Non è un caso che durante quest’ultima Settimana della Moda milanese ha debuttato la Milan Loves Seoul, la prima edizione dell’hub creativo incentrato proprio sullo stile coreano, che ha portato nella capitale della moda italiana una selezione di 12 marchi, scelti tra i più interessanti del Made in Corea, e uno spaccato della cultura coreana con masterclass, talk e stand espositivi.

Nato da un’idea di Ylenia Basagni e Marcella Di Simone, rispettivamente fashion event manager e project manager, il progetto è stato sviluppato e prodotto insieme all’agenzia Smart Eventi, ed è il frutto di quasi 2 anni di lavoro, con uno scouting capillare effettuato durante le scorse Fashion Week di Seoul, nei distretti dello shopping delle più importanti metropoli coreane e anche tramite le attivissime community su Tik Tok.

Un’iniziativa che ha visto il supporto dell’Istituto Marangoni, che, oltre ad ospitare una retrospettiva di capi realizzati con tessuti coreani da alcuni alunni dal 2019 al 2022, selezionerà il miglior designer coreano tra quelli esposti in collaborazione con KOTRA, la Korean Trade-Investment Promotion Agency. A chiudere i 4 fittissimi giorni di evento una sfilata collettiva che ha portato in passerella le collezioni FW24 di un trittico di brand coreani: DahnaTibaeg e Mommanwa.

L’onda coreana che ha travolto l’Occidente si riferisce alla popolarità globale dell’economia della Corea del Sud che esporta la sua cultura pop, il suo intrattenimento, la sua musica, le sue serie televisive, i suoi film e, infine, la sua moda. La Corea del Sud è uno dei pochi paesi al mondo, se non l’unico, che ha l’obiettivo di diventare il principale esportatore mondiale di cultura popolare, almeno da quando il presidente Kim Dae-Jung e il capo coreano dell’agenzia di PR Edelman curarono il libro “Korea: On Course – and Open for Business”, diretto agli investitori globali.

Il K-Pop è una musica da vedere che ha originato il fenomeno della K-fashion, una tendenza che sta conquistando l’industria della moda globale. Combinazione garrula di marchi del lusso e streetwear, colori audaci, stampe di tendenza e silhouette over, gli abiti coreani sono una insalata di tutte le ultime tendenze dell’industria della moda, con un twist. Essa si differenzia dalla moda occidentale perché tende a essere più discreta e ha un’estetica “cute”.

Secondo le stime dello Hyundai Research Institute, infatti, il K-pop attirerebbe ogni anno 800.000 turisti in Corea del Sud, circa il 5% di tutto il turismo internazionale in ingresso nel Paese. Non solo: il successo dei BTS ha dato vita ad un brulicante mondo di artisti K-pop anche sulla scena internazionale, con gruppi tutti al femminile come le Blackpink o band più “rock”, come gli ATEEZ (diventati un fenomeno in Italia per via della loro cover di “Volevo un gatto nero” dello Zecchino d’Oro).

Spostandoci su un piano completamente diverso, il successo colossale di Squid Game è un indicatore di come il korean drama e la serie TV coreana in generale abbiano un grandissimo seguito sul piccolo schermo. Squid Game ha generato introiti enormi per Netflix, che non a caso sta già pensando di rimpolpare la sua lineup di prodotti realizzati in Corea del Sud nel 2023. La serie è stata vista per 1,65 miliardi di ore solo nel primo mese di programmazione, contro le 625 milioni di ore di Bridgerton, che al momento dell’uscita di Squid Game si trovava al primo posto nelle chart di Netflix.