertina:
i mostri non appaiono completamente, non viene data una spiegazione completa e appagante su cosa essi siano, lasciando quindi un alone di mistero e incertezza come nei classici di Howard Philip Lovecraft, strizzando un po’ l’occhio a creature come gli Angeli Piangenti e ii di Doctor Who.
Il 412, invece tra flashfoward e flashback, racconta una storia di crimini atroci compiuti in un’azienda vinicola, rifacendosi alla passione per il vino e i sommelier che è esplosa negli ultimi anni.
Infine vanno citati il 413 e il 414, I padroni del nulla e Giochi innocenti.
Il primo presenta una divisione netta tra metafisico e reale, rappresentati da Dylan e Rania, investigatori delle due realtà, ma che intrattiene e si conclude in modo criptico, come a simboleggiare che forse è tutta un’illusione, mentre nel secondo i due mondi si miscelano in una fiaba nera riuscita.
La correlazione fra i vari episodi è nei rapporti tra i personaggi e il loro sviluppo, specie fra Dylan Dog, il suo assistente Groucho, suo padre Bloch e la sua ex-moglie, che rappresentano il “nucleo familiare” del protagonista.
Una scomoda verità
Questi episodi, pur aggiungendo qualcosa alla storia in generale e dagli spunti interessanti, non fanno che ricadere negli errori del passato, e ripropongono quella figura di Dylan che Recchioni ha voluto cambiare radicalmente.
Mescolare il vecchio e il nuovo stile, trovata per soddisfare sia i vecchi che i nuovi fan della testata, è un’arma a doppio taglio, specie per chi ha accettato di buon grado il cambiamento dal numero 401.
Le storie proposte non sono così complesse per non essere concluse con un singolo numero (complice la tiratura e il formato degli albi), me sembrano messe lì per allungare il brodo, e le vittime dei casi risultano spesso anonime, per cui il loro destino può non interessare a chi legge,che di certo non viene allettato a proseguire con la lettura, che può risultare vuota o non stimolante.
Alcune eventi citati, accaduti nei primi numeri del reboot, sono inseriti come se fossero ovvi, ma per chi non ha una conoscenza pregressa delle saghe, può trovarsi in difficoltà nel cogliere tutte le citazioni o i riferimenti, per non parlare delle relazioni tra i personaggi, non spiegati in modo chiaro nella maggior parte dei casi.
I finali aperti, poi, non danno una degna conclusione alla storia o “tragedia” che il nostro eroe ha vissuto, apparendo generici e insufficienti.
Gli unici a salvarsi sono gli ultimi due numeri usciti, ossia il il 413 e il 414, nei quali, oltre a rendere bene il rapporto tra la coppia Dylan-Rania, si concentrano sulla poliziotta, in particolare nell’ultimo, che assume maggiore spessore, oltre a rivelare parte del suo passato finora sconosciuto, e quasi è protagonista della storia, dando una prospettiva diversa dal solito.
In conclusione
Le avventure “vecchio stampo” sono uno zampino in cui inciampa Dylan Dog, non permettendogli di proseguire appieno il suo nuovo viaggio.
È necessaria una svolta radicale anche in questa categoria di storie, e forse tale svolta la troviamo nelle ultime storie, perfettamente riuscite e che aggiungono molto alla storia dell’Indagatore dell’Incubo.
Menzione onorevole agli eccellenti disegnatori Corrado Roi, Luca Casalanguida, Carlo Ambrosini e Paolo Martinello, le cui tavole ben si sposano con gli orrori sovrannaturali o di tutti i giorni, rappresentandoli al loro meglio o, in questo caso, al loro peggio.
Possiamo solo sperare che seguano questa metodologia per la realizzazione dei prossimi one-shot, in modo da rendere più intrigante la lettura in attesa di nuove saghe.
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